Da diversi anni il mondo retail sta affrontando una serie di sfide importanti che lo hanno portato a dover cambiare velocemente e in profondità.
Basta accennare all’evoluzione nelle modalità di acquisto digitali, così come alle nuove piattaforme di marketing che sono nate per mettere al centro il cliente e generare valore dai dati che egli può fornire.

Ancora prima del commercio elettronico, nel tempo sono cambiate le esigenze del consumatore. La distribuzione ha dovuto ripensare sia al ruolo, sia allo stesso posizionamento dei negozi e lo scenario si è del tutto aperto all’omnicanalità.

Una sfida chiarissima: ovunque siano le persone, bisogna aiutarle a informarsi e ad acquistare nei luoghi e nei tempi in cui esse lo desiderano. I negozi fisici stessi sono nati con questa filosofia, ma oggi possono solo in parte competere con quelli online (app, siti, etc.).

NetConsulting cube (Rapporto Anitec-Assinform) sottolinea come il tema dell’innovazione digitale, in questo ambito, sia sempre più al centro dell’attenzione del top management e richieda una governance sempre più strutturata.

I principali trend nel settore della distribuzione/retail (fonte: NetConsulting cube, 2019)
I principali trend nel settore della distribuzione/retail (fonte: NetConsulting cube, 2019)

Non solo, nel settore retail i percorsi di digital transformation si stanno estendendo a tutta la filiera fino al punto da determinare benefici evidenti sia nella relazione con i clienti, sia con i partner/fornitori. Si tratta di una trasformazione data driven, per arrivare alla gestione della relazione con il cliente lungo tutto il customer journey. Sui canali digitali come nel punto vendita.

A rendere possibile il raggiungimento di questi obiettivi sono i progetti che prevedono l’utilizzo di tecnologie legate ai big data e all’intelligenza artificiale per consentire alle funzioni marketing e vendite di conoscere i comportamenti di acquisto di prospect e clienti (clustering, social profiling, predictive analysis…).

I dati NetConsulting cube dicono che l’IoT è proprio una “stella” del 2018, che cresce del 19,2% sul 2017, e che esprimerà tutto il suo potenziale di diffusione e stimolo alla crescita quando andrà a pieno regime il 5G.

L’intelligenza artificiale al servizio del retail

Solo un esempio prima di entrare nel vivo del tema. Alcune aziende stanno già sperimentando l’utilizzo delle tecnologie di AI e cognitive computing per l’interazione con il cliente, tramite lo sviluppo di sistemi di chatbot su portali Web e con le mobile app per attività di customer care e il cosiddetto conversational commerce (supporto personalizzato nella fase di scelta e acquisto dei prodotti).

Si pensi ai camerini di alcune catene in grado di leggere, grazie ad uno specchio Iot, le informazioni dai capi che si indossano, e di dare indicazioni, la cui efficacia dipende proprio dai dati disponibili. Si pensi anche ad un secondo elemento che gioco forza non può prescindere da AI e IoT ed è la capacità di leggere i dati e quindi di fare previsioni (predictive analytics) per gestire meglio vendite, magazzino, logistica.

Un esempio di camerino virtuale

Potremmo affermare come marketing/retail/AI/IoT siano quattro capisaldi strettamente correlati: da una parte l’azione (attività sul cliente e distribuzione) dall’altra la tecnologia abilitante (intelligenza artificiale e Internet of Things).

L’AI permette di automatizzare e personalizzare le esperienze presso i punti vendita fino a semplificare al massimo l’acquisto. Si parla, come abbiamo accennato nell’esempio poco sopra, di una tecnologia già oggi matura per interfacciarsi con le persone, in diversi modi, con una svariata serie di dispositivi.

Questo abilitatore impatta sulla logistica come sulle relazioni nella supply chain, e permette di implementare molteplici strategie e azioni, aprendo un numero maggiore di possibilità di business, grazie all’elaborazione dei dati e alla loro interpretazione “proiettabile” anche nel futuro a supporto delle decisioni.

L’azione dell’AI è potenzialmente virtuosa in ogni fase, dall’engagement, all’analisi del comportamento del consumatore anche nel negozio fisico, fino alla transazione finale. L’AI permette di valorizzare un insieme di informazioni su eventi che altrimenti non potrebbero essere considerati.

Retail e IoT

Lo scenario che abbiamo appena considerato sarebbe solo in parte “attivabile” senza la possibilità di sfruttare le implementazioni IoT. L’utilizzo di sensori, beacon e microchip consente infatti a qualsiasi oggetto di diventare intelligente o comunque di vedere “elaborata” la propria capacità funzionale, anche quando si parla di “scaffali”.

Un esempio: si può decidere di spostare un determinato prodotto vicino ad un altro, se il sistema di rilevazione indicasse frequenti acquisti combinati; oppure modificare il percorso tra quegli stessi prodotti aggiungendo ulteriori correlazioni o suggerimenti.

Anche in questo caso ci si potrebbe così avvicinare all’esperienza che le persone normalmente fanno sui siti di commercio elettronico e offrire un’esperienza ancora più immersiva. Oltre a questo, è possibile implementare specchi intelligenti, camerini virtuali, show room interattivi di cui abbiamo in parte già parlato.

Per non parlare delle possibilità offerte dalla robotica sia per quanto riguarda lo spostamento delle merci, sia per l’allestimento e il riallestimento dei punti vendita.

Potenzialmente il mondo IoT può assicurare al mondo dello smart retail più sicurezza e controllo, meno sprechi, maggiori margini grazie anche a una migliore gestione della logistica, della conservazione dei prodotti, della movimentazione e dei flussi.

Se questi sono evidenti vantaggi per la distribuzione, il marketing ne beneficerà proprio perché con gli oggetti connessi è possibile raccogliere dati e interagire direttamente con le persone, quindi approcciare all’ideale one2one.

Nel comparto specifico del fashion, si pensi alle possibilità intrinseche legate all’IoT integrata nei capi di vestiario e negli accessori, ma anche alle applicazioni antricontraffazione.

In futuro, le case di produzione progetteranno capi e accessori dotati di alloggiamenti o di soluzioni per integrare IoT e renderla parte dell’esperienza d’uso, per esempio per le attività quotidiane, ma anche per trovare i capi più adatti alla propria corporatura, oltreché per monitorare i parametri più importanti. E questo tanto più in forme accentuate nel caso dell’abbigliamento professionale, anche per ragioni di sicurezza.

Si pongono nuove sfide anche per la tutela della sicurezza e della privacy, e si estendono quindi i confini della cybersecurity. Internet of Things e Internet of Everything (IoE) estendono la superficie di possibili attacchi in modo esponenziale. Ogni oggetto connesso apre un possibile spiraglio nelle maglie della sicurezza, e oggi oggetti, tecnologie e protocolli IoT spesso non prevedono la sicurezza “by design”. E’ un ambito su cui lavorare.

E in ogni caso il seguente scenario è senza dubbio realistico.
Il negozio nell’era IoE deve essere del tutto connesso, e dotato delle tecnologie di cui abbiamo parlato fino a questo momento per offrire esperienze personalizzate, ricche di informazioni, di possibilità di “anteprima” altrimenti difficilmente ricreabili in un ambiente di e-commerce, almeno fino ad oggi.

Per questo possiamo davvero parlare di veri e propri atelier creativi, “oasi esperienziali” con al centro le persone e al loro servizio piattaforme tecnologiche collegate in rete (in un’ottica multichannel).

L’ambiente connesso, sistemi di pagamento evoluti (forse l’ambito in cui più si è avanti in ambito retail), la capacità di innalzare l’asticella dell’esperienza “on-site” negli store reali, quella di monitorare attivamente il “sentiment” sui social, sono tutti fattori che faranno la differenza e quindi possono favorire una nuova primavera per il retail. La rete in ogni caso costituirà un elemento cruciale per il futuro.

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