Il mercato dell’intelligenza artificiale sta crescendo a livello italiano a ritmo sostenuto in termini di investimenti. Supererà il miliardo di euro quest’anno, sfiorerà i due miliardi di euro nel 2027. Ce lo siamo detti più volte.
Ma parlando con le aziende che incontriamo nel nostro lavoro, tra il dire e il fare il percorso di avvicinamento all’adozione dell’AI suscita ancora oggi qualche timore pur nella consapevolezza che l’AI è qui per restare.
Un esempio concreto. I tagli nelle aziende, soprattutto nelle big tech, seguono onde alterne nel corso degli anni, vuoi per la definizione di nuovi ambiti di business e tecnologie con dirottamento degli investimenti, vuoi per consolidamento di strategie e mercato. Ma il caso dei licenziamenti annunciati da Microsoft in settimana ha in parte confermato il timore dei dipendenti che l’AI possa sostituire in modo rilevante parte del lavoro di ingegno. Pur rimanendo l’AI un’alleata nel lavoro.
Se lo chiede Bloomberg nel commentare l’annuncio del taglio del 3% dei dipendenti a livello mondiale, che toccherà 6mila persone, dal momento che la categoria più colpita dai licenziamenti sarebbe quella degli ingegneri software. Dei 2mila dipendenti che saranno lasciati a casa a Seattle, headquarter di Microsoft nello stato di Washington, il 40% saranno sviluppatori.
Il taglio – che impatterà comunque su tutti i livelli, team e aree geografiche – è il secondo più significativo nella storia di Microsoft, dopo la ristrutturazione del 2023 che aveva coinvolto 10mila persone. E, seppure deciso in un momento in cui i risultati dell’azienda hanno superato le aspettative (utile netto trimestrale di 25,8 miliardi, crescono le nuove tecnologie tra cui l’AI e meno il cloud Azure), è in linea con la strategia annunciata poco tempo fa da Amy Hood, Cfo di Microsoft, di aumentare l’agilità dell’azienda attraverso una struttura più snella. In un momento in cui Microsoft sta pianificando investimenti ingenti per le infrastrutture, pari a 80 miliardi di dollari per costruire data center (necessari per gestire l’AI).
Insomma, l’AI colpisce in due direzioni: da una parte dirotta gli investimenti di Microsoft per sostenere lo sviluppo dell’AI, dall’altra alleggerisce la forza lavoro utilizzando l’AI per scrivere, revisionare, testare il software di Microsoft. Il tutto sotto il controllo vigile degli azionisti.
Ora. La domanda che si pone Bloomberg (o la stessa Cnbc) è così fuori luogo? Questi tagli sono la conseguenza diretta dell’uso dell’AI anche in Microsoft per lo sviluppo del software?
Già Satya Nadella, ceo di Microsoft, aveva confermato che il 30% del codice di Microsoft viene scritto già oggi utilizzando tool di intelligenza artificiale. Non gli ingegneri. Difficile smentire il dubbio del legame tra AI e ristrutturazione. Vedremo.
Il tema del lavoro è sentito ovunque. Guardiamo all’Italia. Nel dibattito che riguarda il Ddl sull’AI approvato a marzo al Senato e ora in discussione alla Camera, le organizzazioni sindacali richiedono un confronto serio riguardo all’integrazione di sistemi di AI nelle aziende per l’organizzazione del lavoro. Accanto a un dibattito più ampio sui temi della governance, perché Agid e Acn – le due agenzie governative individuate per fornire indirizzi operativi, vigilare e sanzionare chi sviluppa AI – devono trovare le modalità di interfacciarsi con altre autorità da sempre attente a privacy e dati.
Più si diffonde l’AI, più crescono in modo rilevante le domande che ci poniamo sull’intelligenza artificiale. Mi ero illusa di avere più risposte che dubbi con il passare del tempo.
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