Piace lo smart working alle aziende europee, anche a quelle italiane. La media impresa e la grande azienda di Italia, Francia, Spagna, Germania, Polonia, Repubblica Ceca e Gran Bretagna sono orientate verso politiche concrete di smart working e adottano strategie legate all’utilizzo della tecnologia sul posto di lavoro. E’ quanto fotografa lo studio di Idc commissionato da Dell Technologies e Vmware che analizza la situazione del Vecchio Continente al riguardo.

I numeri raccontano però anche che solo il 29% delle aziende adotta una strategia orientata al Future of Work, termine dietro al quale si deve individuare – oltre al nome stesso della ricerca (Fow 2019) – il framework di un approccio integrato con l’obiettivo ultimo di mettere al centro l’innovazione e gli strumenti digitali, per favorire l’espressione del potenziale delle risorse umane disponibili e della stessa azienda.

Entro il 2021, il 60% delle aziende Global 2000 adotterà quello che Idc definisce Future WorkSpace, ovvero un concetto di spazio di lavoro in grado di migliorare l’esperienza e la produttività dei dipendenti attraverso un ambiente fisico e virtuale flessibile, intelligente e collaborativo.

Infografica DigitalWorkspace
DigitalWorkspace fondazione di FoW

L’Italia, probabilmente contro le aspettative, si posiziona bene, al terzo posto. Oltre il 50% delle aziende avrebbe infatti già avviato programmi di ridisegnamento degli spazi di lavoro. Un dato che permette al Paese di essere preceduto solo da Francia e da Repubblica Ceca (rispettivamente 56,36% e 50,91%) ma anche di precedere Germania e Spagna (rispettivamente 45,28 e 42,86).

Sempre per quanto riguarda l’Italia la ricerca segnala che oltre il 55% delle imprese offre (o sta pianificando di offrire, una variabile importante) un orario di lavoro flessibile che includa l’opzione di scegliere orario di inizio e fine. Più bassa, invece, la sensibilità nei confronti del lavoro da remoto, quindi con una location flessibile.

In questo caso la percentuale in Italia si abbassa al 44%, con il 46% delle aziende però che ha già iniziato ad adottare nuove policy di sicurezza per allineare lavoro e nuovi stili. Una percentuale di poco sotto la media europea del 48% con la Gran Bretagna a guidare la classifica (64,41%) e la Polonia a chiuderla (37%).

Idc però svela anche un interessante aspetto qualitativo. Entro il 2022 il 35% delle aziende sostituirà i tradizionali e datati Kpi (Key Performance Indicator) con i Kbi (Key Behavioral Indicator) per misurare le capacità di collaborazione, comunicazione, risolvere i problemi, arrivare ai risultati e agli obiettivi del proprio personale.

In pratica metriche moderne affiancheranno quelle legate alla produttività, a vantaggio dei cosiddetti soft skill aspetti meno misurabili ma che acquistano importanza e oggi essenziali per raggiungere per soddisfare le richieste dei clienti.

In Italia lo smart working è considerato soprattutto un elemento per ridurre i costi, riduzione che è letta come prioritaria da oltre il 48% del campione. E’ diverso in Europa con una media del 40%.

In Europa infatti si dà più importanza al miglioramento della vita lavorativa e privata dei propri dipendenti, letto, proprio quest’ultimo, come fattore di soddisfazione esso stesso abilitante (con una percentuale del 53% in Spagna e del 49% in Germania).

Marco Fanizzi, VP e GM enterprise sales di Dell Technologies, commenta: “Il cosiddetto futuro del workplace non deve mirare solamente a soddisfare le necessità delle aziende. Al centro, bisogna mettere – senza alcun dubbio – le persone, chiamate a guidare nel concreto questa trasformazione“. In un contesto in cui tra l’altro “I giovani oggi sono molto più selettivi quando devono decidere il posto dove andare a lavorare”, completa Filippo Ligresti, VP e GM commercial sales.

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