L’anno da poco concluso lascia in eredità al nuovo, ancora una volta, il problema della copertura effettiva e della connettività a banda ultralarga del Paese. Restano, in modo diverso, ma entrambi, obiettivi quanto mai lontani sia lo switch-off del rame, sia Italia a 1 Giga, che dovrebbe garantire la connettività ad almeno 1 Gbps in download e 200 Mbit/s in upload alle unità immobiliari che lo necessitano entro il 2026, così come delineato nel Pnrr (e in teorico anticipo rispetto agli obiettivi europei fissati al 2030).
Vogliamo anche sottolineare che anche la proposta Starlink potrebbe risolvere solo in parte i problemi, e solo nelle zone particolarmente isolate, anche perché la velocità massima che questa tecnologia è in grado di offrire è di circa 250 Mbps, di gran lunga inferiore anche a quella di un’eccellente copertura in 5G e ben lontana dalle opportunità che offre la fibra.
In Italia resta un problema vivo, oltre a quello delle aree bianche – quelle nelle quali non è presente un’infrastruttura per la banda ultra larga e nessun operatore ha mostrato interesse a investire per cui è necessario un intervento economico da parte dello Stato – anche quello delle aree nere o grigie quando, una volta compiuta l’infrastruttura di base, gli operatori non trovano comunque conveniente portare la connettività a case e condomini remoti dalla prima centralina (o chiusino) accessibili, magari con poche unità abitative e quindi con uno scarso ritorno economico. Anzi, in questo caso i “meccanismi” si inceppano in modo ancora più fastidioso, perché di fatto nessuno si sente chiamato ad intervenire. Quindi, se non è più l’ultimo miglio il problema, lo diventano proprio gli ultimi dieci, venti metri. E anche nel centro di città e capoluoghi di provincia per gli utenti si rivela un’impresa “conquistare” la fibra. Ma veniamo ai numeri.
I numeri della connettività di rete fissa
Agcom fotografa la situazione a fine settembre 2024. Nella rete fissa gli accessi complessivi su base trimestrale non mostrano variazioni di rilievo, e rimangono attestate intorno ai 20/25 milioni di linee. Le linee in rame si riducono di circa 150 mila unità su base trimestrale e di 700 mila rispetto al settembre 2023, e nell’ultimo quadriennio sono diminuite di 4,60 milioni. Facile capire che si è ancora in altissimo mare, se si pensa ad un approdo reale ad un’idea di switch-off.
Pur se in flessione su base annua (-670mila linee), gli accessi Fttc sono ancora quasi la metà (45,9%) della base clienti complessiva. Quelli Ftth crescono su base trimestrale di poco meno di 300mila unità e di 1,18 milioni su base annua. E comunque rispetto a quattro anni fa (2020) l’incremento è stato di appena 3,86 milioni di linee.
La tecnologia Fixed Wireless Access cresce di circa 220mila unità su base annua e alla fine dello scorso settembre contava 2,30 milioni di accessi. La flessione della connettività Adsl (di circa 400mila unità) è controbilanciata dalla crescita degli allacci con altre tecnologie. Complessivamente se la velocità di connessione pari o superiore ai 100 Mbit al secondo era possibile sul 48,8% delle linee nel 2020, oggi lo è per oltre tre linee su quattro (ma anche in questo caso non si parla di velocità effettiva). Il dato finale che sostiene la nostra tesi poi resta il seguente: in quattro anni (2020-2024) si è passati dal 7,6% al 26,2% di linee commercializzate con capacità trasmissiva ≥1Gbit/s; ci sia permesso dubitare fortemente che nei prossimi due anni si sarà in grado di crescere di circa il quadruplo rispetto a quanto si è riusciti a fare finora.
Invece a crescere velocemente è il consumo dei dati che fa registrare un ulteriore +16,2% rispetto al valore del 2023 e quasi il 70% in più rispetto ai valori del 2020 (che pure avevano visto esplodere il traffico per la pandemia). Oggi il traffico giornaliero per linea broadband dicono che i dati unitari di consumo sono aumentati del 58,3% rispetto al 2020, passando da 5,88 a 9,30 Gbyte per linea in media al giorno.
La fotografia del mercato, che ovviamente non può ancora tenere conto della fusione Fastweb-Vodafone (by Swisscom) dice che Tim è il maggiore operatore con il 36,4% degli accessi, seguito da Vodafone con il 16,1% e da Wind Tre e Fastweb rispettivamente con il 14,3% ed il 13,3%; seguono Sky Italia (3,8%), Eolo (3,6%) e Tiscali (3,4%).
È Sky Italia però a mostrare su base annua il maggiore dinamismo (ma solo +0,6%) mentre cresce anche il segmento degli operatori di minori dimensioni, che si valuta rappresentino oltre il 9% del mercato.
Relativamente al segmento delle linee in fibra, c’è ancora Tim al primo posto con il 26,3% del mercato, seguita da Wind Tre (17,2%), Vodafone (17,1%), Fastweb (15,4), Iliad (5,7%) e Sky Italia (5,5%).
Il mercato di rete mobile
Si contano 109 milioni di Sim attive (tra human e m2m), in crescita per oltre di 500mila unità su base annua. Più in dettaglio, le Sim m2m crescono di 730mila unità, mentre le linee human (traffico voce, dati, solo dati) mostrano una flessione di circa 220mila Sim ed oltre il 90% dei casi ricade nella categoria prepagata.
Se si considera il mercato complessivo, anche in questo caso Tim guida il mercato con il 27,1%, seguita da Vodafone (26,4%), Wind Tre (23,7%), Iliad (10,5%), PostePay (4,0%) e Fastweb con il 3,7%.
Considerando il solo segmento delle sim “human” (quasi 59 milioni quelle che producono traffico dati), Wind Tre è invece il principale operatore con il 24,0%, seguita da Tim (23,5%), Vodafone (21,0%) e Iliad con il 14,6%, mentre seguono PostePay (5,5%), Fastweb (5,1%) e CoopVoce (2,8%). Nel periodo gennaio-settembre 2024 il traffico dati giornaliero della telefonia mobile è cresciuto su base annua del 15,6% e di oltre il 160% rispetto al 2020.
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