L’integrazione tra automazione dei processi robotici, soluzioni di intelligenza artificiale e machine learning, è funzionale alla gestione delle attività in azienda che beneficia dell’attribuzione corretta di determinati task alle competenze inalienabili specifiche delle risorse umane, e di altri alle risorse tecnologiche IT.
 
Non sempre è facile comprendere quali siano i benefici della relazione tra automazione robotica e lavoro umano, anche perché lo scenario non è ricco di analisi sul campo. 

Una tra queste la propone Idg con Ltm Research. Condotta a livello globale, negli Usa e in Europa, su 500 leader IT di realtà enterprise (oltre 1.000 dipendenti), la ricerca Future of Work Survey Report indaga il livello di integrazione delle tecnologie emergenti per l’automazione intelligente, nei processi aziendali. I risultati rappresentano un campanello di allarme, per le aziende, come anche per i team di sviluppo.

Le aziende sono consapevoli di dover “digitalizzare impresa e processi”, sanno di doverlo fare sfruttando le applicazioni, ne richiedono un numero sempre crescente – in Europa ancora di più che negli Usa (230 vs 153), e purtroppo però la percentuale di fallimenti resta il vero problema.

Il 50% dello sviluppo di nuove applicazioni termina con un fallimento, il 40% del tempo è dedicato a colmare il gap tecnico e, soprattutto, più di un responsabile su due dichiara che questi fenomeni portano a costi operativi più elevati, rallentando le imprese, con risultati deludenti considerato come spesso si preferisca approcciare la soluzione più semplice (e apparentemente economica) e non quella più giusta.

Idg, Impatto del fallimento nello sviluppo applicativo sulla customer experience

Un dato su tutti si rivela indicativo. Il 53% del campione cerca di accelerare lo sviluppo delle applicazioni sfruttando nuove metodologie sia per i processi di compilazione, sia piattaforme in grado di abilitare la progettazione applicativa visiva drag&drop.

Si deve sviluppare presto, ma anche bene. Anche in relazione al fatto che i progetti di sviluppo non riguardano più solo alcuni dipartimenti aziendali ma coinvolgono e sono richiesti da tutte le unità.

Sono percentuali sempre intorno o oltre l’80% quelle che riguardano le richieste applicativi nell’ambito della customer experience, per incrementare la produttività, per sviluppare nuovi prodotti, ridurre i costi, differenziarsi rispetto ai concorrenti. Obiettivi che sono comuni alle aziende e pilastri nella sfida relativa alla trasformazione digitale. Raggiungere i quali sembra quasi una chimera a leggere i dati.

Il 14% dei progetti in Emea si avvia ma non viene mai concluso, e il 20% dei nuovi progetti di sviluppo sia in Emea, sia negli Usa viene portato a termine ma non soddisfa poi i requisiti aziendali per cui i progetti sono stati creati. Sono percentuali critiche che incido in modo importante e aggravano il cosiddetto “debito tecnico”, espressione metaforica coniata da Ward Cunningham che indica tipicamente le complicazioni che subentrano in un progetto e si oppongono al raggiungimento dell’obiettivo.

Idg – Impatto del debito tecnico sul business

E’ evidente il rischio di un circolo vizioso. Da una parte si vorrebbe accelerare lo sviluppo, per affrontare “gap e debt” applicativi, dall’altra i colli di bottiglia nei tempi di sviluppo portano da una parte a scegliere la via più comoda, magari rinunciando a funzionalità che si rivelano indispensabili, e che non saranno presenti nello sviluppo affrettato nella direzione sbagliata.

L’idea dell’integrazione intelligente dei processi, che secondo quasi 9 intervistati su 10 renderebbe possibile migliorare anche l’esperienza del cliente si allontana… Con la stessa percentuale di intervistati che sente il fiato sul collo e concorda nel ritenere il 2020 usa sorta di data da “ultimo avvertimento” mentre lievitano i costi operativi (per il 54%), e si allungano i tempi di go to market (37%).

Una via senza uscita? No. Se il debito tecnico è effettivamente un problema, la via di uscita non sarà da ricercare in costosi investimenti sui team di sviluppo – anche perché le aziende non possono permettersi di raddoppiare o triplicare le dimensioni dei team – non solo per ragioni di costi ma anche per ragioni di skill. La via percorribile è invece quella di abbracciare un modello di sviluppo diverso, low-code, che permette di accelerare i processi di compilazione. 

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