Dario Franceschini, Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ritorna, dopo l’ultima rideterminazione effettuata nel 2014, sulla questione relativa all’aumento dei compensi per copia privata che gravano sugli utenti finali per l’acquisto dei dispositivi elettronici di registrazione e di supporto alla registrazione di fonogrammi e videogrammi. Il prossimo 20 febbraio si terrà la discussione in aula della bozza del decreto che prevederà, qualora venga approvata, nuovi aumenti, che si sommeranno a quelli già attuati dal medesimo Ministro sei anni fa.
Per fare maggiore chiarezza, per “compenso per copia privata” si intende un compenso che si applica all’acquisto di device elettronici sui quali possono effettuarsi registrazioni di opere protette dai diritti d’autore. Tali compensi vengono successivamente ridistribuiti dalla Siae agli autori di tali opere e a chiunque ne abbia diritto a titolo di “rimborso” per la perdita derivante dalle ulteriori opere originali che si sarebbero potute acquistare se non fosse stato possibile effettuare, appunto, tali copie private di opere originali.
Il primo punto stridente della questione è proprio inerente alla tendenza, sempre più diffusa, dei consumatori a privilegiare alternativi strumenti a disposizione di tutti, come ad esempio lo streaming, che riduce notevolmente la percentuale di produzione di copie private. Gli aumenti previsti dalla nuova bozza del Decreto Franceschini risultano perciò inversamente proporzionali rispetto al trend attuale dal quale emerge chiaramente che le copie private sono ormai quasi inesistenti.
Altra questione, non meno rilevante, attiene all’individuazione dei soggetti tenuti alla corresponsione dei compensi per copia privata. Il sito Web della Siae appare piuttosto chiaro sulla questione: “Il compenso per copia privata è dovuto da chi fabbrica o importa nel territorio dello Stato, allo scopo di trarne profitto, gli apparecchi di registrazione e i supporti vergini”, intendendo per importatore “chiunque in territorio italiano sia destinatario di apparecchi, supporti o memorie assoggettati al compenso per copia privata […]”.
Appare evidente, da tale definizione, che il destinatario dell’obbligo di corresponsione di tali compensi sia non solo chi fabbrica e/o produce tali prodotti ma anche il consumatore che acquista tali dispositivi. Conseguenza di ciò è che il prezzo finale d’acquisto venga “gonfiato” e posto a carico dei consumatori, che si ritrovano ad essere “vittime” più o meno consapevoli di un sistema che non fa altro che gravare sulle loro finanze sulla base della mera possibilità che l’acquisto di un dispositivo elettronico sia destinato alla produzione di una o più copie private.
In passato non sono certamente mancate le contestazioni e i dibattiti relativi a tale modalità di lucro a carico del consumatore ed infatti la stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. II, 22 settembre 2016, C-110/15, si è espressa relativamente alla previsione dell’esenzione dal pagamento del prelievo di copia privata, seguita subito dopo dal Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 ottobre 2017, n. 4938, il quale ha dichiarato illegittimo l’art. 4 dell’Allegato tecnico al D.M. 30 dicembre 2009, anch’esso inerente alla rideterminazione del compenso per copia privata, da un lato, nella parte in cui ha subordinato l’esenzione dal compenso per gli apparecchi destinati ad uso professionale alla conclusione di appositi protocolli lasciati alla libera negoziazione tra la Siae ed i soggetti debitori e, dall’altro, nella parte in cui ha limitato ai soli utenti finali il rimborso del suddetto compenso laddove questo sia stato indebitamente versato escludendone i produttori e distributori.
Il medesimo Consiglio di Stato ha ordinato, inoltre, al Mibact di individuare i casi e modi di esenzione “ex ante” dalla copia privata per usi esclusivamente professionali e di rimborso della copia privata anche a favore del produttore e dell’importatore, secondo criteri oggettivi e trasparenti.
Benché degli sforzi siano stati fatti al fine di tutelare i consumatori, finalizzati comunque solo alla previsione di un’esenzione per motivi professionali e non anche alla tutela del privato cittadino che fa un uso esclusivamente personale del dispositivo acquistato, il percorso appare ancora piuttosto tortuoso e, anzi, il fenomeno non appare sulla via del ridimensionamento poiché tale nuovo Decreto Franceschini, qualora venisse promulgato, espanderà ancor di più il campo d’azione su cui verrà applicato il compenso per copia privata. Infatti, i consumatori dovranno versare tale compenso anche per l’acquisto di nuovi dispositivi, come gli smartwatch, non inclusi finora nelle categorie di prodotti sottoposte alla corresponsione di tale indennizzo.
Occorre sottolineare che chi risulta maggiormente danneggiata da tale sistema è certamente la categoria degli utenti, la quale si ritrova, suo malgrado, ad essere tassata sulla base della mera presunzione che chiunque acquisti un dispositivo elettronico lo faccia anche con lo scopo di effettuare copie di materiale protetto dal diritto d’autore, senza tenere in considerazione che la percentuale relativa al diritto d’autore venga già versata al momento dell’acquisto dell’opera originale. Si sottopone, in tal modo, il consumatore ad una doppia tassazione, che sarà a breve ulteriormente incrementata, per il medesimo motivo.
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