Da metà febbraio, con l’entrata in vigore e l’applicazione pratica del Digital Services Act (Dsa), le realtà dei 27 Paesi dell’Unione Europea si trovano a dover rispettare i nuovi obblighi su trasparenza e contrasto alla pubblicazione dei contenuti illegali, con i relativi vincoli di segnalazione per il pubblico. Un insieme di regole giustamente impegnative per rendere l’ambiente online più equo, sia in relazione all’effettiva trasparenza delle comunicazioni pubblicitarie sia per quanto riguarda la tutela dei diritti sulle piattaforme online dove o si acquistano prodotti o ci si collega ad altri utenti con cui si condividono informazioni.
Ecco che ai sensi del Dsa tutte le piattaforme ad eccezione delle piccole e microimprese, che occupano meno di 50 persone e il cui fatturato annuo è inferiore a 10 milioni di euro, devono attuare misure volte a fornire agli utenti i mezzi per poter segnalare i contenuti illegali, ma anche cooperare con quelli che sono considerati “segnalatori attendibili”, ovvero gli enti specializzati le cui notifiche devono essere considerate prioritarie.
Diventa vietato focalizzare come target i minori con annunci pubblicitari basati sulla profilazione o sui loro dati personali. E’ inoltre vincolante offrire informazioni puntuali sugli annunci pubblicitari (compresi i motivi per cui effettivamente gli annunci vengono mostrati e chi paga per la pubblicità), e vietare gli annunci pubblicitari rivolti agli utenti sulla base di dati sensibili, come per esempio le convinzioni politiche o religiose, le preferenze sessuali, etc.
Oltre a questo è necessario fornire agli utenti interessati le motivazionialla base di qualsiasi moderazione dei contenuti effettuata – si intende quindi perché sono stati rimossi contenuti, o è stato sospeso un account, ecc. – ma si comprende anche l’obbligo di caricare la motivazione nella banca dati relativa alla trasparenza prevista dal Dsa. Per l’opposizione all’intervento, bisogna fornire agli utenti accesso a un sistema di reclamo che consenta di contestare le decisioni, disporre e pubblicare una relazione sulle procedure di moderazione (almeno una volta l’anno), offrire la spiegazione delle condizioni e dei principali parametri in base ai quali funzionano i sistemi di “recommendation” dei contenuti della piattaforma.
Facile intuire l’impatto delle norme per le piattaforme di commercio elettronico, norme che, lo ricordiamo, in verità riguardano anche i servizi di hosting, gli intermediari online che forniscono i servizi di hosting e i domini per i quali è previsto un sottoinsieme specifico di obblighi ai sensi della legge sui servizi digitali.
Ricordiamo che Digital Services Act è già applicato da agosto dello scorso anno a ben 19 piattaforme online individuate nella primavera scorsa come quelle attive con oltre 45 milioni di utenti/mese di media, mentre altre di grandi dimensioni individuate a fine anno scorso avranno a disposizione fino ad aprile per conformarsi agli obblighi più rigorosi ma, come tutte le altre, devono già da oggi osservare tutti gli obblighi generali già previsti di cui sopra. Per le piattaforme che non rientrano nella classificazione “top” la sorveglianza spetta gli Stati membri, o meglio, alle autorità di regolamentazione indipendente individuate come Dsc, ovvero Digital Services Coordinators che vigilano e applicano le leggi sui servizi digitali.
Il ruolo dei Digital Services Coordinators
Sono questi i primi punti di riferimento anche per i reclami degli utenti (in Italia l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), così come sono loro ad accogliere la trasmissione delle segnalazioni del Dsc europeo. Essi certificano inoltre i meccanismi di ricorso extragiudiziale esistenti, e valutano/attribuiscono la qualifica di segnalatore attendibile a richiedenti idonei o a enti indipendenti ritenuti competenti. I Dsc inoltre devono garantire il rispetto del Dsa e possono ordinare ispezioni a seguito di una presunta violazione, infliggere sanzioni pecuniarie alle piattaforme online, così come imporre misure provvisorie in caso di danno grave alla sfera pubblica.
Infine, sono ancora i Dsc a gestire le varie richieste di accesso ai dati per ricerche specifiche. I Dsc, con la Commissione, costituiscono inoltre un gruppo consultivo denominato European Board for Digital Services a garanzia della corretta applicazione della legge e soprattutto dell’uniformità di applicazione nei diversi Paesi.
E’ il board quindi ad essere consultato anche quando si tratta di fornire consulenza sulle questioni connesse al Dsa contribuendo con il suggerimento di orientamenti e analisi e, ancora più importante, con la vigilanza nei confronti delle piattaforme online di dimensioni molto grandi e dei motori di ricerca online in relazione ai quali pubblicherà relazioni annuali sui principali rischi sistemici e sulle migliori pratiche per attenuarli.
“Dal 17 febbraio il Digital Services Act inizia ad applicarsi a tutte le piattaforme online dell’UE – commenta Thierry Breton, commissario per il mercato interno -. Siamo pienamente mobilitati per garantire la sua piena attuazione e incoraggiamo tutti gli Stati membri a sfruttare al massimo il nostro nuovo codice. Un’attuazione efficace è fondamentale per proteggere i nostri cittadini dai contenuti illegali e per far valere i loro diritti”. In primavera arriveranno anche gli orientamenti che la Commissione intende trasformare in nuove specifiche in relazione ai rischi durante gli eventi elettorali, ed è prevista per aprile una consultazione pubblica sul Data Access Delegated Act con adozione entro luglio ed entrata in vigore nell’ottobre 2024.
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