Per analizzare lo stato di sviluppo delle imprese italiane, impegnate ad elaborare applicazioni ed infrastrutture basate su blockhain, il Mise ha finanziato un progetto di studio, sullo sviluppo dell’ecosistema blockchain italiano, che Ocse – in particolare il  Centro dell’OCSE per l’imprenditorialità, le Pmi, le regioni e le città (Cfe) – ha realizzato e di cui sono stati di recente pubblicati i risultati.
La ricerca Blockchain per le Pmi e gli Imprenditori in Italia comprende anche le novità più recenti per quanto riguarda la normativa e le politiche pubbliche, ed include alcuni spunti sulle policy adottate frutto delle diverse esperienze internazionali.

Firmato da Marco Bianchini, economista Cfe, e Insung Kwon, analista Cfe, il rapporto esamina “le evoluzioni dell’ecosistema delle blockchain in Italia, in relazione alla struttura e alle tendenze delle Pmi e dell’imprenditoria nel Paese”. Analizza caratteristiche e dinamiche di impresa degli attori che introducono servizi basati sulla blockchain nel mercato italiano, ma anche “le opportunità e le sfide per lo sviluppo delle loro attività, i settori e le imprese interessate e la rilevanza per il miglioramento della digitalizzazione e della produttività della popolazione delle Pmi in generale”. Il rapporto illustra inoltre le recenti tendenze in materia di regolamentazione e politiche e fornisce raccomandazioni sulle politiche da adottare.

Mirella Liuzzi, sottosegretario Mise
Mirella Liuzzi, sottosegretario Mise

L’Italia è il primo Paese europeo a finanziare questa tipologia di studio e Mirella Liuzzi, sottosegretario Mise, sottolinea: “Come certificato dal rapporto l’industria italiana della blockchain sta crescendo rapidamente. Occorre quindi assecondare, con politiche mirate, questi percorsi di sviluppo in modo da innescare crescita e innovazione, coinvolgere sempre più realtà imprenditoriali e puntare a una visione strategica del futuro in cui l’Italia vuole recitare un ruolo di primo piano”.

Nello studio si evidenzia la diffusione rapida delle soluzioni tecnologiche basate su blockchain e il potenziale del Paese che proprio per la base industriale ampia e orientata all’esportazione e per la forte competitività nel mercato manifatturiero è posizionato per accedere ai vantaggi offerti da applicazioni e infrastrutture Distributed Ledger Technology (Dlt). E tuttavia anche come non manchino le sfide da affrontare soprattutto per rendere accessibili le soluzioni alle Pmi. Mentre si riconosce allo stesso tempo il contributo di startup e Pmi innovative che stanno elaborando applicazioni e infrastrutture basate su Dlt.

Marco Bianchini
Marco Bianchini, economista e coordinatore  Digital for Sme Global Initiative Oecd

“L’industria italiana delle blockchain cresce – spiega il rapporto – grazie ad un gran numero di imprenditori che hanno sviluppato, testato e commercializzato infrastrutture e applicazioni basate su Dlt. Gli imprenditori stanno esplorando opportunità di business per la tecnologia delle blockchain con numerosi casi d’uso (per esempio, gestione della catena di approvvigionamento, protezione della proprietà intellettuale e del copyright, risorse umane, approvvigionamento) in svariati settori (per esempio, agroalimentare, Itc, arte e spettacolo, sanità)”.

In particolare lo studio individua un totale di 67 aziende che sviluppano prodotti Dlt per il mercato (con l’esclusione delle piattaforme di scambio di criptovalute e i fornitori di portafogli), situate principalmente a Milano e dintorni. Queste aziende hanno risposto a un sondaggio online e fornito riscontri concreti per comprendere meglio prodotti, modelli di business e opinioni sulle principali sfide che si trovano ad affrontare nella conduzione della loro attività. Tra gli ambiti di utilizzo nei diversi casi d’uso: ovviamente il finance, supply chain e tracciabilità, protezione della proprietà intellettuale, HR, con diversi verticali industriali coinvolti. Sanità e PA comprese.

Insung Kwon
Insung Kwon, analista Oecd

Uno scenario comunque del tutto in divenire, perché se sono molteplici le applicazioni di Dlt in fase di sviluppo, il loro impiego su ampia scala nell’economia aziendale rimane, sotto taluni aspetti, poco chiaro e si contano numerosi progetti ancora ad uno stadio sperimentale.

Eppure i benefici per le Pmi sembrerebbero evidenti proprio perché queste ultime potrebbero trarre vantaggio da caratteristiche come trasparenza, tracciabilità, sicurezza, immutabilità, tempestività e possibilità di evitare il ricorso a soggetti intermedi, ma anche in diversi ambiti del processo aziendale e delle pratiche di marketing, tra cui il mercato del Made in Italy.

Di fatto le imprese italiane del settore della blockchain hanno indicato che la conformità alle norme e la complessità delle procedure amministrative sono le barriere più significative, in particolare in materia di smart contract, codici hash e firme digitali. Al secondo posto, tra le difficoltà che più pesano, il reperimento di finanziamenti, mentre la presentazione della nuova tecnologia ai clienti e il reperimento di talenti sono considerati ostacoli meno rilevanti. Questo perché il rapporto fotografa una stretta collaborazione delle imprese del settore blockchain con il mondo universitario.  

Barriere allo sviluppo delle attività per le aziende che operano nel settore blockchain

Dal punto di vista delle scelte tecnologiche invece risulta interessante il rilievo per cui oltre il 33% delle imprese del settore blockchain italiane rivela una preferenza per la permissionless blockchain pubblica rispetto ai sistemi permissioned. Una peculiarità che ci differenzia da diversi altri Paesi in cui invece si è privilegiato il ricorso alle reti private permissioned a causa della maggiore flessibilità per gli scopi aziendali, pur tenendo in considerazione la possibilità di perdere parte del “valore” dato dalla natura decentralizzata e, di conseguenza, parte del consenso, alla base del successo nei sistemi Dlt.

Non mancano comunque, anche in Italia, aziende in grado di proporre sia la parte applicativa sia quella infrastrutturale. Con il report che evidenzia come proprio su questo aspetto si possa giocare la realizzazione di un “ecosistema” di fatto frammentato per superare il quale bisogna integrare funzioni di interoperabilità nell’elaborazione del protocollo e delle applicazioni.

L’impegno del Mise

Per quanto riguarda le iniziative messe in campo dal Mise (dal 2018 27esimo membro del Partenariato europeo per la blockchain) per l’elaborazione della strategia nazionale sulla blockchain, solo per citare i passaggi più recenti, evidenziati dal Rapporto, nel 2018 il Ministero dello Sviluppo Economico ha incaricato un gruppo di esperti tra cui “dieci membri esponenti del mondo imprenditoriale che operano in ambito di Dlt e blockchain; dieci esponenti di organismi e centri di ricerca, della pubblica amministrazione, del mondo accademico o think-tank; dieci esponenti delle organizzazioni sindacali, delle professioni, del terzo settore, dei consumatori o, in generale, della società civile” che nel 2019 ha iniziato i lavori organizzati per sottogruppi e redatto un progetto di documento su cui si baserà la strategia nazionale sulla blockchain e che verrà sottoposto a consultazione pubblica.

E’ attivo, sempre istituito dal Mise, anche un partenariato con Ibm per lo “sviluppo di un primo caso di studio sulla tracciabilità del Made in Italy” del nostro tessile, ed è stato rivisto e semplificato il programma Smart&Start di Invitalia per concedere agevolazioni alle startup più innovative, tra cui appunto quelle che lavorano su queste tecnologie. Abbiamo dedicato un articolo specifico agli smart contract, riguardo ai quali con il Decreto Semplificazioni del 2019 (art. 8-ter), il Parlamento ha approvato una definizione normativa delle Dlt e la validità giuridica di questa tipologia di contratti, una scelta politica di rilievo ben valutata anche a livello internazionale. Il rapporto Ocse riporta e illustra anche la strategia nazionale in materia della Germania; il confronto non può che offrire spunti di riflessione.    

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