Buon 2024, iniziato così come lo abbiamo lasciato sul trasporto dell’AI, con una notizia di buon auspicio. Paolo Benanti – uno dei massimi esperti di etica, penna brillante in articoli, saggi, interventi pubblici – è stato nominato nei giorni scorsi nuovo Presidente della Commissione Algoritmi (al posto di Giuliano Amato, dimessosi in polemica con Meloni, Ndr.). Una notizia che ha avuto risonanza non solo in Italia ma anche oltre confine.
Per chi non lo conoscesse Benanti è un pezzo da novanta, dalla cultura fuori dal comune. Formatosi tra Italia e Stati Uniti, è frate francescano, professore della Pontificia Università Gregoriana dal 2008. Unico italiano nel prestigioso Comitato sull’Intelligenza Artificiale delle Nazioni Unite (“È per me un onore e una grande responsabilità essere uno dei 38 esperti nominati da António Guterres come membri del nuovo Organo consultivo dell’Onu per l’intelligenza artificiale – scriveva Benanti due mesi fa -. Il nostro compito sarà quello di valutare i rischi, le opportunità e definire una governance internazionale dell’AI in vista del Summit 2024”).
Consigliere di Papa Francesco sui temi dell’intelligenza artificiale e dell’etica della tecnologia dal 2019. Ispiratore della Rome Call for AI Ethics firmata da cristiani, ebrei, islamici e grandi aziende tecnologiche per un uso etico delle tecnologie.
Papà dell’algoretica e dell’algocrazia, oggi parole universali che descrivono come dare etica agli algoritmi e all’utilizzo dell’AI. Un’algoretica che si basa sui principi di trasparenza (i sistemi di AI devono essere comprensibili), inclusione (devono offrire a tutti gli individui condizioni per esprimersi e svilupparsi), responsabilità, imparzialità (senza pregiudizio, salvaguardando la dignità umana), affidabilità, sicurezza e privacy.
Esperto, tra i trenta nominati dal ministero dello Sviluppo Economico nel 2018, per elaborare la strategia nazionale sull’intelligenza artificiale e in materia di blockchain.
Aveva scritto un mese fa su Linkedin, alle prese con i primi incarichi all’Onu, della forte relazione tra lo sviluppo della governare dell’AI e gli obiettivi Esg dell’Agenda Onu 2030. “Mentre ci riuniamo presso la sede delle Nazioni Unite per finalizzare il nostro primo rapporto sulla governance dell’AI, mi vengono in mente le diverse prospettive e competenze che ciascun membro dell’organo consultivo sull’AI porta con sé. Il nostro obiettivo è affrontare le complessità dell’intelligenza artificiale nel mondo di oggi e garantire che sia al servizio dell’umanità a livello globale. Gli approfondimenti e le raccomandazioni contenuti nel nostro rapporto sono in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, sottolineando i diritti umani e la governance nell’intelligenza artificiale. Si tratta di un passo significativo nel nostro percorso per rendere l’intelligenza artificiale una forza per il bene globale”
Buon lavoro padre Benanti anche nella commissione italiana, in una Europa alle prese con la stesura definitiva dell’AI Act, salvato in estremis ma da mettere nero su bianco nei dettagli legislativi (che dettagli non sono).
Perché il contesto rimane complicato.
Le aziende che guidano lo sviluppo dell’AI si stanno posizionando sul mercato con mosse mirate, senza sosta anche nelle settimane di fine anno. OpenAI conferma il forte legame con Microsoft ed è pronta a investire 10 miliardi di dollari in G2, un’azienda di Abu Dhabi, per sviluppare chip proprietari.
Meta stringe una alleanza strategica con Ibm, dando vita all’AI Alliance, una comunità internazionale di sviluppatori, ricercatori e utenti per promuovere un’intelligenza artificiale aperta, sicura e responsabile, che annovera già oltre 50 membri (tra cui Cern, Nasa, Università di Yale e International Center for Theoretical Physics di Trieste).
Inflection, ancora con una dimensione da startup, piace a Bill Gates.
Anthropic (creata dai fratelli Amodei) raccoglie consensi e investimenti (più di 7 miliardi di dollari nel 2023) da Google e Amazon, guidata da un Jeff Bezos insaziabile che nelle scorse settimana ha investito nella startup californiana Perplexity (anche se “soli” 74 milioni di dollari).
Tenendo conto che tutte le big tech, per addestrare la propria AI, investono in partnership con i grandi gruppi editoriali. Come il caso tra OpenAI e New York Times scoppiato prima di Natale, che non si discosta dalla strategia di Apple che sta cercando di stringere accordi pluriennali con Nbc e Conde Nast, o di Amazon legata a doppio filo con il Washington Post (di proprietà di Jeff Bezos stesso). Tutti fatti che confermano quanto sia urgente il lavoro delle commissioni AI su etica e governance.
E domani aprirà il Ces 2024, a Las Vegas dal 9 al 12 gennaio, dove la parola d’ordine neanche a dirlo sarà? Si, avete indovinato, intelligenza artificiale. Buon 2024 a tutti.
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