L’intelligenza artificiale è considerata un alleata strategica anche nella lotta al riciclaggio di denaro e ai crimini finanziari. Tuttavia, sebbene le soluzioni tecnologiche siano oggi più che mature, la loro adozione da parte delle istituzioni finanziarie resta frammentata. Lo conferma il report The Road to Integration realizzato da Sas in collaborazione con Kpmg e Acams, che aggiorna la fotografia tracciata nel 2021 sullo stato di implementazione di AI e machine learning nei processi di conformità Aml (Anti-money laundering).
L’indagine globale, condotta su oltre 850 professionisti della compliance che appartengono all’Association of Certified Anti-Money Laundering Specialists, evidenzia che il divario tra interesse e implementazione effettiva dell’AI/ML si è ridotto solo marginalmente. Il 18% delle organizzazioni ha soluzioni AI in produzione, un altro 18% è in fase di pilot, mentre il 40% non ha piani concreti per l’adozione di queste tecnologie.
GenAI, tra interesse e diffidenza
Se nel 2021 l’intelligenza generativa non era ancora entrata nel radar dei “compliance officer”, oggi rappresenta una nuova frontiera, seppur approcciata con cautela. Il 45% delle istituzioni sta esplorando o testando l’uso della GenAI, ma ben il 55% ha intenzione di utilizzare la GenAI. A pesare sono le incertezze normative, la necessità di mantenere la trasparenza dei processi e i rischi legati alla privacy e ai bias algoritmici. E la dimensione dell’organizzazione influisce sull’approccio: tra le istituzioni con fatturato sotto i 5 miliardi di dollari, il 63% non ha piani per la GenAI, mentre le banche più grandi risultano più proattive. Oltre i due terzi degli intervistati citano il miglioramento della qualità delle indagini e dei risultati normativi o la riduzione dei falsi positivi come motivo principale per l’adozione dell’AI/ML.

Una percentuale in calo rispetto ai rilievi del 2021 e tuttavia la riduzione dei falsi positivi nei sistemi di sorveglianza resta tra gli obiettivi principali per l’impiego dell’AI nei processi Aml: il 31% degli intervistati la indica come priorità, anche se in calo rispetto al 2021 (38%). Migliorare la qualità delle indagini è il secondo driver (36%), con la capacità di rilevare rischi complessi al 21%, in crescita. E le motivazioni per non adottare AI/ML si stanno spostando: i vincoli di budget (34%) restano rilevanti, ma il vero freno è la mancanza di un obbligo normativo percepito (37%). Un dato che stride con l’approccio permissivo dei regolatori (un rilievo che però vale in particolare negli Stati Uniti, dove la Federal Reserve promuove l’uso responsabile dell’AI).
Quando si tratta di classificare le tecnologie di maggior impatto, il machine learning domina con il 58% delle preferenze, mentre l’automazione robotica dei processi (Rpa) si ferma al 28%. Solo il 14% attribuisce un ruolo primario all’elaborazione del linguaggio naturale (Nlp), nonostante il potenziale di questa tecnologia – e della natural language generation – nell’automatizzare compiti complessi come la scrittura delle Suspicious Activity Report (Sar), il task più time-consuming secondo il 43% dei compliance officer. È un’occasione mancata, secondo gli analisti, che potrebbe invece ridurre drasticamente i tempi delle indagini e migliorare la qualità delle segnalazioni.
Valorizzare dati, team, tecnologie
Il vero cambio di passo, secondo Sas e Kpmg, non sarà tanto nell’adozione puntuale di tecnologie AI, quanto nella capacità di integrarle in un ecosistema Aml unificato. Il 31% degli intervistati ha già una capacità di case management integrata tra Aml, frode e sicurezza informatica, mentre un altro 33% lavora tramite team cross-functional.

È il segnale che l’integrazione è considerata la via da seguire per una gestione efficace dei crimini finanziari. “La chiave per liberare tutto il potenziale dell’AI è l’integrazione delle fonti di dati, dei team e delle tecnologie – commenta Stu Bradley, Svp di Sas -. Le aziende che adottano un approccio olistico stanno gettando le basi per un’innovazione responsabile e competitiva”.
Tra gli esempi virtuosi, la ricerca riporta quello di Deutsche Kreditbank (Dkb), seconda direct bank in Germania. Grazie a una piattaforma analitica di Sas, Dkb ha ridotto significativamente i falsi positivi e trasformato il dipartimento compliance da centro di costo a centro di profitto. Una rivoluzione ottenuta tramite personalizzazione dei processi, automazione e gestione intelligente degli alert. Anche Bangkok Bank ha adottato una strategia integrata, centralizzando il processo decisionale Aml su un’unica piattaforma. L’obiettivo è offrire punteggi di rischio personalizzati per cliente, prodotto e comportamento, aumentando la reattività e la precisione delle indagini.
Governance e trasparenza
Per Sas e Kpmg, la fiducia nell’AI resta la condizione essenziale per la sua adozione. Questo significa adottare modelli interpretabili, con governance robusta e documentazione trasparente. L’uso di strumenti come le model card auto-generate e i copilotAI per la gestione dei modelli rappresenta un nuovo standard per assicurare controllo e compliance.

“La vera sfida non è solo tecnica, ma culturale – spiega Beth Herron, Aml Lead di Sas –. L’AI non deve sostituire gli esperti, ma potenziarli. Serve un ‘human-in-the-loop’ per contestualizzare le analisi, spiegare i risultati e mantenere la responsabilità delle decisioni”. Nel complesso, l’adozione dell’AI nei processi Aml procede lentamente – ma non senza le corrette motivazioni. La natura regolamentata del settore bancario, la complessità dei sistemi legacy e la frammentazione dei dati sono ostacoli concreti. Tuttavia, con l’arrivo di piattaforme low-code/no-code e strumenti di orchestrazione dati più accessibili, anche le realtà più piccole possono iniziare a colmare il divario. Chi investe oggi in AI e integrazione Aml sarà in una posizione di vantaggio competitivo nei prossimi 5-10 anni. Il rischio non è adottare troppo presto, ma restare indietro.
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