Dopo una lunga fase sperimentale che ha visto l’Italia al terzo posto in Europa per numero di progetti pilota (Fig.1) e per numero di licenze distribuite, il 5G è entrato, se pur a ritmi ancora contenuti, in una fase di mercato, dove la competizione tra operatori si gioca non più sulle tariffe ma sulla capacità di creare valore su una piattaforma di connettività disruptive attraverso le sue principali valenze, la velocità di download e upload, i volumi e la complessità dei dati trasportati, la riduzione della latenza e la densità dei sensori distribuiti.
Si tratta in altri termini da parte dei Telco provider a cui sono state assegnate le licenze, di rappresentare al mercato il 5G non come tecnologia di connettività più evoluta e performante ma come piattaforma di trasformazione digitale in un contesto di soggetti connessi in ecosistemi aziendali territoriali o di Sistema-Paese. Paradigma molto diverso rispetto al 4G che fa prevalente leva sul mercato consumer. Si tratta anche e specularmente da parte del mercato di comprendere questo potenziale.
A questo quesito di fondo ha cercato di dare risposta NetConsulting cube nel 1° Rapporto sul 5G nelle grandi imprese italiane che da un lato ha rilevato progetti, visioni e casi d’uso già operativi in 7 settori economici e dall’altro ha posto in luce alcune questioni aperte la cui soluzione è essenziale per il decollo del mercato.
La prima questione è relativa ai Telco provider che devono decidere come configurare il loro portafoglio di offerta e le strategie di go-to-market definendo quale sia il mercato prioritario da indirizzare, se quello consumer o quello business. E la risposta che risulta evidente dai progetti pilota sviluppati in Europa nella fase sperimentale e dai progetti di mercato attualmente in fase di sviluppo in Italia, rilevati da NetConsulting cube, è che il modello iniziale del mercato non sarà né B2B né B2C puri, ma sarà B2B2C (business-to-business-to-consumer), ovvero un mercato dove le aziende, in primis le grandi organizzazioni, utilizzeranno il 5G non solo per la digitalizzazione dei processi interni ma soprattutto per sviluppare prodotti e servizi digitali da offrire ai propri clienti. Analogamente, le pubbliche amministrazioni utilizzeranno il 5G in chiave B2G2C (business-to-government-to-citizen) per fornire cioè servizi digitali ai cittadini.
Dunque il target primario nella fase di decollo del mercato del 5G sarà quello delle grandi organizzazioni pubbliche e private; ma è altrettanto evidente che il contesto a regime in grado di utilizzare al meglio il grande potenziale del 5G sarà quello di realtà connesse basate su transazioni e interazioni digitali tra aziende, come nel caso delle filiere produttive intersettoriali che si stanno formando, o tra cittadini/consumatori, imprese e pubbliche amministrazioni come nelle smart city guidate da sindaci illuminati, non a caso oggetto di numerosi progetti pilota in Italia.
Rispetto a questo modello a tendere si pone una seconda importante questione che è quella di far percepire il 5G come una tecnologia in grado di migliorare in modo esponenziale la vita dell’intera comunità di un’azienda o di un Paese in una visione di ecosistema connesso. Qui non si tratta soltanto di vincere la battaglia contro le ideologie negazioniste diffuse in molti Paesi europei, tra i quali l’Italia, ma di fare percepire il reale vantaggio del 5G come piattaforma per l’innovazione digitale ai decisori aziendali che, come rileva il rapporto di NetConsulting cube, ne hanno una scarsa conoscenza e ne intravedono molte barriere all’adozione più che benefici. Il task dei Telco provider che sono i pionieri del mercato è dunque innanzitutto quello di modificare questa scarsa o sbagliata percezione e contribuendo a creare una nuova cultura sensibile all’uso del digitale attraverso campagne e contatti diretti con i clienti da parte delle forze commerciali.
E qui si apre una terza questione, che è quella, sempre a carico dei Telco provider, di cambiare l’habitus mentale di risorse commerciali abituate da anni a vendere connettività convertendoli in “consulenti” che propongono soluzioni innovative a valore basate sulla connettività 5G. Si tratta di investire in modo intensivo su piani di reskill e di creazione di nuove competenze.
Ma c’è una quarta questione aperta, di natura più strutturale e complessa correlata alle precedenti, e cioè che se il 5G viene interpretato come piattaforma per l’innovazione digitale, esso ridisegna la catena del valore nel quale si inserisce da protagonista, che va dai sensori Iot al cloud, alla cybersecurity, all’intelligenza artificiale sino alla system integration e alla consulenza.
Ne consegue che le alternative di posizionamento che si pongono ai Telco provider sono due: la prima è quella di occupare in modo diretto con una propria offerta tutte le funzioni e le componenti della filiera nello sviluppo di progetti digitali sino alla consulenza e alla system integration, facendo leva sul vantaggio competitivo conferito dalla possibilità di sviluppare soluzioni personalizzate end-to-end che integrano nativamente 5G-Ict e digitale basate sullo slicing della piattaforma 5G.
L’alternativa è quella di stringere partnership strategiche con operatori specializzati complementari alla propria offerta sulle varie componenti della filiera mantenendo il ruolo di capofila. Su questa alternativa si sta giocando la possibilità dei Telco provider di giocare un ruolo da protagonisti in un mercato che non è soltanto quello del 5G ma che si sta ridisegnando in toto attorno al 5G e che sta attraendo molti nuovi operatori che provengono da mondi diversi. Il 2021 sarà l’anno in cui cominceremo ad avere risposte su chi saranno i leader di mercato e a questo monitoraggio darà un contributo anche la seconda edizione del Rapporto di NetConsulting cube sul 5G nelle grandi aziende italiane che stiamo disegnando.
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