Il luogo che ospita Appian Around the World in Italia è il Teatro Lirico di Milano rinato dopo una lunga ristrutturazione. “Be part of the process” il claim che il management internazionale (il Ceo, Matt Calkins) insieme a quello italiano declina ai clienti in platea. Con un affondo. “Il focus oggi è sull’ AI all’interno dei processi aziendali, non avremmo potuto fare diversamente” commenta Silvia Speranza, regional vice president di Appian Italia e Grecia.

E’ la seconda edizione del roadshow pensato dal vendor con headquarter in Virginia (che ama l’Italia a tal punto da dare all’azienda il nome della nostra storica via Appia) che tocca nel vecchio continente Francoforte, Madrid, Parigi, Milano e Londra, dopo il recente Appian World 2025 americano.
“La via Appia ha reso possibile viaggi, commerci, spostamenti migliorando la vita delle persone a partire dall’antichità. Era la tecnologia dell’epoca così come oggi la tecnologia di riferimento è l’AI a al punto che, parlando con i Cio, portare l’AI all’interno delle loro aziende è una priorità, per efficientare i processi. L’AI risponde a questo bisogno, liberando la creatività delle persone da lavori noiosi, gestendo task automatizzati, ma solo se viene utilizzata nei processi diventa il motore della macchina aziendale. Ogni dettaglio della macchina viene così essere reso piu efficiente, dall’aerodinamica alla guida. L’AI entra così nella infrastruttura dei processi e li rende più semplici, forti e sicuri”.
Secondo i dati, l’AI di Appian fa crescere la produttività del 7,9%, aumenta del 10% la risoluzione di claim ripetitivi, è oggi adottata dal 70% dei Cio clienti e nell’ultimo quarter “ha convinto più utenti di quanti ne avesse avvicinati nel 2024”. Ma serve regolamentarne l’adozione, lavorare sul tema della fiducia, con plauso da parte di Calkins per l’AI Act che assicura un corretta gestione dei dati per allenare l’AI, definisce i rischi di un utilizzo non conforme, detta le regole di un approccio sicuro ed etico. “E’ la migliore legge ad oggi approvata sull’AI” commenta il Ceo.
L’era agentica in Appian
I trend dell’AI per la crescita delle aziende sono quelli di una AI agentica, accurata, sicura, personalizzata e integrata nei processi. Una AI che second Calkins devono fare “essenzialmente” tre cose: pensare, agire, imparare.
Pensare nel senso di essere in grado di esplorare e connettere i dati nel virtuale layer del data fabric, interrogandoli in modo autonomo, migliorando il risultato e i tempi di risposta.
Agire nel senso di scegliere quale processo necessita di essere efficientato e procedere.
Imparare nel senso di fare tesoro degli insight raccolti innescando un processo di miglioramento continuo. “Think, act e learn è quello che Appian fa con i propri Agenti AI – precisa Calkins – che sono sicuri e potenti con una interfaccia semplice, che permette di capire come ogni dato è connesso al data fabric. Il nostro obiettivo è connettere persone e processi insieme”.
L’AI per Appian deve creare un percorso di valore dentro ai processi. “Ci aiuta a raccogliere informazioni laddove è complesso, in un ambienti poco strutturati, da messaggi vocali, distinguendo nella mole di informazioni quelle utili, per gestire gli errori nei processi, automatizzarli e ottimizzarli. Infine ci permette di capire cosa migliorare – incalza Lorenzo Alegnani, area vice president Customer Success Central e South Emea di Appian -. Ma per fare questo dobbiamo cambiare il nostro punto di vista. Se è vero che abbiamo introdotto l’automazione nel corso degli anni, chiediamoci oggi come migliorare le metriche, come dare risposte più efficiente, come essere più precisi… Questo passaggio dal cosa al come è fondamentale per capire come lavorare insieme”.

La piattaforma di Appian ha certificazioni di sicurezza, dispone di un’interfaccia intuitiva con sessioni di formazione per utenti. “Tramite gli Agenti AI è in grado di introdurre un elevato grado di automazione – prosegue Alegnani – e definisce obbiettivi e flussi di lavoro. L’AI non vede ciò che non possiamo vedere per questo è importante l’accesso all’intero ecosistema dei dati enterprise”. I processi forniscono agli agenti AI linee guida e strutture chiare, definiscono gli obiettivi e stabiliscono limiti precisi. Offrono un percorso di scalabilità aggiungendo la supervisione umana quando necessario, oltre a consentire un accesso sicuro ai dati a livello aziendale attraverso il Data Fabric.
“Le aziende hanno bisogno di un’AI affidabile e a basso rischio, che i processi garantiscono, consentendo di implementare gli agenti AI in modo sicuro e mantenendone il controllo” precisa Alegnani. Diversi i tool messi in campo “ma è l’orchestrazione di tutti i tool a dare valore dell’AI”.

Tra le novità del set di agenti AI predefiniti, il Composer per comporre le applicazioni, il Search intelligente all’interno del data fabric per capire informazioni simili e correlate fra loro, gli ambienti per programmare gli agenti attraverso strumento no code.
Alegnani osa una metafora pensando all’AI: “In teatro tutto è finto ma niente è falso, citando Giorgio Gaber. Per avere un’AI di successo bisogna allineare le nostre metriche con gli obiettivi, pensare al come piuttosto che al cosa, trasformare insieme le sfide in opportunità”. I risultati che ne derivano non sono falsi.
Come la sfida portata avanti da Acclaim Autism, una realtà statunitense che ha velocizzato il percorso macchinoso per erogare assistenza a bambini autistici, accorciando i tempi di domanda da sei mesi a 4 settimane, velocizzando l’analisi delle cartelle mediche, dei parametri economici, delle relazioni familiari. “Qui il valore dell’AI va oltre il fatturato, riguarda l’assistenza alle persone – spiega -. Appian ha aiutato a rendere il processo più semplice per una gestione più intelligente delle richieste. Una sorta di triage con l’AI per dare una assistenza più rapida, con un portale pubblico semplificato con Agenti AI per la verifica dei dati da parte dei familiari”.
Calkins e il tema della fiducia
Le banche in Italia rimangono una delle aree di attenzione per Appian, nell’attuale fase di modernizzazione applicativa. “Ho avuto interessanti conversazioni con alcune banche clienti sugli Agenti AI in questa giorni a Milano – precisa Calkins in una chiacchierata a margine dell’evento – perché la loro richiesta è di accelerare lo svecchiamento dai sistemi legacy e aumentare l’agilità delle nuove applicazioni. Ma le banche si interfacciano con diverse tecnologie, alcune troppo vecchie che necessitano di essere rimpiazzate. Noi gestiamo questi processi, interveniamo sui sistemi ridondanti. Ma per smontare l’approccio conservativo verso gli Agenti AI di molte realtà dobbiamo lavorare sul livello della fiducia. Il trust è il primo elemento nelle nostre relazioni con i clienti, seguito dall’efficientamento e dal tema del risparmio dei costi. Per questo dobbiamo essere scuri che gi Agenti AI siano responsabili”.

La proposta di Private AI, che nasceva proprio dall’idea di proteggere i clienti e i loro dati, rimane l’ossatura anche oggi in questo scenario di fiducia. Ma sarà solo con il tempo che si svilupperà un circolo virtuoso e le aziende acquisiranno la sicurezza necessaria per espandere il proprio utilizzo dell’AI da progetti pilota isolati a soluzioni a livello aziendale.
“Siamo un’azienda di processo ma l’attenzione rimane alta nel tenere l’uomo al centro – conclude il Ceo -. Con l’aumentare della fiducia, le interazioni con l’AI saranno sempre più personalizzate a differenza degli attuali Llm che sono generici. Noi invece consentiamo alle aziende di addestrare modelli di AI personalizzati dal momento che gli esseri umani non sono generici, svolgono lavori con responsabilità uniche, stili unici”.
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