Il tema della sostenibilità è oggi nell’agenda di Cio e Ceo e se da una parte il digitale consente alle aziende di fare bene risparmiando risorse preziose per il pianeta, allo stesso tempo non è possibile affidarsi ai progetti di digitalizzazione pensando che intrinsecamente essi portino ad una riduzione dei consumi.
Portare i carichi di lavoro in cloud, spostare i costi per le infrastrutture on-premise con l’attivazione dei servizi IaaS, PaaS e SaaS, è legittimo certo aspettarsi possa portare le aziende ad una più efficace gestione delle risorse, ma soprattutto in questo caso è necessario elevare il livello di attenzione, perché senza gli strumenti adeguati sulle risorse attivate in cloud è anche facile perdere il controllo e vedere nel tempo proliferare servizi e applicazioni, magari poco utilizzate, che continuano però ad utilizzare risorse. E proprio le emissioni di carbonio associate all’infrastruttura cloud possono rappresentare una parte considerevole dell’impronta ambientale totale di un’azienda.
E’ un aspetto su cui è impegnata direttamente anche Google Cloud che compensa l’energia utilizzata dai data center con il 100% di energia rinnovabile dal 2017 e vuole arrivare a gestire le operation con energia carbon-free 24 ore su 24, 7 giorni su 7, entro il 2030. L’impegno di Google si proietta anche nella fornitura di strumenti per la sostenibilità delle aziende clienti e, al fine di semplificarne la consultazione e l’utilizzo, Google ha deciso di riunire gli sviluppi delle soluzioni già disponibili, e che verranno, nella suite Carbon Sense. L’azienda per il 2021 ha quantificato in 600mila Kg la produzione di CO2 lorda, attribuibile a progetti cloud che sembrano inattivi. E Carbon Sense si propone quindi di semplificare la reportistica accurata delle emissioni di carbonio e la riduzione delle stesse.
Fa parte di questi servizi anche Active Assist. Active Assist si aggiunge a prodotti come Carbon Footprint, che fornisce la possibilità di comprendere e misurare le emissioni lorde di carbonio del proprio utilizzo di Google Cloud, e ai low-carbon signals, che aiutano gli utenti a scegliere le region più pulite per operare i propri carichi di lavoro.
Google Cloud Active Assist è un portfolio di strumenti che si avvale di dati, intelligence e machine learning per limitare la complessità del cloud e le difficoltà legate alle attività amministrative. “Nel portfolio Active Assist – spiegano Cheng Wei, product manager per Active Assist e Dima Melnyk, product manager, Google Cloud – sono presenti prodotti e strumenti come Policy Intelligence, Network Intelligence Center, Predictive Autoscaler e una raccolta di Raccomandazioni per una serie di servizi Google Cloud, tutti finalizzati al supporto nel raggiungimento dei propri obiettivi”.
In particolare è ora possibile stimare le emissioni lorde di carbonio che si risparmieranno con la rimozione di progetti inattivi grazie all’utilizzo di Active Assist Unattended Project Recommender, che fornisce insight di utilizzo approfonditi di tutti i progetti attivi in azienda e utilizza il machine learning per identificare quelli inattivi, probabilmente non presidiati o comunque trascurati.
I dati che Active Assist visualizza come parte dei propri insight di utilizzo includono poi , per fare un esempio, la voce carbonFootprintDailyKgCO2 che consente di stimare le emissioni di carbonio associate a un determinato progetto.
Le raccomandazioni valutano anche la riduzione dell’impatto ambientale che si ottiene con la rimozione di un progetto inattivo in termini di chilogrammi di CO2 risparmiati al mese.
Nel blog, Wei e Melnik forniscono una serie di ulteriori istruzioni per iniziare a lavorare con gli strumenti Active Assist, che saranno utili ai team tecnici: “Basta visualizzare la dashboard Carbon Footprint e Recommendation Hub per esaminare i progetti che potrebbero essere inattivi e valutare le emissioni di carbonio ad essi associate“. Si specifica che “per visualizzare le raccomandazioni, sono necessarie le autorizzazioni Iam per Unattended Project Recommender e le autorizzazioni per visualizzare le risorse in una data organizzazione“.
Sono poi disponibili funzioni per esportare in modo automatico le raccomandazioni, attraverso BigQuery e indagare poi i dati con DataStudio o Looker, oppure utilizzare Connected Sheets per utilizzare Google Workspace Sheets e interagire con i dati memorizzati in BigQuery senza dover programmare query Sql. “Resta alle aziende – conclude il blog – la possibilità di negare il trattamento dei dati per la propria organizzazione o i propri progetti in qualsiasi momento disabilitando i gruppi di dati corrispondenti nella scheda Transparency & Control nelle impostazioni di Privacy & Security”.
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