Cloudera, che possiamo definire a tutto tondo una data cloud company, ha concluso il merge con Hortonworks. Nata appena nel 2008, l’azienda è da tempo uscita dalla fase startup like, oggi conta oltre 3mila risorse a livello globale, ed è presente in 85 Paesi.

Yari Franzini da circa tre mesi ha assunto la responsabilità della region locale italiana e così esordisce in occasione dell’annuncio Cloudera Cloud Data Platform (Cdp): “Anche in Italia, come a livello globale, la nostra proposta indirizza i mercati più importanti, finance, energy e utility. Ora anche il settore pubblico è nel mirino, come automotive e manufacturing, in ottica Industria 4.0. Quello che più conta però è che a distanza di poco più di nove mesi dal merge con Hortonworks, quindi in un arco temporale ridotto, è compiuta l’integrazione con la proposta di quello che era il nostro principale competitor e da qui nasce la reingegnerizzazione completa della piattaforma in ottica cloud. L’evento sarà celebrato più avanti nella stagione, alla presenza sia dei clienti sia dei partner.

Lo scenario di mercato

In un momento di esplosione delle informazioni e di esaltazione delle potenzialità degli advanced analytics, pur con le tecnologie già mature, non mancano le difficoltà nel trasformare in valore i dati. Franzini spiega: “Dai big data si spreme ancora troppo poco business. Questo perché prevalgono le logiche a silos, non virtuose, e le applicazioni legacy”.
Una survey di Harward Business Review (giugno 2019) lo documenta: le difficoltà di produrre analytics validi sono un problema per il 55% delle aziende, i silos di dati per il 54%, la mancanza di competenze per il 49%, la mancanza di interoperabilità per il 44%. Il problema sta nella inadeguatezza delle soluzioni sul mercato solo per il 19%.

Yari Franzini, Cloudera regional director Italy
Yari Franzini, Cloudera regional director Italy

Prosegue Franzini: “Alla logica dei silos, il business, non soddisfatto nelle sue richieste dall’IT, ricorre così allo shadow IT (per Gartner il 40% della spesa IT va in questa direzione). Semplificando, significa che il business decide di far da sé e questo genera altri silos. E così il dato diventa ancora più difficile da gestire in modalità cross, orizzontale, mentre con una logica differente potrebbe dare vantaggi notevoli”.

Lo scenario cloud è favorevole ed allo stesso tempo sfidante: è vero che on premise gira ancora il 47% dei carichi, ma è già in multicloud il 26% di essi, percentuale equivalente a quella del cloud ibrido, con private e single cloud rispettivamente al 32 e 26%. Prioritarie e ricercate restano la ricerca delle garanzie di sicurezza (dove sono i dati), ma soprattutto la possibilità di spostare le informazioni in modo flessibile, agile ed efficiente.

Le potenzialità della Cloud Data Platform

Franzini: “Proprio la distribuzione delle informazioni impone una migliore gestione delle stesse e qui si innesta l’annuncio della nostra Cloud Data Platform, come offerta Paas end to end, prima su Aws e poi nel tempo anche per gli altri più importanti cloud provider (Microsoft e quindi Azure e Google), mentre on-premise la proposta Cloudera è già disponibile da tempo e continuerà ad esserlo”.

Le caratteristiche qualificano la piattaforma come proposta As a Service, che sposa la filosofia cloud al 100% – sia esso ibrido, privato, pubblico, o preveda una scelta multicloud –  con le medesime caratteristiche in ogni ambiente, a prescindere da dove risiede il dato, in modo da consentire alle aziende di potersi muovere liberamente anche se nel tempo evolve la loro strategia cloud.

Grazie al merge con Hortonworks la proposta si è rinforzata negli ambiti IoT, cybersecurity (le regole di sicurezza restano insieme ai dati, ovunque essi siano) e machine learning con la possibilità di mantenere in sicurezza i dati dall’edge al data center, e di applicarvi gli algoritmi di ML. Cloud Data Plaform è poi del tutto open source, con i vantaggi del caso, a partire dalla flessibilità. Franzini: “Multicloud, sicurezza, apertura (open source), trasversalità (dall’edge al data center) e flessibilità di gestione del dato sono quindi i pilastri caratterizzanti l’enterprise data cloud”.

Cristina Viscontino, senior sales engineer per Cloudera Italia, entra nel dettaglio: “Tanti clienti hanno una gran quantità di dati nei data center e una propria strategia cloud, ma cercano flessibilità e possibilità di validare le proprie strategie utilizzando la piattaforma su diversi cloud provider, oppure portando solo qualche applicazione sulla nuvola. Per esempio quelle di machine learning. Per farlo vogliono muovere nei diversi cloud i dati in modo sicuro affinché i data scientist, che hanno bisogno di hardware dedicato, lavorino meglio, possano governare in modo uniforme i dati e marcarli con i meta dati a valenza di business crosscloud”.

Cristina Viscontino Cloudera
Cristina Viscontino, senior sales engineer per Cloudera Italia

La piattaforma di Cloudera, per sua natura ora squisitamente Paas, è quindi fruibile in tempi inferiori rispetto al passato e permette lo sviluppo di applicazioni anche molto eterogenee. Copre tutta la parte di ingestion dei dati, anche realtime e si è rivelata efficace messa alla prova nelle diverse collaborazioni (per esempio con Octo Telematics e le assicurazioni), comprende la parte di data warehousing e di machine learning e ha mostrato la sua efficacia nell’utilizzo come data hub.

Oggi Cloud Data Platform di Cloudera è poi del tutto containerizzata significa poter sfruttare le ampie possibilità di autoscaling di questo modello. Le capacità di machine learning non restano chiuse e i data scientist possono scegliere quale motore utilizzare (quindi è, per esempio, possibile integrare la Paas per l’utilizzo con TensorFlow, tra gli altri motori, e prevedere l’integrazione delle diverse librerie). “La filosofia open è prioritaria. Il motore ML c’è ma resta estensibile e Hortonworks ha portato una serie di possibilità ulteriori di sfruttare la piattaforma in ambito IoT”, chiude Viscontino.

In parallelo all’annuncio dei risultati finanziari positivi con crescita a doppia cifra, Cloudera ha annunciato poco tempo fa anche l’acquisizione di Arcadia Data che rafforza la piattaforma in una logica AI driven. Arcadia era già partner di riferimento del vendor. Con l’acquisizione si punta a potenziare la discovery sui dati, e aggiungere valore nelle componenti di data warehousing, e di machine learning per capire meglio la qualità del dato e fare pulizia prima della preparazione dei modelli.

La strategia di canale

Franzini si compiace per i risultati della sua region per quanto riguarda l’approccio di canale: “L’ecosistema partner è considerato da Cloudera (casa madre) tra i fiori all’occhiello della region, si tratta ovviamente di un proposta a valore, dove la differenza la fanno le competenze”.

Christian Violi, channel e alliances manager per Cloudera Italia e Spagna
Christian Violi, channel e alliances manager per Cloudera Italia e Spagna

Christian Violi, channel e alliances manager per Italia e Spagna, entra nel dettaglio:”Sì, gli skill sono rilevanti sia per i clienti, sia per i partner. La preparazione non è un’opzione e passa ovviamente attraverso le certificazioni, e per questo ci facciamo aiutare anche dai clienti stessi. L’Italia a livello Emea è il primo Paese per certificazioni (e a livello mondo probabilmente dietro solo all’India) e per capacità di saper raccontare la proposta sul mercato (enablement)”. Inoltre per indirizzare la problematica delle competenze Cloudera Italia vuole avviare collaborazioni non solo con le facoltà di scienze dell’informazione, ma anche per esempio con quelle di statistica, così come con gli istituti superiori.

L’ecosistema di canale di Cloudera prevede tre tier: nel primo si contano tre partner strategici (Strategic Alliances). Significa che con essi vengono costruiti piani a 360 gradi che coprono l’intero ciclo di vendita e post vendita in termini di delivery. Violi: “Sono aziende con cui ogni giorno ci si confronta per sviluppare business congiunto”.

Al secondo livello ci sono 12 Managed Partner, gestiti a livello proattivo, e infine tier 3 comprende tutti gli altri Emerging Partner che stanno iniziando ad investire su Cloudera e che si spera poi crescano (complessivamente si contano 110 partner, e il focus è ovviamente sui primi 15). Per la rivendita ci sono alcuni partner globali che hanno accordi permanenti con Cloudera, tutti i partner locali possono poi rivendere le subscription Cloudera acquistandole dal distributore, unico, che è Tech Data.

Cloudera vuole sviluppare il concetto strategico delle Customer Centric Alliances, che non si basa sulla lista dell’importanza dei partner ma, una volta definite quali sono le aziende più importanti cui proporsi, permette di individuare l’ecosistema di partner che meglio può aiutare ad incontrare il cliente; quindi l’azienda punta su una strategia che nel nome ben esprime il concetto: Alliance Customer Specific.

Così la definisce Violi: “Vi rientrano di caso in caso non solo system integrator, ma anche software e hardware vendor, e può riguardare anche chi ha un accordo Oem, come ovviamente i cloud provider, così come tutti i partner locali che, quando rivendono, si appoggiano a Tech Data. Il vincolo unico è quello di un’ottica di vendita a valore”. Con i clienti ovviamente Cloudera ragiona in termini di use case, significa che con i tre strategici si stabiliscono quali sono i clienti su cui lavorare insieme ma, all’interno di una strategia specifica e di uno specifico caso, anche altri partner possono diventare strategici e con essi Cloudera si avvicina ai clienti senza rigidità, anche perché è questa la richiesta di un mercato dinamico.

Le use case nascono da progetti di valore replicabili, e di valore. Da qui è nata l’iniziativa delle Solution Gallery. Violi: “In pratica invitiamo i partner a certificare le loro soluzioni, inquadrandole per tre categorie: geografica, di industry, e infine per tipologia di modernizzazione IT (customer analytics, sicurezza, IoT). Se ne contano già diverse (Deloitte, Accenture, Red Hat)”.

Per quanto riguarda il licensing della piattaforma: nella proposta data center e Iaas il conto si basa sui nodi di calcolo (Cpu, memoria e dati elaborati) e al superamento delle soglie stabilite si tiene conto di scaglioni di consumo; nel modello Paas invece si indirizza il billing secondo diverse taglie di utilizzo (sempre in relazione alle macchine ed allo use case – il ML, per esempio, ha esigenze specifiche). Le sottoscrizioni sono annuali.  

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