Il bisogno di alimentare il rapporto con i clienti e con i partner, la capacità di “ascoltare il territorio” e le esigenze delle aziende che riconoscono l’importanza di abbracciare i progetti di trasformazione digitale (ma anche di non riuscire ad individuare da sole come partire e quali strade scegliere) hanno portato Red Hat ad incrementare i propri sforzi verso il mercato. Così un anno e mezzo fa l’azienda ha deciso di creare un team dedicato a quel settore che vede protagoniste aziende in forte espansione e con grandi potenzialità di innovazione che non siano le prime in termini di dimensione, realizzando l’idea proprio ad emergenza sanitaria in corso. La squadra è composta da otto persone, ha come obiettivo e metodologia di lavoro il fatto di operare per suddivisione geografica con le unità quindi dislocate su tutta la penisola ed il chiaro intento di coprire tutto il mercato italiano con una presenza costante, per essere più efficaci.
Ne parla Fabio Grassini, Senior Sales Manager di Red Hat Italia: “La motivazione, per una decisione come questa, ovviamente condivisa a livello Worldwide/Emea, è di coprire tutta quella fascia di mercato che, a livello europeo, ma ancora di più per l’Italia, ha un peso non indifferente, ed in casa Red Hat è denominata emerging market“.
Red Hat, che da sempre segue il segmento Pmi con i partner, ha avviato infatti la sua attività “enterprise” prima con l’accounting delle grandi realtà, della PA, del finance (con i grandi poli bancari) e dei principali settori verticali; nel tempo ha esteso il proprio focus su realtà con una consistenza di fatturato medio/alta (a voler quantificare ad ogni costo, tra i 50 ed i 500 milioni di euro, Ndr.), così come su realtà magari con fatturati anche superiori al miliardo di euro che però fino a questo momento non erano state avvicinate, anche solo perché operanti in segmenti di mercato meno “reattivi al cambiamento”.
Vi fanno parte, infatti, anche le aziende definite “enterprise white space” che superano i 500 milioni di euro di fatturato, ma che fino ad oggi su Red Hat hanno investito poco, per cui serve un’intensa attività di sviluppo e persone dedicate.
“Focalizzarsi in queste direzioni – prosegue Grassini – è fondamentale ora perché all’interno di questo contesto vi sono realtà grandi e anche molto grandi che hanno potenzialità di sviluppo enorme da coltivare, gestire, accompagnare, e da consigliare perché siano in grado di seguire i percorsi di trasformazione più adatti passo a passo”.
La conoscenza di Red Hat è infatti sì diffusa, ma non sempre approfondita. Per esempio, per quanto riguarda la proposizione per liberare le potenzialità maggiori dell’hybrid cloud, del journey to the cloud anche tramite le tecnologie di containerizzazione. E per questo è importante “anche solo raccontare e fare conoscere i non pochi casi di successo, più che proponendosi come venditori, con un approccio consulenziale facendo leva su un portafoglio che copre a livello software una larga scala di esigenze aprendo una serie di importanti opportunità per i clienti”.
Non si tratta quindi di “attivarsi semplicemente come vendor”, quanto piuttosto di “comprendere insieme alle aziende le loro necessità ed individuare percorsi realistici e corretti per innovare sulla scorta dell’esperienza maturata sul campo”. Con il vantaggio, per i clienti, di “abbracciare una soluzione open – non solo perché open source, ma anche perché priva di lock-in – lasciando aperte le porte anche a scelte diverse”. E’ un tipo di approccio che moltiplica le opportunità invece di limitarle, per assecondare il quale è evidente come sia stato necessario un investimento sulle persone “per incontrare altre persone impegnate ad innovare, prima ancora che altri clienti“. In questo modo si sono aperte opportunità importanti.
L’approccio consulenziale consente effettivamente di guadagnare nuovi spazi sul mercato e di “poter aggiungere alla proposizione tecnologica una componente chiave che è il valore della formazione, del training, non semplicemente dei servizi. Il servizio certo è indispensabile per il buon funzionamento delle tecnologie e per fortuna è erogato nel migliore dei modi anche a quattro mani con i partner” con Red Hat però le aziende sanno che è possibile “costruire un rapporto basato non solo sulla proposizione tecnologica tout court, quanto anche sulla possibilità di imparare a sfruttarla nel migliore dei modi, in tutte le sue caratteristiche”.
Oggi in Italia non si può identificare un vertical più sensibile di altri. Non è possibile di fatto “omogeneizzare” più di tanto i percorsi che sono le singole aziende ad intraprendere. Vi sono però esempi importanti nell’ambito della PA, come di aziende private, che dimostrano apprezzare l’approccio Red Hat; realtà che chiedono “una valutazione di processo, disegni architetturali e soluzioni, e si aspettano opinioni oggettive”. In alcuni casi si deve avere anche la capacità di rispondere che, pur non essendo Red Hat, le soluzioni scelte sono del tutto adeguate, “perché solo un approccio trasparente che contribuisce a lavorare in un clima di fiducia reciproca è win/win per il business come per le attività di trasformazione digitale”. La neutralità paga.
Questo ha permesso di incontrare una serie di nuovi clienti ed elaborare nuove attività di business (perché ogni componente del team ha piena autonomia sul territorio), lavorando sia direttamente con il cliente ma anche attraverso l’ecosistema dei partner.
“All’interno del ‘customer set’ Red Hat oggi vi è qualsiasi tipologia di realtà – specifica Grassini – ci sono la PA nazionale, le PA locali e regionali, ma anche piccoli gruppi bancari, le assicurazioni, realtà del pharma, la “motor valley” e tante realtà del manifatturiero nostrano, che ha un grande peso in Italia, lavora ovviamente in modo diverso da come operano i grandi sistemi bancari, ma evolve ed ha bisogno di innovare sfruttando edge ML e AI. Riuscire a far comprendere che anche solo una componente del portafoglio Red Hat (per esempio Ansible per l’automazione, OpenShift per lo sviluppo cloud-native, etc.) è in grado di indirizzare correttamente queste esigenze, fino ad oggi ha sempre aperto, in un virtuoso effetto domino, una serie di altre occasioni, contribuendo ad innalzare ulteriormente l’attenzione sulla proposizione Red Hat.
È evidente come l’enablement dei partner risulta utile quindi all’azienda come al canale, anche perché “l’offerta è articolata e merita di essere esplorata nella sua interezza, così da riuscire anche a proporre ciò che realmente serve al cliente in una determinata fase di progetto”, attingendo dal framework Red Hat che sostanzialmente è composto da tre pilastri:
– Il primo è rappresentato da soluzioni per lo sviluppo di applicazioni moderne, integrate ed integrabili, containerizzate e basate su microservizi, che possono sfruttare nuovi paradigmi come AI, ML, Serverless, Edge Computing, IoT, AR / VR e che possono adattarsi in modo “elastico” alle condizioni sempre più variabili nelle quali le aziende si trovano ad operare;
– il secondo è costituito da tecnologie per la costruzione di infrastrutture cloud ibride e aperte che permettano di sfruttare qualsiasi tipo di risorsa computazionale disponibile e gestire o accedere alle applicazioni che ho appena citato in qualsiasi momento, ovunque e su o da qualsiasi dispositivo;
– il terzo si concretizza con strumenti di gestione e automazione di infrastrutture informatiche e processi, che possono abbattere le attività ed i costi legati a questo tipo di operazioni ma, al contempo, possono innalzarne il grado di intelligenza e affidabilità.
Si pensi anche solo a quelli, numerosi, che riguardano i progetti Sap in cloud, fondamentali per il mondo manifatturiero e da indirizzare proprio sulla base dell’attività di consulenza, con una prospettiva anche a medio termine, lasciandosi aperta la possibilità di lavorare con Sap 4/Hana e OpenShift side by side.
In Italia oggi, dal punto di vista geografico Nord e Nord Ovest rappresentano per Red Hat mercati avanzati, anche grazie alla presenza delle grandi realtà internazionali che devono essere seguite localmente. Il Nord Est si qualifica per una PA molto attiva e la componente manifatturiera in crescita. Emilia e Romagna sono territori in grande fermento e vantano importanti progetti – per esempio in ambito “motor valley” – mentre al Sud si registrano importanti attività da parte della PA centralizzata (soprattutto su Roma) come anche della PA locale.
Di sicuro la pandemia ha avuto un impatto importante sulle realtà aziendali. “La media impresa che ha visto le divisioni IT sotto pressione con una serie di nuovi progetti da mettere in campo in tempi rapidi per assicurare la business continuity, ha dovuto iniziare a lavorare per priorità, questo richiede quindi, anche oggi, una gestazione di progetto più a lungo periodo, anche in relazione ai budget disponibili e di conseguenza un’attività di accounting particolarmente accurata”, vale anche per la PA spinta però allo stesso tempo ad innovare in tempi rapidi, anche grazie alle risorse messe in campo. Quello verso il cloud poi resta un percorso, non un semplice “switch”.
Un percorso che spesso “dipende dall’abilità del Cio di disegnare una vera strategia verso il cloud”. Le aziende oggi che approcciano la prospettiva “cloud native” sono tante, “ma non la maggior parte, che invece sta valutando il cloud, magari lo sta già utilizzando, e si sta impegnando per capire come sfruttarlo come digital enabler effettivamente strategico”. In questi casi spesso l’evoluzione parte allora dal basso, se ne intravedono le direzioni, e si iniziano ad esplorare quindi anche i vantaggi che deriveranno da OpenShift e dall’utilizzo della containerizzazione, spostando poco a poco i carichi applicativi. Chiude Grassini: “Anche per questo la componente di training, la capacità di portare “in house” le conoscenze necessarie, in un segmento come quello delle aziende emergenti in cui non esiste un unico approccio vincente, si rivela importante per ogni singolo vertical. Tra i casi più interessanti da questo punto di vista proprio quello, nel manufacturing, di Dab Pumps”.
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