Gli advertiser possono avvalersi del programmatic advertising ricorrendo a diversi modelli: l’outsourcing, in base al quale affidano alle agenzie tutte le attività di programmatic, il modello in house, che prevede l’internalizzazione del programmatic e infine il modello ibrido, che intende mediare tra i primi due.
L’outsourcing, il modello in passato più diffuso, continua ad essere quello privilegiato nel momento in cui l’azienda ha carenza di risorse e competenze interne. L’internalizzazione è una tendenza che sta sempre più prendendo piede, mentre l’ibrido rappresenta una fase di passaggio, propedeutica per arrivare ad una situazione di full in-house.
Nel modello ibrido le funzioni di supervisione e gestione – come la definizione dei Kpi e il controllo diretto dei contratti con le Dmp (Data Management Platform) e le Dsp (Demand-Side Platform) – hanno maggiore probabilità di essere internalizzate, le attività “tattiche” – tra le quali la pianificazione e validazione dell’audience – sono spesso condivise o esternalizzate, mentre è più probabile che le attività altamente specializzate – come lo sviluppo delle tecnologie e la gestione dei dati – vengano esternalizzate.
Tra le aziende stanno passando dall’outsourcing all’insourcing, passando per l’ibrido si possono menzionare AB InBev, Bayer, Duracell e Vodafone.
AB Inbev, ridurre i costi e aumentare l’efficacia
Da quasi quattro anni AB InBev gestisce in-house la programmatic in Usa, ed ora sta estendendo questo modello ad altri 11 Paesi. L’obiettivo è ridurre i costi, aumentare l’efficacia del marketing ed analizzare rapidamente i dati relativi all’impatto delle campagne pubblicitarie sul business all’interno delle singole country, cosa questa più difficile da ottenere quando ci si affida a molteplici intermediari.
La strategia di programmatic advertising verrà decisa a livello di gruppo, mentre la sua execution sarà affidata a team locali e regionali, che conoscono culture e normative dei singoli mercati. Per le media agency è previsto un ruolo strategico e di consulenza.
Bayer, con l’insourcing più efficace il marketing
Nel 2018 Bayer ha stretto un accordo con la società MightyHive per avviare un percorso che la porterà ad internalizzare le attività di digital e programmatic planning e buying, esecuzione delle campagne, strategy e analytics, oltre alle attività search, il tutto entro il 2020. Grazie all’insourcing Bayer intende rendere più efficaci ed efficienti le attività di marketing, avere il controllo dei rapporti con le piattaforme tecnologiche e garantirsi una maggiore trasparenza sui dati degli utenti.
L’accordo prevede che MighhtyHive si faccia carico di queste attività nel corso 2019 per poi affidarle progressivamente ad un team interno a Bayer. L’azienda sta infatti lavorando alla costituzione di una propria organizzazione, tutta dedicata al mondo digital, assumendo professionisti con background di agenzia e tecnologico.
Duracell, i vantaggi del modello ibrido
Tra il 2017 e il 2018 Duracell è passata dall’outsourcing ad un modello ibrido. L’azienda ha siglato, a livello di Gruppo, un contratto diretto con un’unica Dsp, per avere maggiore trasparenza e potere negoziale; gestisce internamente la definizione degli obiettivi delle campagne, così come l’attività di misurazione dei risultati ed il reporting: a questo scopo ha creato una digital scorecard a livello global che include una serie di metriche per misurare in maniera uniforme le performance dell’advertising online del brand nelle diverse country e sui differenti touch point.
Nel 2019 Duracell ha infine deciso di affidarsi alla britannica Jellyfish per l’implementazione delle campagne in programmatic in Europa, Sud Africa e Asia. L’obiettivo dell’agenzia sarà quello di mettere in piedi il “Powered Marketplace” Duracell, un marketplace affidabile capace di garantire brand safety, efficienza dei costi e il raggiungimento degli obiettivi qualitativi delle campagne.
Vodafone, la strategia sulle attività di buying
Vodafone ha deciso nel 2018 di riportare in casa la gestione delle attività di buying di gran parte degli investimenti pubblicitari sui media digitali; in particolare la multinazionale britannica intende occuparsi direttamente di quasi tutti i cosiddetti biddable media, cioè search, social e programmatic. Il tutto vale circa due terzi del budget pubblicitario digitale dell’azienda. Allo stesso tempo Vodafone continuerà ad avvalersi dell’agenzia Wavemaker per gestire la restante porzione del budget pubblicitario digitale, oltre che tutti i media offline.
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