Lo fa da sempre, dovremmo esserci abituati, eppure ci sorprende ogni volta. Sia quando vende, sia quando acquista. Così come quando in tempi lontanissimi vendette le stampanti a Lexmark (1991), i pc e poi i server a Lenovo (2005 e 2014) per uscire dal mercato dell’IT commodity, o quando si comprò Red Hat (2019, il più grosso investimento della sua storia per 34 miliardi di dollari) proprio per gettare basi solide nell’immenso mercato del cloud, acquisizione funzionale alla decisione di oggi: lo spin off della parte dei servizi infrastrutturali, per concentrarsi sul mercato del cloud ibrido, ad altro potenziale.

Perché Ibm nell’arco della sua vita (109 anni!) ha più volte abbandonato segmenti di mercato via via economicamente meno forti, per concentrarsi su quello a maggiore crescita prospettica. E ora guarda al software, al cloud, all’intelligenza artificiale, liberandosi della parte di servizi gestiti legati a infrastrutture legacy (al suo caro vecchio mainframe che ha costruito la sua fortuna e che continua a produrre) per concentrarsi su opportunità legate a innovazione e consulenza. Cambiano le priorità.

Due aziende diverse

L’annuncio, ufficializzato dal Ceo Arvind Krishna, consiste nello spin off dei Managed Infrastructure Services (parte dalla divisione Global Technology Services, che ha un valore di 27,4 miliardi di dollari) in una nuova azienda pubblica, al momento semplicemente battezzata NewCo, che verrà costituita entro la fine del 2021.

Arvind Krishna, Ceo di Ibm
Arvind Krishna, Ceo di Ibm

Da una parte Ibm terrà la barra su cloud ibrido aperto e intelligenza artificiale (cognitive computing), dall’altra la NewCo si concentrerà sui servizi IT per modernizzare e gestire le infrastrutture esistenti di grandi aziende clienti, banche, industrie, manifattura… Due aziende pubbliche separate – Ibm e NewCo – anche nei consigli di amministrazione, che rimarcheranno però una salda partnership su progetti e clienti condivisi, ma senza vincoli di sorta.

“E’ questo il momento per creare due aziende forti focalizzate su quello che meglio sappiamo fare a vantaggio di clienti, dipendenti e azionisti”  ha dichiarato Krishna, artefice dell’acquisizione di Red Hat ai tempi di Rometty come Ceo, già in virata verso il cloud ibrido da anni. Ed è chiaro Krishna anche nei numeri del business che ingolosisce: il cloud ibrido è una opportunità di mercato da 1.000 miliardi di dollari su cui investire nei prossimi anni, mentre la parte dei servizi gestiti creerà un’opportunità da 500 miliardi. “Entrambe le aziende, reciprocamente più snelle, si troveranno in una condizione migliore per crescere e cogliere nuove opportunità” .

“Da una parte la nostra trasformazione pluriennale ha creato le basi per avere una piattaforma di cloud ibrida aperta – ha commentato Ginni Rometty, oggi executive president di Ibm dall’altro la nostra attività di servizi gestiti per le infrastrutture ha competenze ineguagliabili. Come due società indipendenti, Ibm e NewCo capitalizzeranno i rispettivi punti di forza. Ibm accelererà i percorsi di trasformazione digitale dei clienti e la NewCo accelererà gli sforzi di modernizzazione dell’infrastruttura dei clienti. Questa attenzione si tradurrà in un maggiore valore, maggiore innovazione e capacità di execution più rapida”.

Ginny Rometty, executive president di Ibm

Aspettative future

Di fondo Ibm diventa un’azienda di software (cloud, AI, automation e sicurezza) pur mantenedo la divisione Systems al suo interno (quella che fa i mainframe per intenderci), con un modello di delivery impostato per il 50% sui ricavi ricorrenti. Un cloud che essendo open source si addatta alle infrastrutture IT di tutti i vendor, abilitando un approccio ibrido che ha un rendimento di 2,5 superiore rispetto al cloud pubblico.

Le aspettative di crescita sono molto forti se si guarda al fatturato Ibm dello scorso anno fiscale, chiusosi al 31 dicembre 2019 con 77,1 miliardi di dollari, in flessione del 3,1% sull’anno precedente: il cloud pesava per il 10,6% sull’intero giro d’affari con ampi margini di crescita.

La parte di business che rimarrà sotto Ibm sarà decisamente la più significativa, con un valore di circa 59 miliardi di dollari, mentre la NewCo cuba 19 miliardi (circa un quarto del fatturato di Ibm), con 4.600 clienti (il 75% delle aziende Fortune 100), la presenza in 115 paesi e 90.000 dipendenti. “Offrirà servizi di hosting e di rete, modernizzazione dell’infrastruttura e migrazione e gestione di ambienti multcloud. Si tratta di servizi critici fondamentali per consentire alle aziende di creare agilità ed efficienza nella propria infrastruttura e nei data center” precisa Rometty.

Due business opposti ma che rimarcano la necessità delle grandi aziende di sganciarsi dal passato legacy e di modernizzarlo, o di valutare la migrazione verso il cloud.
Ma sarà strategico anche capire come le due realtà imposteranno il go-to-market. Competenze nei settori verticali e forte relazione con l’ecosistema dei business partner saranno alla base di entrambe le realtà, ma è prevista una razionalizzazione a livello geografico e il rafforzamento dei servizi condivisi, con un modello operativo semplificato.

La partnership Ibm-NewCo non imbriglierà i clienti a essere vincolati solo a Ibm, che continuerà a spingere l’ecosistema di partner tra i quali anche system integrator che potrebbero essere a loro volta dei competitor della NewCo, perché focalizzati sulla gestione e sulla modernizzazione di infrastrutture legacy.

Lo spin off sarà soggetto a tutte le verifiche, incluse quella della la US Securities and Exchange Commission e l’approvazione finale da parte del consiglio di amministrazione di Ibm, ma dovrebbe essere completato entro la fine del 2021. A seguito della separazione, le società insieme dovrebbero inizialmente pagare un dividendo trimestrale ma, a completamento della separazione, la politica dei dividendi di ciascuna azienda sarà determinata dal rispettivo consiglio di amministrazione. Il più ampio spin off di Ibm darà vita a due colossi distinti, anche nelle procedure. Chapeau.

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