Dopo mesi di dialogo arrivano le prime multe da parte della Commissione europea ad Apple e Meta, per aver violato le norme del Digital Markets Act (Dma), l’impianto normativo entrato in vigore nel maggio 2023 con il quale l’Unione europea regolamenta il comportamento delle big tech nel vecchio continente. 

Una norma nata per frenare lo strapotere dei gatekeeper, ossia di quelle aziende che controllano i punti di accesso fondamentali ai mercati digitali (Apple, Meta, Amazon, Alphabet/Google, ByteDance/TikTok e Microsoft), per cercare di prevenire abusi di posizioni dominanti e garantire una concorrenza più equa a provider più piccoli, utenti e sviluppatori, lasciati liberi di scegliere e competere.

Ora le prime multe, a valle di indagini avviate più di un anno fa (ben prima dei dazi della nuova amministrazione Trump).

Multe rispettivamente da 500 milioni di euro per Apple e da 200 milioni di euro per Meta (casa madre di Facebook, Instagram, Whatsapp), che suonano maxi ma rimangono di entità modesta rispetto al fatturato globale dei due colossi americani (391 miliardi di dollari per Apple, 164,50 miliardi di dollari per Meta). Dimostrando però, nel loro essere apripista, la volontà della Commissione di controllare il corretto rispetto delle big tech alla legge sul digitale europeo. Prime multe che fanno scuola.

Le accuse sono diverse secondo Bruxelles.

Per Apple si tratta di aver violato le disposizioni anti-steering del Dma. L’azienda, che era stata invitata a introdurre l’interoperabilità dei suoi dispositivi per adeguarsi alle regole europee, ha continuato ad impedire agli sviluppatori di app di comunicare liberamente con i propri utenti per proporre offerte esterne all’App Store di Apple. In violazione del Dma che impone, invece, che gli sviluppatori possano promuovere liberamente i propri servizi anche esterni all’ecosistema della piattaforma dominante, senza costi o restrizioni imposte dal gestore della piattaforma stessa. Per questo motivo, oltre alla sanzione, Apple dovrà rimuovere ogni barriera tecnica e commerciale che impedisca la libera comunicazione tra sviluppatori e utenti.

Le accuse contro Meta, invece, riguardano la non conformità del modello pubblicitario adottato dal gruppo (“pay or consent“, da novembre 2023) che prevede una doppia opzione: il consenso gratuito a ricevere pubblicità personalizzata oppure il pagamento mensile della sottoscrizione per evitare pubblicità. La richiesta di offrire agli utenti un’alternativa gratuita meno invasiva dal punto di vista della raccolta dei dati personali, richiesta dall’Europa, è ancora sotto esame, portando l’UE a considerare il modello adottato oggi non in linea con i princìpi di scelta libera e consapevole richiesti dal Dma.

Entrambe le big tech hanno annunciato l’intenzione di presentare ricorso, sostenendo di tutelare privacy e sicurezza degli utenti (Apple) e il modello della pubblicità personalizzata (Meta), contrarie a multe che sembrano tasse mascherate, sulla falsariga di quanto ha affermato oggi la Casa Bianca definendo le sanzioni dell’anti-trust europeo “una nuova forma di estorsione economica”  non tollerabile, etichettando il Dma come una regolamento “discriminatorio“. 

Apple e Meta avranno 60 giorni per adeguarsi alle richieste europee, a rischio di ulteriori sanzioni, che possono arrivare fino al 10% del fatturato globale annuo dell’azienda, facendo volare il dovuto da milioni a miliardi. Apple lo scorso anno ha registrato un utile netto di 93,7 miliardi di dollari. Meta di 62,36 miliardi. Modesti i 500 e i 200 milioni di multa richiesti dall’EU.

Replica Apple: “Gli annunci di oggi sono l’ennesimo esempio di come Bruxelles stia ingiustamente prendendo di mira Apple con decisioni che ledono la privacy e la sicurezza degli utenti. Abbiamo apportato decine di modifiche per conformarci alla legge e, nonostante innumerevoli riunioni, la Commissione continua a spostare i paletti in avanti”.

Replica Meta:”Bruxelles penalizza le aziende americane di successo, mentre consente a quelle cinesi ed europee di operare con standard diversi. Non si tratta solo di una multa: costringerci a cambiare modello di business equivale, di fatto, a imporci una tariffa miliardaria”.

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