Le problematiche che ostacolano il percorso di maturazione delle imprese verso una piena sostenibilità – incarnata dal paradigma Esg – che non sia solo di facciata, ma realmente di impatto sul loro business, sono ancora molteplici. Questa considerazione risulta tanto più vera quanto più l’impresa si configura come una grande azienda capo filiera, le cui attività sono supportate da una catena di fornitura complessa e articolata che molto spesso coinvolge le piccole e medie imprese.
Infatti, la sostenibilità complessiva del capo filiera è fortemente influenzata dalla sostenibilità dei propri fornitori, come sostenuto in un interessante contributo della Harvard Business Review.

All’interno di un contesto internazionale assai dinamico, caratterizzato da fenomeni di crisi climatica, tensioni sociali e instabilità geopolitica, il capo filiera ha bisogno di disporre di una visione di insieme della sostenibilità della propria catena di fornitura sempre aggiornata, che non può dunque essere formulata soltanto partendo da Esg rating sui fornitori, tipicamente elaborati raccogliendo certificazioni documentali e dati di sostenibilità acquisiti una tantum e in modalità ancora manuali, ad esempio tramite interviste e questionari a cadenza annuale. Il capo filiera, in caso di assenza di tale visione di insieme allineata con la dinamicità dei fenomeni, risulta maggiormente esposto a rischi che ne minano l’operatività e viene percepito come meno appetibile da parte di potenziali soggetti investitori.

In questo contesto così complesso e articolato, il digitale deve rappresentare l’elemento abilitante per accelerare e rendere misurabile (dunque, monitorabile nel tempo) la sostenibilità di un’azienda nelle sue dimensioni E, S e G, ovvero Environmental, Social, Governance. Sempre di più è necessario adottare un approccio innovativo utile a migliorare le capacità di un’azienda capo filiera nel governo strutturato e sistematico del percorso di sostenibilità dei propri fornitori (tipicamente, appunto, Pmi), basato sull’accesso regolamentato a “dati live” messi a disposizione dai fornitori stessi (o da terze parti accreditate, che espongono tali dati per conto dei fornitori): un andamento puntuale e vivo che renda trasparente e misurabile il percorso di sostenibilità che stanno adottando.

Il punto di partenza: il concetto di Sviluppo Sostenibile

La definizione di Sviluppo Sostenibile nasce più di 30 anni fa (1987) dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo dell’Onu, ed è da intendersi come “uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Come si misura un concetto all’apparenza così astratto? Semplificando, si può affermare che esistono due principali “framework di valutazione” di percorsi di sviluppo sostenibile, nati in ambienti e per motivazioni assai diversi, ma certamente correlabili:

  • I 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, Sdgs) – che costituiscono l’ossatura dell’Agenda 2030 approvata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nel 2015 – rappresentano dei goal di alto livello (suddivisi, a loro volta, in 169 target complessivi) nati per indirizzare tutte le iniziative degli Stati membri, al fine di ottenere una prosperità sostenibile sia del pianeta sia delle persone.
  • I criteri Esg (Enviromental, Social, Governance), invece, hanno origine all’interno del mercato della finanza e nascono per valutare il grado di sostenibilità di un investimento e/o di un’impresa. Ed è proprio a questi criteri che le aziende possono ispirarsi per essere “valutate” da soggetti esterni in termini di sostenibilità.
17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU
17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu

Perché le imprese devono interessarsi alla sostenibilità?

Le imprese devono guardare con interesse al tema della sostenibilità per diverse ragioni: la prima può essere ricondotta al fatto che, negli ultimi anni, gli effetti dell’impatto ambientale (ed in particolare del fenomeno di climate change) si manifestano con maggiore frequenza attraverso eventi climatici estremi (si pensi all’ultimo di essi, in ordine di tempo, abbattutosi in Emilia Romagna nel mese di maggio [1]), che inducono  a un aumento complessivo della sensibilità della popolazione sul tema della sostenibilità climatica e ambientale, con un forte impatto sulle aziende; infatti, la ricerca Ipsos presentata al Salone della Csr e della Innovazione Sociale lo scorso ottobre (Dieci Anni di Csr: un Bilancio sul Futuro) rileva come i consumatori siano: sempre più interessati a capire se un’azienda si comporti “davvero” in modo responsabile e sostenibile; sempre più selettivi sui prodotti da acquistare; sempre più convinti che le grandi aziende debbano comportarsi da faro e assumersi la responsabilità di “guida” delle piccole e medie imprese (Pmi) del territorio italiano.

Una seconda ragione può essere correlata ai cambiamenti sociali che anche la pandemia ha contribuito a portare e che vede un aumento complessivo della sensibilità della popolazione sul tema della sostenibilità sociale. A titolo di esempio, il World Economic Forum, nel suo recente The Future of Jobs 2023, rileva come le persone siano sempre più selettive rispetto all’occupazione lavorativa desiderata, dando un nuovo significato al concetto di “bel lavoro”.
Oltre a questo, si nota una crescente attenzione al tema della sostenibilità da parte delle istituzioni (a livello Europeo e nazionale) e dei grandi soggetti investitori: il motto, semplificando, è che un’azienda “valutata” come sostenibile è un’azienda anche in grado di perseguire profitti in un orizzonte temporale di medio e lungo periodo, dunque sulla quale si può investire e/o concedere credito a tassi di interesse agevolati. In estrema sintesi: un’azienda su cui “puntare”.
L’insieme dei fenomeni ambientali e sociali a cui si è assistito negli ultimi anni ha spinto il legislatore europeo a dettare un framework di direttive e regolamenti sul tema sostenibilità, che hanno già (o avranno nel breve/medio periodo) un forte impatto sul tessuto delle imprese, ampliando la platea dei soggetti tenuti ad inserire l’attenzione alle tematiche di sostenibilità nelle proprie agende e piani. Ad esempio:

  • A livello di vision, la Commissione Europea ha definito il nuovo paradigma Industry 5.0 che, rispetto al precedente paradigma Industry 4.0, focalizza la propria attenzione non solo sul digitale come elemento che consente una maggiore produttività ed efficienza, bensì come fattore primario abilitante la transizione verso una industria davvero sostenibile secondo le dimensioni E, S, e G.
  • A livello di trasparenza, il legislatore europeo ha inoltre introdotto la direttiva Csrd (Corporate Sustainability Reporting Directive), che produrrà i primi effetti a partire dal gennaio 2024 e che, come più volte ribadito durante l’evento coordinato da Abi di maggio intitolato Esg in Banking 2023, renderà via via obbligatoria la predisposizione della rendicontazione non finanziaria a cadenza annuale per circa 4.000 aziende italiane (rispetto alle attuali 200 circa), con un impatto diretto non solo sui soliti grandi nomi, ma anche sulle piccole e medie imprese quotate.
  • Sempre in merito al tema della trasparenza da parte delle aziende sugli aspetti di sostenibilità, diverse istituzioni hanno definito standard particolarmente articolati e non completamente sovrapponibili per la rendicontazione, da utilizzare all’interno delle dichiarazioni non finanziarie, al fine di rendere le stesse maggiormente omogenee, tra loro comparabili e (almeno per alcune parti) di tipo machine readable.

Infine, ma non certamente per importanza, è necessario evidenziare come anche nel nostro Paese due delle sei missioni del Pnrr vadano nella direzione di supportare percorsi di sostenibilità delle imprese.

Innovazione digitale e sostenibilità: quali le sfide da vincere?

Il rapporto tra digitale e sostenibilità è almeno duplice [2] da un lato, è importante che il digitale sia più sostenibile (mediante tecniche e approcci diversificati quali, a titolo di esempio: il green cloud, per la riduzione dei consumi e delle emissioni grazie all’utilizzo del cloud da region carbon neutral; il green coding, per lo sviluppo software tramite pratiche sostenibili e l’introduzione di modalità di controllo sia dei consumi sia delle relative emissioni). Dall’altro, le iniziative progettuali che un’azienda intraprende all’interno del proprio percorso di sostenibilità possono essere supportate o abilitate dall’utilizzo delle tecnologie digitali.

In Cefriel riteniamo che il digitale debba soprattutto rappresentare l’elemento abilitante per accelerare e rendere misurabile (dunque, monitorabile) la sostenibilità di un’azienda nelle sue dimensioni E, S e G, a beneficio sia dell’azienda stessa sia dell’ecosistema dei portatori di interesse con cui l’azienda interagisce. In altri termini, in accordo a questa visione, essere sostenibili non significa soltanto rendicontare in un formato standard e “a consuntivo”; bensì, poter agire nel “durante”, in itinere, grazie ad azioni di monitoraggio svolte in accordo a driver sinergici sia di business sia di sostenibilità, su scala di medio-lungo periodo.
Le sfide da affrontare per realizzare questa visione a medio-lungo termine sono certamente molteplici. In particolare, le imprese dovranno:

  • iniziare a misurarsi – non solo rendicontare con attività redazionali alla fine dell’anno – raccogliendo dati di sostenibilità “standard”, partendo direttamente dai dati custoditi nei propri silos informativi, creando in modo incrementale il proprio gemello digitale in ambito sostenibilità, ovvero un’azienda virtuale sulla quale poter anche simulare interventi di miglioramento volti ad agire su specifici indicatori di sostenibilità;
  • monitorare in modo continuativo il proprio percorso di sostenibilità – sulla base dei dati estratti dai propri silos – definendo obiettivi di miglioramento annuali e pluriennali al di sopra di tali dati, con lo scopo di comprendere come migliorare in corso d’opera e come raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità di breve, medio e lungo termine, in modo pienamente allineato con gli obiettivi di business;
  • definire, monitorare e re-indirizzare il proprio percorso di trasformazione digitale anche in accordo a indicatori di sostenibilità specifici dipendenti dalla natura stessa dell’azienda, del settore in cui opera, delle iniziative di innovazione già in atto o da definire.

Affrontare un percorso di sostenibilità da parte di un’azienda non significa (solo) redigere una dichiarazione non finanziaria rispettando degli standard, per motivi di compliance normativa e/o di natura reputazionale.
Serve di più, da parte delle grandi imprese (devono essere faro delle Pmi), ma anche da parte delle Pmi stesse, che rappresentano una fetta consistente del tessuto produttivo del Paese nonché gli attori il cui coinvolgimento sul tema sostenibilità può e deve essere maggiormente esplorato.
E serve, soprattutto, una visione maggiormente olistica del rapporto che la sostenibilità di un soggetto ha sulla sostenibilità di un altro attore. Partendo dal rapporto tra capo filiera e suoi fornitori, il focus di questo articolo.
Visione che si può iniziare a realizzare concretamente creando delle capability per consentire uno scambio regolamentato di dati real-time che permettono di misurare e monitorare il percorso di sostenibilità lungo la supply chain, al fine di iniziare a ridurre “per davvero” alcuni dei problemi sin qui descritti e trasformare le imprese in Forward Looking Esg Company, termine coniato da McKinsey per indicare, semplificando, che la sostenibilità aziendale è rilevata, misurata, monitorata (anche da parte di soggetti esterni che siano in grado di fornire indicazioni di accompagnamento all’azienda stessa) ed è costantemente allineata alla strategia di crescita aziendale.

[1] Al momento della stesura di questo contributo, non è ancora stata rilevata una stretta relazione di causa – effetto tra il cambiamento climatico in corso e le alluvioni abbattutesi sul territorio emiliano-romagnolo. Certo è che nella percezione di gran parte della popolazione italiana, aldilà di dati scientifici rigorosi e oggettivi, un nesso vi sia.

[2] S. Epifani, Sostenibilità Digitale: perché la sostenibilità non può fare a meno della trasformazione digitale, Digital Transformation Institute, 2020

Per saperne di più scarica il whitepaper: Sostenibilità nella filiera

Leggi tutti gli approfondimenti della Rubrica Never stop innovating by Cefriel e Inno3

*Gianluca Meroni, Junior Innovation consultant Cefriel

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