La carenza di competenze, le nuove modalità di lavoro (remoto e smart) e le incertezze a livello globale ridisegnano e trasformano il tema dell’occupazione e le aziende si trovano oggi ad affrontare una sfida complessa: attrarre e selezionare i talenti più adatti alle proprie esigenze. Il fenomeno non è solo congiunturale, ma strutturale. I cambiamenti nei modelli organizzativi, l’evoluzione delle skill richieste e l’accelerazione tecnologica stanno rendendo i processi di assunzione complessi, specialmente in mercati maturi come quello italiano. Sono alcuni dei temi indagati in uno studio specifico proposto da Indeed in collaborazione con YouGov. Condotta nell’estate 2024, la ricerca Smarter Hiring With Data-Driven Insights, coinvolge un campione rappresentativo di oltre 5.600 datori di lavoro e 9.600 persone in cerca di impiego, distribuiti in 11 Paesi: oltre all’Italia (i cui dati grezzi sono stati rielaborati ad hoc in separata sede), Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Francia, Paesi Bassi, India, Singapore, Giappone e Australia. In Italia, in particolare, sono stati intervistati 506 datori di lavoro e più di mille jobseeker. L’indagine ha come obiettivo comprendere l’impatto dell’AI nei processi di recruiting, identificare le principali difficoltà affrontate dai recruiter e analizzare l’adozione di strumenti intelligenti nei diversi settori industriali. Oltre a questo, l’analisi approfondisce i benefici percepiti e le criticità emerse, fornendo un quadro aggiornato delle tendenze in atto.

Le difficoltà per chi assume

Le principali evidenze indicano che per il 58% dei datori di lavoro a livello globale le difficoltà di assunzione sono aumentate negli ultimi tre anni. In Italia, questa percezione è ancora più accentuata: ben il 63% dei recruiter lamenta ostacoli crescenti nella selezione. Il motivo principale? La carenza di candidati con skill adeguate. Il 76% degli intervistati evidenzia infatti un mismatch crescente tra profili disponibili e requisiti richiesti, una percentuale che nel nostro Paese risulta superiore di 10 punti rispetto alla media globale. In questo scenario, il ricorso all’intelligenza artificiale (AI) non è più un’opzione futuristica, ma una necessità concreta per rendere i processi di selezione più efficienti, efficaci e, soprattutto, capaci di superare i limiti umani e cognitivi.

Come viene utilizzata l’AI per il recruitment

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel recruitment si sta rapidamente diffondendo, anche se con velocità e modalità differenti nei vari Paesi. A livello globale, il 38% dei recruiter ha già utilizzato strumenti basati su AI per ottimizzare le proprie attività. In testa c’è l’India con un tasso di adozione del 68%, seguita da Australia (52%) e Stati Uniti (45%). L’Italia, pur posizionandosi al di sotto della media globale, mostra segnali incoraggianti: il 29% dei recruiter dichiara di aver fatto ricorso a tecnologie AI.

AI e recruitment utilizzo per country
AI e recruitment – l’utilizzo per country (fonte: Indeed, 2024)

Per quanto riguarda invece l’analisi per verticali, la penetrazione dell’AI è particolarmente significativa in ambiti ad alta intensità tecnologica: il 58% degli operatori nell’IT e telecomunicazioni dichiara di utilizzarla, seguiti dai settori dei servizi finanziari (49%) e della contabilità (48%). Anche comparti più tradizionali come le costruzioni (46%) e il marketing e PR (42%) stanno iniziando a integrare queste soluzioni. Gianluca Bonacchi, talent strategist advisor di Indeed, sottolinea come “l’AI può essere un valido strumento per il recruitment. L’obiettivo dell’utilizzo di questi strumenti, tuttavia, non deve essere quello di sostituire l’elemento umano, ma di potenziarlo; con benefici sia per i candidati, sia per i team di recruiting”. Bonacchi richiama quindi a un approccio ibrido, in cui AI e competenza umana si integrano per garantire selezioni più efficaci e inclusive.
Interessante quindi studiare come, ora, come l’AI viene effettivamente utilizzata nei processi di selezione.

Ai e recruitment per verticali
Ai e recruitment – L’utilizzo per verticali (fonte: Indeed, 2024)

I recruiter identificano diversi ambiti applicativi: in primis l’identificazione dei candidati (1), con il 50% degli intervistati che già utilizza l’AI per analizzare grandi volumi di curricula e isolare i profili più pertinenti. La fase di valutazione (2) indirizzata con l’AI dal 49% del campione per sfruttare algoritmi in grado di valutare competenze e soft skill. Ma l’AI si rivela utile anche nei processi di personalizzazione dei percorsi di selezione (3), per esempio attraverso chatbot intelligenti che interagiscono con i candidati e nella scrittura delle job description (4), con strumenti che aiutano a redigere annunci più chiari e inclusivi (45%). Ultimo, ma importante la mitigazione dei bias (5) per cui l’AI viene considerata come alleata per limitare pregiudizi impliciti nel processo di selezione. Nonostante le potenzialità, l’adozione dell’AI non è immediata. Richiede tempo per l’addestramento specifico degli strumenti, e qui emerge un altro dato interessante: il 98% dei recruiter è disposto a investire questo tempo per migliorare i risultati, con il 51% pronto a dedicare risorse significative.

Indeed, AI e selezione serve approccio etico

Oltre a fornire dati quantitativi, l’indagine di Indeed si arricchisce di riflessioni strategiche, riprende Bonacchi: “L’AI può essere impiegata per aprire nuove prospettive di carriera ai candidati e allo stesso tempo per aiutare i recruiter a prendere decisioni più efficaci e imparziali”.

Gianluca Bonacchi, talent strategist advisor di Indeed
Gianluca Bonacchi, talent strategist advisor di Indeed

L’intelligenza artificiale non come uno strumento neutro, ma come abilitatore di nuove dinamiche occupazionali e, potenzialmente, di maggiore equità. Tuttavia, Bonacchi non nasconde i rischi: “Un approccio responsabile è fondamentale per garantire processi di selezione equi ed efficaci per tutti”. In questo senso, Indeed adotta una governance strutturata, e si affida ad un comitato etico composto da esperti multidisciplinari – ingegneri, sociologi, antropologi – con il compito di monitorare l’impatto dell’AI e orientarne l’uso in modo inclusivo e trasparente. Questo approccio etico è cruciale soprattutto in fasi di selezione altamente automatizzate, dove il rischio di errori sistemici o discriminazioni algoritmiche è reale. La supervisione umana rimane quindi un elemento imprescindibile per garantire l’affidabilità e la giustizia dei processi.

Il vero discrimine quindi è proprio la capacità di adottare soluzioni tecnologiche all’interno di un framework etico e umano-centrico. Torna sul tema Bonacchi: “E’ proprio l’approccio ibrido, che combina AI e sapere umano, a garantire i migliori risultati”. Una visione che invita a superare le contrapposizioni tra uomo e macchina, per costruire processi di selezione più giusti, intelligenti e orientati allo scenario futuro che va delineandosi.

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