Sempre di più le architetture IT sia hardware che software, che oggi permettono la trasformazione digitale nelle aziende, saranno legate a filo doppio con le soluzioni di intelligenza artificiale. Dall’edge, al core, al cloud, sono proprio le piattaforme di AI dedicate alla concertazione e al monitoraggio degli ambienti complessi ad aiutare l’allineamento tra risorse e obiettivi da raggiungere. Ci muoviamo in ambito AIOps.

L’acronimo indica l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per le IT operation ed è stato introdotto già nel 2017, da Gartner, per essere poi entrato velocemente nell’utilizzo corrente, tra gli addetti ai lavori.
Le piattaforme AIOps sono infatti in grado di utilizzare il patrimonio di big data prodotto dall’infrastruttura e i sistemi di apprendimento automatico, insieme ad altre tecnologie di analisi avanzata per migliorare le funzioni delle operazioni IT (quindi in fase di monitoring, automation e service desk).

Intrinsecamente devono essere in grado di sfruttare diversi metodi e dati di origini eterogenee. Negli ultimi anni l’automazione nel rilascio e la distribuzione delle applicazioni, con l’introduzione delle soluzioni agile e DevOps, hanno generato il bisogno di nuove competenze per riuscire a “concertare” i vari ambiti di dominio dalle dipendenze del codice, ai framework,dai database, alle reti, fino a server e infrastruttura. Le piattaforme AIOps svolgono in questo ambito il mestiere prezioso e difficile di “indagare” le cause che generano perdite di tempo e denaro nelle operation IT.

Ovum, sul tema, va oltre e spiega ancora meglio come AIOps sia alla base di un primo processo di riconoscimento per cui il deployment della tecnologia deve essere allineato con la maturità dell’organizzazione. Solo se tecnologie, persone e processi restano allineati permettono all’IT di essere effettivamente “trasformativo” per l’azienda.

Se a prima vista può risultare inevitabile intraprendere un percorso di adozione delle nuove tecnologie, Ovum mette in guarda e vuole sottolineare come i benefici reali poi si leghino non solo alla loro adozione, ma intrinsecamente alla maturità e alla cultura dell’azienda nell’uso delle stesse. Le IT operation, per intenderci, sono trasversali ai team e vanno oltre l’idea dei “domini” classici. Questo passaggio in parte è già stato vissuto nello sviluppo del software, con DevOps.

Rispetto a DevOps, di cui le piattaforme AIOps rappresentano quasi una naturale evoluzione, si tratta di tenere bene la barra a dritta, per cui anche l’IT deve essere customer-centrica e allineata ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi. AIOps ecco che in questo contesto serve proprio a fare in modo che processi – anche disparati – e tool adottati convergano al raggiungimento degli obiettivi, e non solo ad incrementare l’efficienza IT. Si tratta di una visione nuova.

Da qui anche la rilettura di un termine – operational activities – in passato sfruttato solo per indicare l’attività di patching dei server o la riconfigurazione di una rete, o l’assegnazione di risorse storage, mentre Ovum sottolinea come sotto questo dominio debbano rientrare anche le attività di sviluppo, test, messa in produzione ed eventualmente ritiro dei servizi.

Servizi su cui il controllo non può essere lasciato al caso, proprio come nessuno si sognerebbe di fare pensando alla propria infrastruttura. Si tratta invece di diventare reattivi, oltre le limitazioni con cui si è convissuto fino ad oggi, generate da un modello operativo a silos. In parole semplici: le inefficienze non dipendono solo dai singoli elementi di un team, ma possono proprio essere figlie di processi errati di interazione tra i team. 

Nelle aziende che possono beneficiare di IT operation ben strutturate e integrate tra i dipartimenti in modo trasversale, ecco che sviluppo e operation sono sì funzioni distinte ma effettivamente in grado di collaborare e puntare ai medesimi obiettivi.
Se con un approccio DevOps ogni singolo componente del team ha imparato a leggere lo sviluppo di un software e di un servizio non solo dalla propria prospettiva, ma anche secondo quella degli altri attori, nelle organizzazioni realmente “customer centriche” tutti condividono gli obiettivi di business e una visione.

Non basta la semplice digitalizzazione dei processi ad elevare il livello di maturità dell’azienda, ma anche il come (condivisione del valore) che si lega alla condivisione di governance, finance, secondo driver condivisi dall’alto in basso e viceversa.

L’obiettivo è disporre di un “runbook” operativo, con la tecnologia non a rappresentare una soluzione prescrittiva, ma uno strumento per raggiungere prima gli obiettivi. Per questo le scelte tecnologiche devono essere guidate da una direzione strategica di business.

Le piattaforme AIOps secondo Ovum

Qui si innesta il ruolo delle piattaforme AIOps. Ovum identifica il beneficio principale di queste soluzioni nella possibilità di ottenere un unico punto di vista e controllo sulle practice IT. A patto che soddisfino precise caratteristiche. In primis devono essere soluzioni agnostiche pronte ad operare in qualsiasi ambiente (cloud ed on-premise). Non c’è un dettame categorico sulla modalità. E’ possibile sfruttare soluzioni SaaS come on-premise, ma la visibilità offerta questa sì deve essere su tutto l’ambiente delle operation (1).

Se si tratta poi di favorire la collaborazione tra i team, la piattaforma deve anche essere facile da utilizzare e favorire la condivisione delle informazioni, per cui la sua trasparenza sarà un vantaggio, fatte salve le prerogative di controllo su accessi e privilegi (2). Poiché le soluzioni AIOps sfruttano set di dati da fonti eterogenee è opportuno che permettano la valutazione della qualità dei dati, e la memorizzazione di versioni aggregate nel tempo, per favorire la correlazione delle informazioni e quindi gli insight, funzionali ad identificare prima i problemi e le possibili soluzioni (3).

Il modello di Ovum per AIOps
Il modello di Ovum per AIOps

Lo spazio per la gestione della sicurezza e della compliance in AIOps è destinato a crescere nel tempo, proprio perché problemi critici e anomalie possono essere originate in queste aree. Un esempio semplicissimo: un incremento anomalo dell’attività dei dischi (I/O) può essere collegata all’attività di un ransomware. Poter correlare un evento di questo tipo alle patch applicate e agli effettivi carichi di lavoro è fondamentale (4).

Dall’analisi alla reazione. Comprendere quali siano i task automatizzabili è tra i desiderata legittimi nell’adozione delle soluzioni AIOps, perché un’azienda matura è solo quella effettivamente in grado di piegare l’automazione ai propri scopi (5). Arriviamo ad un punto chiave (6): Ovum si aspetta che l’introduzione di report basate su metriche ed analisi oggettive debba permettere alle aziende di correlare in modo chiaro obiettivi di business alle performance IT. In ultimo, non si può pensare alle piattaforme AIOps come a suite di soluzioni che rimpiazzano i tool di management già utilizzati, quanto piuttosto come a un livello in grado di “leggere” le attività e di sfruttare l’AI per compiere il passo successivo che significa leggere ed indirizzare le “issue” date da un ambiente che è legittimo considerare complesso (7).

Una piattaforma AIOps supera quindi sensibilmente le possibilità offerte dalle soluzioni IT Operational Analytics, focalizzate sulla reportistica, sugli insights, ma senza la capacità di indirizzare i bisogni di integrazione delle informazioni e di suggerire gli ambiti di automatizzazione.

In un ambito come quello della sicurezza, per esempio, le piattaforme AIOps sono in grado di segnalare i server che richiedono una patch, come verranno influenzati i servizi e finanche l’applicazione automatica delle patch, dopo aver valutato eventuali “controindicazioni”. Gli stessi processi DevOps ne beneficeranno, proprio perché AIOps potrà fornire indicazioni utili relative proprio all’impatto delle problematiche di sicurezza, data protection e governance su sviluppo e rilasci.

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