La rete, dall’edge al data center “agile”, si lega sempre meno all’infrastruttura e sempre di più al software. 

Per questo oggi si tende a lavorare sulle reti trasformandole da utility a motore per i dati, in grado non solo di connettere in modo automatico e intelligente le persone alla tecnologia, ma ai Cio di ripensare le proprie attività e sviluppare soluzioni che migliorino la user experience più di quanto fosse possibile in precedenza.

Per trasformarsi e digitalizzare, le imprese devono avere una rete agile, adattabile e sicura, e un approccio basato sull’intelligenza del software.

E’ questa la visione di Extreme Networks che opera nel mercato delle reti enterprise e per farlo, oggi, non investe più tanto sui prodotti, ma sull’automazione del software e sull’intelligenza artificiale. Lo fa riservando a questi comparti il 95% delle risorse del budget Ricerca e Sviluppo, a vantaggio dell’automazione di soluzioni come Smart OmniEdge, Automated Campus e Agile Data Center.

John Morrison, senior vice president Extreme Networks Emea
John Morrison, senior vice president Extreme Networks Emea

John Morrison, senior vice president Emea: “L’unica possibilità che hanno le aziende di sfruttare i dati in tempo reale e dare loro valore è tramite l’automazione, il machine learning e l’AI. Abbiamo deciso di farlo a partire da piattaforme standard e open”.

La partita si gioca sulla capacità o meno di gestire le informazioni sulla rete e renderle utilizzabili, sfruttando policy e analytics e di farlo in realtime, sulle specifiche esigenze del cliente.

Fa eco a Morrison Vincenzo Lalli: “L’abilitatore di questo approccio sono le funzioni di virtualizzazione della rete, per noi basate su linux e Kvm [Kernel-based Virtual Machine è una tecnologia di virtualizzazione open source integrata in Linux, ndr] e l’approccio a container perché consente il rilascio di microservizi fino all’edge. Nel prossimo futuro possiamo parlare di un’applicazione, all’interno di un container che gira su una piattaforma Kvm, al bordo della rete. Significa la possibilità di estrarre valore dai dati già in periferia, con la rete percepita come una semplice commodity”.

Il supporto di protocolli specifici industriali (per esempio Profinet, Scada…) che esulino da ethernet non è focus aziendale, anzi, lo è invece il Real Time Networking e quindi il supporto in tempo reale audio e video. 

Extreme Networks, sanità mercato strategico

Per quanto riguarda invece gli investimenti locali, in Italia, quello sulla sanità pubblica e privata è strategico. Lalli: “Fino ad oggi ci siamo posti su questi mercati in modo del tutto simile alle altre industry. Ci si è accorti però che questo approccio non avrebbe consentito di scalare”. Ora Extreme propone soluzioni verticalizzate sul mondo sanitario che consentono di replicare poi il caso di successo su altre strutture. 

Accade con Defender per IoT, una soluzione pensata per la protezione dei sistemi elettromedicali e di interesse generale per gli IT manager, ma anche per il direttore dell’unità operativa complessa che ha bisogno di certificazioni continue dell’infrastruttura.

Con il Defender infatti è possibile mettere e tenere in continua sicurezza i medicali, senza modificare l’infrastruttura e doverla ricertificare ogni volta. In occasione della prossima data della conferenza Aiic, a Catanzaro (maggio 2019), la soluzione sarà presentata ad una platea di specialisti ingegneri clinici. 

Vincenzo Lalli, country manager Extreme Networks Italia
Vincenzo Lalli, country manager Extreme Networks Italia

Un’altra applicazione, già utilizzata in importanti ospedali italiani è la soluzione di Locationing che nei campus ospedalieri maggiori consente l’analisi del flusso di persone.

Quando si ammoderna l’infrastruttura con frequenza, sapere a priori quali sono i flussi di pazienti, infermieri, esterni è fondamentale per la ricollocazione strategica dei padiglioni.

E ancora, ci sono elettromedicali mobili, in condivisione tra diversi reparti: sapere dove siano, rintracciarli, evitarne l’esportazione, sono opzioni virtuose per ottimizzarne l’utilizzo e ne permette un utilizzo maggiore, senza timore di condividerli per paura di non rintracciarlo quando servirà. In un grande campus ospedaliero si tratta di problemi reali.

Extreme Networks tramite tecnologie WiFi e Bluetooth riesce nel tracciamento a partire dal mac address dei device e comunque nel pieno rispetto della regolamentazione sulla privacy. La soluzione Defender for IoT è proposta come trasversale alle industry dove si propongono anche soluzioni di sicurezza per esempio per gli impianti di videosorveglianza.

Extreme Networks e le Pmi

La proposta di Extreme Networks riguarda sul nostro territorio anche le Pmi. Spiega Lalli: “La microimpresa, per esempio nel Nord Ovest, sappiamo essere porzione preponderante del tessuto produttivo. Lo spostamento della strategia sul valore del software ci aiuta nella proposizione. La microimpresa infatti punta alla gestione semplificata dei processi, con la complessità percepita come costo. L’IT ad un’azienda di manifattura, infatti, pesa eccome”.

Bisogna estrarre valore dalla componente IT e farlo bene. Prosegue Lalli: “L’imprenditore non vede valore nelle appliance ma nella funzionalità delle stesse, quando rappresenta strumento di controllo sull’infrastruttura e permette di abilitare gli analytics a dare valore ai dati, oppure anche solo si mostra funzionale all’analisi forense su quanto è avvenuto”.

Torna sul tema strategico Morrison: “E’ un punto su cui il valore dei partner marca la differenza mentre l’azienda può svolgere una funzione abilitante con la proposta tecnologica. Extreme ha al suo interno un gruppo che crea soluzioni di interfacciamento e integrazione con i vendor del mondo della sicurezza (Palo Alto, Fortinet, CheckPoint), nel mondo del mobile device management (Mobile Iron), poi però interviene il partner, che se ha specializzazioni importanti è in grado di aggiungere valore, integrando, che diventa poi valore della soluzione completa”.

I partner quindi non sono mai reseller ma system integrator e il tema della territorialità anche dei cosiddetti “micropartner” è fondamentale, proprio per la vicinanza con il cliente finale.    

La strategia di canale

Extreme Networks dovrebbe chiudere il suo anno fiscale con un fatturato complessivo intorno ai 21 milioni di euro in Italia, l’azienda si pone l’obiettivo di crescere organicamente del 10% anche a livello globale dove il fatturato complessivo è di 1,2 miliardi di dollari con anno fiscale che termina a fine giugno.

Extreme Networks sfrutta un set di distributori definito in Italia, alcuni di essi sono paneuropei – Westcon, Esprinet, Tech DataScanSource, Ingram Micro – altri hanno carattere locale per esempio Dacom e Advantech o sono entrati nella famiglia a seguito delle acquisizioni, e per questo focalizzati su segmenti di mercato.

Tutti sono importanti, anche se nel percorso di crescita ci saranno evoluzioni, con un focus su partner e distributori volto a svilupparne le competenze e il go to market. In una fase in cui Extreme Networks è alla ricerca del giusto balancing tra partner e clienti.

Per seguire i progetti l’azienda sfrutta una struttura di vendita diretta affidata agli account executive, funzionale allo sviluppo del business. Ma costruzione del progetto e implementazione procedono tramite partnership e system integrator. Gli account si focalizzano sui clienti più importanti, ovviamente. Questo serve e generare casi d’uso e proof of concept di successo.

A livello globale Extreme Networks oggi conta circa 30mila clienti e 6mila partner, in Italia la proposta non incontra solo i grandi clienti, ma per un giusto rapporto tra clienti e partner l’evoluzione sul canale sarà sia orizzontale sia verticale. Orizzontale significa anche con un’azione sul numero di partner. 6mila possono sembrare tantissimi, alcuni non sono strategici perché in alcuni casi portano un unico contratto.

Si lavora quindi all’abilitazione del partner a seguire più progetti. Un’abilitazione diretta o attraverso i distributori. Di sicuro i distributori strategici europei rimarranno il cardine. Extreme Networks non vuole differenziare la platea dei partner per specializzazioni verticali, ma di sicuro punta ad avere alte competenze tra partner e distributori, come elemento chiave per crescere.      

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