Nel giugno 2024 il Dipartimento per la Trasformazione Digitale ha ufficialmente lanciato il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) 2.0, strumento che rappresenta un importante passo avanti nella digitalizzazione della sanità, sostenuto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), con l’obiettivo di centralizzare le informazioni sanitarie dei cittadini, rendendo più efficienti e accessibili i servizi.
Questo obiettivo potrà essere raggiunto solo se le strategie di digital transformation si baseranno su ambienti in cui l’interoperabilità sarà garantita a tutti i livelli.
In Italia, infatti, le differenze tra i sistemi regionali complicano la condivisione dei dati sanitari in modo uniforme ed efficace. Senza standard condivisi a livello nazionale, il rischio è di creare un sistema frammentato, che non riesca a esprimere il pieno potenziale del FSE 2.0. Questa problematica si intreccia con un’altra criticità: la frammentazione delle infrastrutture digitali regionali. Alcune aree del Paese dispongono di tecnologie avanzate, mentre altre sono ancora indietro, creando disparità nell’accesso e nella qualità dei servizi.
Per superare queste difficoltà, è necessario un approccio multidisciplinare. La collaborazione tra professionisti sanitari, esperti di tecnologie dell’informazione e decisori politici è fondamentale per affrontare i vari ostacoli tecnici e organizzativi.
Inoltre, investire in tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e l’analisi dei big data può rendere la gestione delle informazioni sanitarie più efficiente e personalizzata, migliorando la qualità complessiva delle cure.
Per garantire il successo del FSE 2.0, è necessario adottare una visione a lungo termine. Questo significa non solo risolvere i problemi tecnici immediati, ma anche assicurare un impegno costante nell’aggiornamento delle tecnologie e nella formazione del personale. È solo attraverso una strategia coordinata, che includa tutte le parti interessate, che il Fascicolo Sanitario Elettronico potrà davvero trasformare la sanità italiana, migliorando l’esperienza dei cittadini e l’efficienza del sistema nel suo complesso.
E’ nell’ambito di questo scenario che il 5 dicembre 2024, a Milano, si è tenuto l’evento InterSystems Italian Healthcare Conference 2024, il primo evento di InterSystems dedicato ai professionisti della sanità digitale in Italia che ha visto clienti, partner, analisti esplorare sinergicamente i temi chiave relativi a interoperabilità e intelligenza artificiale. In questa cornice Annamaria Di Ruscio, Presidente e Amministratrice Delegata di NetConsulting cube, ha moderato la tavola rotonda Interoperabilità in Azione: il Valore dei Dati Condivisi per una Sanità Integrata, coinvolgendo i tre panelist, Lorenzo Gubian, Direttore Generale di ARIA, Matteo Girardello, Coordinatore dei servizi tecnici, Consorzio Arsenàl.IT (Regione Veneto), Paolo Colombo, Direttore Sistemi Informativi, Azienda Socio Sanitaria Territoriale della Brianza, in una discussione su quelli che sono stati i progetti avviati e i successi raggiunti e quali saranno gli step successivi. La Dott.ssa Di Ruscio ha avviato il panel evidenziando quelle che sono le principali progettualità di digitalizzazione della sanità italiana relative all’interoperabilità.
Secondo i dati raccolti da NetConsulting Cube, a giugno 2024 la digitalizzazione nelle aziende ospedaliere e nelle ASL è in crescita, con diversi progetti avviati nel 2023 e ulteriori pianificati per il biennio 2024-2025. Tuttavia, il grado di avanzamento varia significativamente, evidenziando aree ancora poco sviluppate.
Nonostante una forte spinta progettuale sull’interoperabilità tecnologica, il percorso verso l’integrazione completa dei sistemi sanitari registra ancora un divario significativo tra pubblico e privato. Mentre nel settore privato i progetti per l’interoperabilità sintattica e semantica sono già in fase avanzata, la sanità pubblica appare in ritardo, con iniziative previste soltanto per il biennio 2024-2025. Al contempo, l’interoperabilità organizzativa resta un terreno poco esplorato, nonostante sia la chiave per un vero efficientamento dei processi. È proprio su questo fronte che si giocherà la capacità di riprogettare il sistema sanitario, rendendolo finalmente più efficace ed efficiente.
Andando nel dettaglio, le prime azioni per migliorare l’interoperabilità tecnologica sono già state avviate, ma nei prossimi due anni l’attenzione si sposterà su aspetti più avanzati, come l’integrazione dei dati provenienti da tutti gli apparati e l’adozione dei Clinical Decision Support Systems (CDSS). Questi sistemi informatici, sfruttando il potenziale dei big data, permettono ai medici di individuare terapie mirate e personalizzate per ogni paziente. Si tratta di un approccio che offre soluzioni su misura, estremamente precise, grazie alle informazioni raccolte e analizzate in tempo reale all’interno dei contesti clinici.
Questa è la direzione verso cui dovrebbe muoversi l’intero sistema sanitario nazionale: percorsi di cura personalizzati e un’efficienza ottimizzata lungo tutto il patient journey. Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale garantire l’integrazione dei dati tra i diversi reparti, dalle analisi di laboratorio alla radiologia, fino ai dispositivi medicali. La collaborazione sinergica tra CIO e ingegneri clinici diventa quindi un elemento chiave per assicurare il successo e la sostenibilità di questi progetti innovativi.
In termini di interoperabilità tecnologica, si registrano livelli elevati di integrazione per: Analisi di laboratorio (67%), Radiologia (63%), Grandi apparati (72%), Apparati medi e piccoli (70%). Settori come i laboratori esterni (37%), le farmacie (26%) e la robotica di reparto e chirurgica (20%) mostrano invece margini significativi di miglioramento.
La ricerca ha voluto anche evidenziare le differenze di approccio, strategiche e progettuali tra le strutture che hanno già completato l’assessment EMRAM di HIMSS e, al contrario, chi deve ancora iniziarlo. In particolare, all’interno del panel, si è approfondito il divario tra questi due cluster per ciò che concerne l’interoperabilità sintattica e semantica.
La differenza tra chi ha completato questa valutazione e chi non l’ha affrontata è netta. Le strutture che hanno eseguito l’assessment presentano un numero decisamente più elevato di progetti avviati nel 2023 e pianificati per i prossimi due anni, mentre chi ne è privo evidenzia non solo una carenza di progettualità, ma anche un preoccupante tasso di progetti non pianificati o addirittura inesistenti. Questo scenario suggerisce che l’EMRAM non sia solo una certificazione tecnica, ma rappresenti un cambio di mentalità: un approccio orientato alla pianificazione strategica, alla misurazione dei risultati e alla definizione di obiettivi a lungo termine, essenziale per superare le attuali criticità del sistema sanitario.
Non meno rilevanti sono le sfide organizzative. Tra i requisiti fondamentali per una piena interoperabilità vi sono: lo scambio di informazioni tra diversi fornitori di servizi sanitari; la connessione tra cartelle cliniche elettroniche e informazioni amministrative, la standardizzazione dei protocolli di comunicazione tra sistemi informativi e dispositivi medici.
Anche sul fronte dell’interoperabilità organizzativa il divario si fa evidente, con un’elevata quota di progetti non pianificati che caratterizza le strutture che non hanno completato l’assessment EMRAM. Questa carenza si manifesta soprattutto nell’ambito della standardizzazione dei protocolli di comunicazione, un elemento cruciale per garantire l’efficienza e l’integrazione dei sistemi sanitari.
Per garantire il successo dei progetti di digitalizzazione sanitaria, è cruciale adottare una visione strategica che promuova l’interoperabilità a tutti i livelli. Questo approccio non solo facilita la condivisione uniforme ed efficace dei dati sanitari, ma permette anche di superare le disparità tecnologiche tra le diverse regioni. La collaborazione tra professionisti sanitari, esperti di tecnologie dell’informazione e decisori politici è fondamentale per affrontare le sfide tecniche e organizzative.
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