Cinquanta anni fa, Robert Noyce e Gordon Moore lasciarono la Fairchild Semiconductors e fondarono Intel, con un proposito ben chiaro in mente: riflettere su ciò che potrebbe essere possibile.
Nel 1965, Moore teorizzò il principio, oggi conosciuto come “Legge di Moore”, secondo cui il numero di componenti che era possibile inserire in un microchip all’avanguardia sarebbe raddoppiato all’incirca ogni anno per i 10 anni seguenti. Una teoria che si sarebbe rivelata vera e avrebbe cambiato la storia.
Nel 1997, l’allora Ceo di Intel Andy Grove fu nominato “Uomo dell’anno” dalla rivista Time, la prima volta in cui l’editore sceglieva una singola persona connessa all’era digitale. Lo stesso riconoscimento sarebbe in seguito stato dato a Jeff Bezos di Amazon e Mark Zuckerberg di Facebook.
Nell’era del cloud e di internet forse troppo spesso ci dimentichiamo dell’importanza dell’hardware e dell’elettronica, ormai considerata ancillare all’infinito mondo del software. Eppure, sono proprio i microprocessori ad aver modellato l’era dell’informazione così come oggi la conosciamo, dal personal computer allo smartphone nelle nostre tasche, ed Intel è stata una dei suoi protagonisti.

1969, la prima rivoluzione nei semiconduttori

Nell’aprile del 1969, Intel produsse il suo primo prodotto, la memoria statica ad accesso casuale (SRAM) 3101. Ed era anche la prima volta in cui Intel vinceva la corsa dell’innovazione, ideando e mettendo in produzione la memoria 3101 a 64 bit in meno di un anno, doppiamente veloce rispetto agli altri chip presenti sul mercato, battendo sul campo tutte le avversarie. E se la memoria bipolare 3101 sfruttava ancora tecnologia già consolidata, così non fu per l’1101, il primo chip commerciale a utilizzare un processo a semiconduttori di semi ossido di metallo e a fare affidamento su porte in silicio, anziché in metallo che, oltre a fornire un flusso di ricavi stabile per Intel, rivoluzionò il mondo dei semiconduttori.

Intel - memoria 3101 a 64 bit
Intel – memoria 3101 a 64 bit

Anni ’80, il periodo buio

A metà degli anni ’80, Intel subì però la peggiore crisi della sua storia – e la società ne sarebbe uscita trasformata. Intel all’epoca produceva sia microprocessori, sia memoria. Mentre la prima attività era fiorente, quest’ultima perdeva sempre più quote di mercato. Oltre ad essere un settore particolarmente affollato, le aziende giapponesi stavano invadendo il mercato con chip a basso costo, sovvenzionati dal governo giapponese con l’obiettivo di abbassare i prezzi e spingere le aziende americane fuori dal mercato. Nel corso degli ultimi otto mesi del 1985, Intel vide il costo di una memoria scendere da 17 a 4,5 dollari.
Nei successivi due anni l’azienda prese scelte difficili, come chiudere gli stabilimenti più piccoli e lasciare a casa buona parte della sua forza lavoro, ma in contemporanea gli investimenti in R&S erano mantenuti costanti, focalizzandosi in primo luogo sul mercato dei microprocessori. La capacità produttiva fu raddoppiata, e si investì molto in nuovi macchinari. Il primo trimestre del 1987 si videro i primi frutti della nuova strategia: Intel celebrò il ritorno alla profittabilità con feste di “back in black” in tutto il mondo.

La legge di Moore

I vantaggi della miniaturizzazione dei componenti sono ovviamente molteplici, dal miglioramento della resa produttiva, con conseguente abbattimento dei costi, alla possibilità di integrare un numero maggiore di transistor, con conseguente aumento della capacità elaborativa.
Dal 1965, la legge di Moore, un principio operativo e un impegno al miglioramento continuo da parte degli sviluppatori, piuttosto che una vera e propria legge, si dimostrò comunque particolarmente accurata. Secondo questa previsione, nel 1975 un microchip di ultima generazione avrebbe dovuto contenere fino a 65.000 transistor. Il conteggio effettivo per una nuova serie di chip rilasciata quell’anno era 65.536: Moore era stato preciso fino a un solo punto percentuale nell’arco di un decennio.

1997, Time, Grove e l’importanza dei semiconduttori

La copertina di Time del 23 dicembre 1997, Andy Grove come uomo dell’anno
La copertina di Time del 23 dicembre 1997, che annuncia Andy Grove come uomo dell’anno

La copertina di dicembre 1997 dedicata all’uomo dell’anno vedeva un primo piano di Andy Moore, all’epoca Ceo di Intel, presentato come l’uomo dell’era dell’informazione. All’interno di quel numero, il caporedattore Walter Isaacson elogiava la rivoluzione portata dai transistor e dai circuiti integrati, così come l’importanza di Grove, ebreo ungherese rifugiato negli Stati Uniti, guarito dalla sordità contratta in età giovanile a causa della scarlattina e in seguito da un tumore della prostata, alla guida di un’azienda che aveva saputo imporsi in un settore spietato. Isaacson evidenziò l’importanza di Grove come “la persona maggiormente responsabile della straordinaria crescita della potenza e del potenziale innovativo dei microchip”.

 

2005, il processo di produzione a 45 nanometri

Tuttavia, nel 2005 la legge di Moore stava per raggiungere una barriera. Per continuare a raddoppiare il numero di transistor per chip, i transistor della nuova generazione avrebbero dovuto ridursi a solo 45 nanometri (o 45 miliardesimi di metro), il 30% in meno rispetto ai chip a 65 nm allora considerati all’avanguardia. Dei transistor così piccoli sfidavano le limitazioni fisiche intrinseche dei dielettrici di biossido di silicio, il materiale standard dalla fine degli anni ’60.
Dopo due anni, dedicati allo sviluppo di materiali alternativi, “la svolta più significativa nella tecnologia dei transistor”, come allora affermato dallo stesso Moore, Intel creò un nuovo tipo di dielettrico, denominato “high-k”, utilizzando l’elemento afnio, abbinato in seguito ad una nuova lega per il transistor. Il New York Times riassumeva l’importanza dei nuovi materiali con la frase “Intel… ha rivoluzionato il mondo dell’informazione”. Sviluppati presso la Fab D1D in Oregon, i primi prodotti prototipo a 45 nm che impiegavano la nuova tecnologia raddoppiarono i transistor della precedente generazione, grazie a una dissipazione energetica limitata e prestazioni dei transistor migliori del 20%, mentre la stessa Intel dovette investire in nuove infrastrutture di produzione in grado di sfruttare il nuovo processo.

Un wafer di chip a 45 nm a confronto con un francobollo delle poste USA
Un wafer di chip a 45 nm a confronto con un francobollo delle poste USA

Il punto della questione è dare un seguito a quelle cose che sembrano avere davvero un buon potenziale”, Gordon Moore

Nicola Procaccio, Country Lead di Intel Italia
Nicola Procaccio, Country Lead di Intel Italia

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi l'articolo: