Palo Alto Network ha condotto con YouGov una ricerca online (tra il 29 aprile e il 16 maggio 2019) a livello europeo per analizzare le percezioni degli utenti sul tema delle tecnologie per la sicurezza IT.

Per la ricerca Trust in The Digital Age, questo il suo nome, sono stati coinvolti 10.317 adulti, di cui 1.016 dai Paesi Bassi, 1.021 dall’Italia, 1.005 dagli Emirati Arabi, 1.041 dalla Francia, 1.953 dalla Svezia, 2.181 dalla Germania e 2.100 dal Regno Unito. 

Ognuno è responsabile dei propri dati

Per quanto riguarda Emea il dato forse più significativo riguarda la consapevolezza sulle responsabilità personali, quando si parla di proteggere i propri dati. Si tratta di una sensazione condivisa dal 54% degli intervistati.

Solo il 25% del campione Emea ritiene che spetti alle forze dell’ordine la cybersicurezza, e il compito sarebbe del governo per il 28% delle persone intervistate.

Chi deve pensare a proteggere i dati personali - I risultati della ricerca Palo Alto Networks/YouGov
Chi deve pensare a proteggere i dati personali – I risultati della ricerca Palo Alto Networks/YouGov

In Italia invece solo il 43% risponde di sentirsi direttamente responsabile, il 32% attribuisce responsabilità invece alle forze dell’ordine, il 30% considera la cybersecurity un compito degli Internet provider e il 24% degli operatori di rete mobile.

Le nuove tecnologia aiutano le persone

Significativa è invece la percentuale dei soggetti d’accordo sul fatto che le tecnologie dedicate consentano di evitare perdite di tempo e preoccupazioni se si pensa al rischio di perdere i dati. Per esempio la pensa così il 49% degli italiani, con una media negli altri Paesi del 43%.  

Se si parla di intelligenza artificiale però si registrano differenze significative tra i Paesi. La media ponderata per Emea dice che un quarto degli intervistati preferirebbe affidare la propria sicurezza IT all’intelligenza artificiale, ma in UK questa percentuale è del 21%, mentre in Italia è del 38%.  

Cybersecurity gestita dagli umani o dall'AI?
Cybersecurity gestita dagli umani o dall’AI?

Ben il 67% delle persone pensa invece di mettere già in atto tutte le misure per prevenire la perdita dei dati personali. In Italia è il 60% degli intervistati. Ed è questo un dato da mettere in relazione con l’ansia causata dall’incertezza sulle modalità di protezione delle proprie identità online che sia in Italia sia in Europa si attesta intorno al 40%.

Ancora più ci sarebbe da riflettere sul fatto che oltre la metà degli italiani intervistati dichiara di non essere mai stato coinvolto in un attacco informatico, mentre chi è rimasto coinvolto, in un caso su dieci, ha subìto danni relativi al furto di identità e per pari percentuale indica perdite economiche e di dati. Solo l’8% dichiara in Italia di aver ricevuto richieste di riscatto. 

La psicologa Jessica Barker analizza questi primi numeri e commenta: “La fiducia quando si parla di cybersecurity è importante e le percentuali evidenziano come le persone desiderino essere coinvolte attivamente nella protezione online e adottino la tecnologia che le supporti.]…[“.

Sulla scorta della ricerca, le aziende dovrebbero prendere in considerazione tecnologie AI e IoT quando sviluppano soluzioni e servizi, come in grado di anticipare le minacce IT. Privacy e sicurezza sono prioritarie per le persone e meritano una comunicazione trasparente.

Prosegue Barker:“È significativo notare come le persone appartenenti a una fascia di età più adulta abbiano un senso di responsabilità più forte rispetto ai più giovani. Questo può essere spiegato dalla maggiore esperienza e dalla possibilità di aver seguito corsi di formazioni sulla sicurezza in azienda”.

La fiducia intrinseca comporta rischi 

Sui dati italiani raccogliamo il commento di Mauro Palmigiani, country general manager per Italia, Grecia e Malta di Palo Alto Networks: “In Italia la fiducia nella sicurezza intrinseca alla tecnologia è molto alta, ed affidarle la protezione della vita digitale è ormai una consuetudine. Questo però è pericoloso: concordiamo sul fatto che la tecnologia offra i livelli di sicurezza adeguati ai nostri tempi, ma solo implementando le corrette best practices con la migliore tecnologia, integrata, automatizzata e orientata alla prevenzione. L’impegno del 60% degli intervistati è un patrimonio da valorizzare ed espandere attraverso un maggiore livello di formazione e di consapevolezza”.

Mauro Palmigiani, Country General Manager Italy, Greece & Malta di Palo Alto Networks
Mauro Palmigiani, Country General Manager Italy, Greece & Malta di Palo Alto Networks

Spesso per ogni innovazione che porta con sé cambiamenti importanti nelle abitudini si pensa che aumentino i pericoli correlati al suo utilizzo; invece in questo caso la consapevolezza di essere responsabili della perdita dei dati e l’impegno a mantenere le informazioni personali protette sono sì da alimentare in azienda (con la formazione) ma indicano pure la consapevolezza che la sfida sicurezza si vince sfruttando anche le tecnologie più avanzate.

Greg Day, vice president e Cso Emea di Palo Alto Networks, commenta sottolineando un altro aspetto che emerge in modo significativo dai numeri: “È incoraggiante leggere una riduzione del divario tra cybersecurity gestita da IA e risorse umane, e la crescente accettazione della IA a supporto della propria sicurezza. Ci auguriamo che in futuro siano ancora più numerose le persone che vorranno affidarsi a controlli di sicurezza realizzati dalle tecnologie”.

Le esitazioni riguardano piuttosto etica e privacy, secondo Barker perché “molte persone non sono consapevoli di come Intelligenza Artificiale e machine learning stiano già facilitando il nostro utilizzo della tecnologia, proteggendo i dati e prevenendo gli attacchi cyber. Questo perché lo fanno in un modo non invasivo per gli utenti”

Sicurezza e IoT

Per quanto riguarda l’utilizzo di dispositivi IoT per la smart home e in ambito wearable i numeri dicono che il 38% in Emea li reputa sicuri, il 43% invece la pensa diversamente. IoT è percepito come maggiormente sicuro negli Emirati Arabi (71%), meno in Germania (53%), Francia (48%) e Regno Unito (46%), con l’Italia a metà classifica (49%).

Barker commenta in proposito: “È interessante anche notare come la maggior parte dei partecipanti non ritenga l’IoT sicuro, però afferma che la tecnologia in generale la stia aiutando a sentirsi più protetti online. Le aziende di sicurezza dovranno impegnarsi a rispondere ai dubbi legati all’IoT in modo trasparente e chiaro”.

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