Nel cuore dell’estate il primo Rapporto Assoconsult – “La domanda dei servizi di consulenza in Italia”ha fotografato la domanda di consulenza nelle top aziende italiane, anche “a valle” dell’emergenza Covid. La survey coglie le differenti esigenze che maturano nelle varie funzioni aziendali  IT, finance, HR, marketing e operation) ed allo stesso tempo identifica le priorità di business delle aziende in relazione al ruolo che la consulenza svolge nel fornire supporto mirato.

Dal rapporto emerge la forte importanza delle tecnologie digitali a sostegno delle strategie di crescita con impatti sull’esigenza di supporto consulenziale. Ne parliamo con Marco Valerio Morelli, presidente Assoconsult.
È un fenomeno che anche lei osserva come consulente e presidente di Assoconsult? In quali aziende (settori, dimensioni), in quali divisioni?

Assolutamente sì, siamo davanti ad un fenomeno imprescindibile oramai in ogni settore, e come consulenti possiamo testimoniare che allo stato attuale non vi siano oggi realtà senza il bisogno di ricorrere ad una trasformazione digitale appropriata. La vera sfida, anche alla luce dell’accelerazione portata in questo senso dall’emergenza Covid-19, è portare a considerare il ricorso alla digital transformation non come un fenomeno, appunto, ma come la normalità. Una normalità che dovrà articolarsi seguendo i percorsi che ogni singola azienda, nel rispettivo settore, ha necessità di intraprendere. Per questo il ruolo della consulenza diventa ogni anno più importante. La nostra capacità di realizzare e gestire delle linee guida ad hoc ha dimostrato, nel tempo, che si può riuscire ad essere più performanti nell’adottare nuove tecniche di business se ci si affida a professionisti preparati e soprattutto aggiornati. I numeri del nostro Rapporto sulla domanda, che ha visto intervistare le Top 200 aziende che in Italia fatturano più di 500 milioni di euro, raccontano proprio questo.

Quali sono le tecnologie digitali che ricorrono più frequentemente nei piani di sviluppo delle aziende? Può fare qualche esempio di ambito progettuale dove la presenza della tecnologia appare più intensa?

È assai vasto lo scenario delle tecnologie digitali rispetto alle quali le aziende stanno oggi prendendo decisioni di implementazione, con una decisa accelerazione rispetto al passato. Una volta impostate le tecnologie base abilitanti – ad esempio la remotizzazione delle attività quotidiane legate al business – le aziende si sono rese conto di avere la possibilità di aprire orizzonti interamente nuovi, grazie ad un’analisi più accurata e consapevole dei big data già presenti in azienda. Si tratta di progetti di machine learning che, grazie all’intelligenza artificiale, sono in grado di svolgere analisi predittive rispetto alle attività core del business.

Così come, sempre grazie al ricorso agli analytics e ad un approccio data-driven più diffuso e consapevole, anche funzioni aziendali che tradizionalmente ne avevano fatto minore uso per prendere decisioni operative, quali la direzione risorse umane, adottano oggi software dedicati e rivedono i processi nell’ottica della trasformazione digitale. Infine, sempre in relazione al ricorso ad un sempre più capillare smart working, le aziende hanno mostrato “fame” di applicazioni user-friendly, di facile e veloce accessibilità; per costruire occasioni di interazione touch-point con i dipendenti. Si tratta di software che garantiscono come, alla crescente responsabilizzazione del dipendente nelle attività amministrative abilitata dalla tecnologia, le funzioni aziendali possano dedicarsi ad attività strategiche e a più alto valore aggiunto.

Marco Valerio Morelli, presidente di Assoconsult
Marco Valerio Morelli, presidente di Assoconsult

Come cambia la domanda di servizi di consulenza alla luce di questo fenomeno e quali sono gli impatti per le società di consulenza? Necessità di acquisire competenze tecnologiche, partnership, etc.

Il settore del management consulting ha dimostrato di essere un’eccellenza nel sapersi tenere al passo con l’innovazione tecnologica, che ha caratterizzato, a volte anche monopolizzandoli, questi primi anni del secolo. Credo sia per questo che la consulenza in Italia ha vissuto, e stava vivendo almeno fino all’arrivo dell’emergenza Covid-19, un’evoluzione espansiva inarrestabile.

I dati raccolti dal Rapporto ci confermano un settore che ha saputo mantenere un livello insperato di operatività anche durante il lockdown. L’innovazione è ciò che le aziende chiedono ai consulenti, perché percepiscono di avere aree di miglioramento, ma non sempre riescono a trovare le soluzioni giuste per metterle a frutto. È per questo che il nostro settore ha una particolare attenzione, quasi una vera e propria ossessione, per la formazione. Constato con un pizzico di orgoglio che i giovani consulenti che si affacciano alla professione sono sempre più preparati delle generazioni precedenti. Certamente la differenza la fa poi l’esperienza in azienda e la capacità di sapersi mettere in gioco già da subito, ma è indubbio che le nostre università, nelle facoltà dove si studia management consulting, assieme ai primi periodi di stage in azienda, offrono una preparazione che è la prima garanzia di affidabilità per le aziende clienti.

Ritiene che l’importanza delle tecnologie nell’ambito delle strategie aziendali sia aumentata con lo scoppio della pandemia da Covid-19?

Definirei due momenti distinti, in relazione alla pandemia. Nella fase dell’urgenza, il lockdown ha portato alla luce con drammatica ed immediata evidenza l’esistenza, e la necessità del superamento, di un digital-divide tra quelle aziende che erano già preparate, sia con strumenti che con processi e cultura aziendale a gestire le attività in modalità remota, e le rimanenti. Una volta tamponata l’emergenza, le aziende, supportate in questo dalla consulenza, hanno scoperto quella miniera d’oro rappresentata dalla digitalizzazione e dai dati. Abbiamo visto tutti la diffusione di barzellette secondo le quali è stato il Covid, e non il Ceo o il Chief innovation officer a guidare la trasformazione digitale dell’azienda. Uno scherzo con una profonda aderenza alla realtà, se si pensa alle possibilità che la tecnologia aveva aperto anche prima della pandemia ma del cui valore, anche considerando la relazione azienda-dipendente o il contenimento di costi non strategici, ora le aziende prendono pienamente consapevolezza.

È un tema all’attenzione di Assoconsult? Iniziative di formazione, accordi, etc.

Come Assoconsult, appena cominciata questa emergenza e poi per tutto il corso del lockdown il nostro Consiglio di Presidenza è diventato una specie di war room virtuale. Dal nostro continuo confronto è uscito un piano in sette punti, che abbiamo chiamato “I magnifici sette”, su cui bisognerebbe concentrarsi per rilanciare la struttura aziendale sia delle grandi industrie sia delle piccole e medie imprese.

Il primo punto riguarda la business continuity: qualunque siano il business e il settore in questione si deve poter garantire la continuità dei processi produttivi e commerciali assieme a quelli di gestione del personale.

Il secondo punto riguarda una necessaria azione di upskilling delle competenze: si andranno a modificare numerosi modelli, di servizio, di produzione e di relazione con il cliente, quindi saranno richiesti interventi di restructuring cross settore e cross funzione.

La digitalizzazione in questo contesto rimane un punto fermo, il nostro terzo: l’emergenza coronavirus ha dimostrato che lo smart working funziona e che le infrastrutture realizzate in questi anni reggono. Grazie anche alla digitalizzazione sarà possibile pensare nuovi modelli di servizi.

La revisione dei piani di investimento è il quarto punto: in un periodo con la recessione pari a -8/9% le aziende lanceranno profondi piani di ristrutturazione, che serviranno da un lato a sopravvivere e dall’altro a ripensare il business.

La struttura del nostro programma ideale però, non può prescindere dalla persona, per questo gli ultimi due punti devono riguardare sia una necessaria evoluzione del modello di leadership sia le nuove competenze, che implicheranno nuovi comportamenti, più flessibili, e la capacità di lavorare sia in team che da remoto. Il settore della consulenza è pronto a dare il proprio contributo di pensiero, di aiuto e di supporto e come Assoconsult abbiamo deciso, con la nuova stagione, di realizzare progetti ad hoc per gli associati con l’intento di supportare le società di consulenza nella ripartenza post emergenza Covid-19. Alla luce però anche del recente Recovery Fund e dei consistenti fondi stanziati per il nostro Paese, auspico che si sia in grado di costituire una cabina di regia capace di gestire al meglio questa importante fase. Sono sicuro che la consulenza sarà chiamata a fare la sua parte, e dico fin da ora che siamo pronti e molto determinati.

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