La spesa in Sanità Digitale in Italia rimane insufficiente per sostenere una vera innovazione dell’intero sistema. E’ pari al 2,4% del dato complessivo e genera un mercato da 1,6 miliardi di euro, con tassi di crescita del 2% anno su anno. Un valore che, diviso per abitante, è pari a una spesa di 27,30 euro per persona. Una cifra bassa rispetto agli altri paesi europei, soprattutto se si pensa che l’80% di questi investimenti va a mantenere l’esistente e la spesa ICT raggiunge solo 1,5% della spesa complessiva. Come smuoversi da questa situazione?

Ne parliamo, nella rubrica CIO Cafè, con Giuliano Pozza, Cio del San Raffaele e presidente di Aisis (Associazione italiana sistemi informativi in Sanità), che sposta la vista “dall’innovazione come un costo all’innovazione come opportunità per generare valore”.
“Se applichiamo il modello della Value Based Healthcare, che punta al valore per il paziente senza fermarsi al costo della prestazione, cambia il modo di vedere l’innovazione: non è più un tema di quanto costa, ma di quanto valore genera. La spesa va letta in relazione al valore generato, perché in termini assoluti avrebbe poco senso. Tant’è che ci sono situazioni in cui si spende molto e si ottengono pochi risultati”.

Si parla di innovazioni di tecnologie ma anche di innovazioni di processi, sempre tenendo conto delle nuove tecnologie, come intelligenza artificiale o machine learning, coinvolte. “Sono tecnologie strategiche se usate bene, ma bisogna andare oltre lo slogan del machine learning e dell’intelligenza artificiale. Le best practice ci dimostrano che, solo dove si parte da un bisogno e da un obiettivo che dia valore al paziente e all’ecosistema, l’innovazione funziona”.

Il San Raffaele, essendo parte di un’alleanza europea con nove ospedali centri universitari di ricerca, sta costruendo un percorso che ha come filone strategico la Value Based Healthcare. “Abbiamo un piano triennale in ambito digitale sia a livello di sede sia legato al piano di gruppo, essendo noi parte del Gruppo Ospedaliero San Donato, che ha come tema far dialogare IT e Business. I progetti che stiamo portando avanti sono di gestione e ottimizzazione del flusso di sala operatoria, oltre all’avvio di un progetto relativo a strumenti di collaboration tra i medici che, utilizzando un approccio mutuato dai social, usano per collaborare strumenti aziendali cross tra le diverse specialità. In questo modo si passa dal concetto di specialità clinica, che è proprio l’opposto del Value Based Healthcare, alle Integrated Practice Unit. Quindi team multi specialistici che gestiscono il paziente”.

Una collaborazione che deve essere richiesta anche ad enti esterni che faticano a collaborare tra di loro, partendo da Agid, Regioni, aziende strumentali.E’ un tema molto più difficile, un tema di governance a livello globale. Noi abbiamo come realtà italiana una frammentazione che non fa bene a nessuno. È chiaro che c’è un valore nella sanità regionale dato dalla vicinanza al bisogno: se poi ogni regione fa da sé o addirittura ogni realtà locale si distanzia dalle altre, non ne usciamo. Coordinare realtà presenti in più regioni italiane sia dal punto di vista IT, sia di gestione del paziente, può essere un incubo. Perché, non solo ogni regione ha un approccio diverso, ma a volte ogni realtà sociale, Ats o Asl che sia, si differenzia dal contesto”.

Best practice internazionali insegnano come operare, con percorsi virtuosi da copiare. Dimostrano che i due fattori chiave sono la vicinanza al paziente da un lato e la governance centrale dall’altro, con un piano strategico condiviso e un governo dell’esecuzione centrale. “È chiaro che il bilanciamento tra queste due forze con obiettivi diversi è una sfida gigantesca. Qualcuno però ce l’ha fatta“.

Nella videointervista a Giuliano Pozza, Cio del San Raffaele, maggiori dettagli.
Giuliano Pozza, Cio del San Raffaele e presidente di Aisis, con Emanuela Teruzzi al CIO Café

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