Da Nord a Sud, passando dalla tappa obbligata di Milano e focalizzandosi su Roma che trova (finalmente) una sua centralità infrastrutturale. E’ stata senza dubbio la settimana dei data center, perché i battesimi di nuove strutture e progetti hanno alzato l’offerta di capacità computazionale lungo tutto lo stivale.

Aruba ha inaugurato il primo di cinque hyper cloud data center nel tecnopolo romano tiburtino, portando sul palco un confronto attento tra operatori, e affiancando così Roma al data center di Ponte San Pietro (in provincia di Bergamo) e ai due di Arezzo. Un campus – 300 milioni di euro di investimenti complessivi a regime – che offrirà anche soluzioni personalizzate di co-location ad altissima efficienza.

ServiceNow ha annunciato l’apertura entro ottobre di due nuove strutture a Milano e Roma, in un progetto di potenziamento di offerta infrastrutturale che coinvolge l’intera area Emea e che vede l’Italia centrale nella roadmap di sviluppo per clienti e partner.

Trentino DataMine, nel cuore di una miniera di dolomia poco lontana da Trento, ha presentato il primo progetto di data center realizzato nella profondità di una miniera attiva in Val Di Non, sotto le Dolomiti. Si chiamerà Intacture, vedrà la luce nel 2026, e sarà il primo e unico data center in miniera in Europa, nato con un investimento di 50,2 milioni di euro tra fondi pubblici (18,4 da Pnrr) e privati (31,8).

Trentino DataMine, progetto Intacture, The Natural Home of Data - Miniera attiva in Val Di Non, a 40 km a nord da Trento
Trentino DataMine, progetto Intacture, The Natural Home of Data – Miniera attiva in Val Di Non, a 40 km a Nord da Trento

Ora, sono progetti con una genesi tra loro molto diversa per tempi, ammontare di investimenti, coinvolgimento di attori (privati o partenariati misti) ma ritrovo con piacere la trama comune di un approccio green by design per efficientare le infrastrutture, dalla fase di progettazione fino all’erogazione dei servizi, che devono garantire affidabilità e sicurezza. Un’impronta comune portata avanti, chi grazie alla presenza di impianti fotovoltaici e sistemi di raffreddamento ad alta efficienza, chi sfruttando la ricchezza geotermica della miniera, che protegge da inquinamento elettromagnetico, garantendo risparmio energetico e consumo di suolo.

Ma c’è un secondo elemento che trovo di valenza. Comune l’idea di diventare hub innovativi a partire dai rispettivi territori ma guardando alla competitività complessiva.

Aruba – che già nella prima metà del 2025 inaugurerà il secondo data center – si pone come hub strategico a livello nazionale bilanciando la concentrazione nell’area milanese con il potenziamento della zona del tecnopolo tiburtino (che oggi ospita 150 aziende) ma allungando lo sguardo al Sud e al Mediterraneo. 
Trentino DataMine, lato suo – già avviati i cantieri – si impegnerà a dare vita a un polo di ricerca e sviluppo in campi innovativi come la scienza della vita, l’intelligenza artificiale, la transizione energetica e la cybersecurity. Forte anche del partenariato con l’Università degli Studi di Trento.

Hyper Cloud DC IT4
Il progetto del nuovo Aruba Hyper Cloud Data Center IT4 a Roma 

Ora dei data center annunciati ce ne occuperemo in articoli dedicati, ma la frase del rettore dell’Università di Trento, Flavio Deflorian, riassume l’intento comune:  “Credo che l’innovazione sostenibile sia una delle chiavi per costruire un domani migliore”.  Un’attenzione necessaria perché molti saranno gli investimenti infrastrutturali previsti in futuro da indirizzare nel modo corretto. 

Il mercato dei data center in Italia potrà valere fino a 15 miliardi di euro nei prossimi anni (fonte School of Management del Politecnico di Milano), con una accelerazione senza precedenti del settore. Nel 2023, 23 realtà hanno annunciato l’apertura di 83 data center nel periodo 2023-2025, vista la crescente domanda di cloud per gestire dati e sviluppare l’intelligenza artificiale, data-omnivora. In campo player nazionali e grandi vendor internazionali e d’oltralpe.

Inoltre, la rigidità delle normative europee in rapporto alle regolamentazioni Usa sulla gestione dei dati (vedi Cloud Act), accanto all’esigenza sempre più manifesta delle aziende di mettere in sicurezza i propri asset attente al tema della cloud sovereignty, fa spesso pendere l’ago della bilancia verso la scelta di infrastrutture territoriali, di prossimità, soprattutto per gestire dati sensibili.
La saturazione dei data center nel cuore dell’Europa – storicamente a Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino – ha dato infine un’ulteriore spinta a data center decentralizzati e, di conseguenza, anche al mercato italiano.

Milano è già accreditata come primo hub infrastrutturale da tempo, ora si gettano le basi per crescere anche altrove (Nord e Centro), anche per rispondere alle richieste crescenti di co-location da parte delle aziende che affittano server, spazi, stanze o interi edifici in data center altrui: oggi il mercato della co-location vale 654 milioni di euro (+10 rispetto al 2022) ma si stima che raddoppierà entro il 2025, toccando 1,4 miliardi di euro in Italia.

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