La felicità eudaimonica e gli impatti di nuovi stili di vita sono al centro della trasformazione auspicata dall’Onu fin dal 2012 per includere Pil+Fil (felicità interna lorda), per indirizzare le politiche pubbliche e le decisioni dei leader e per accogliere ed implementare nuovi paradigmi scientifici multidisciplinari al servizio dello sviluppo economico-sociale sostenibile. Abbiamo già condiviso alcune evidenze emerse dalle edizioni 2023 e 2024 e, in attesa della pubblicazione del nuovo report, proponiamo ora dati e riflessioni relativi a diversi osservatori locali e interazionali che cerchiamo di sintetizzare per cogliere, tra i numeri, un filo rosso che li lega e coniuga felicità in azienda e business.

World Happiness Report 2025

Nella ricerca World Happiness Report 2025 dell’Università di Oxford (Wellbeing Research Centre, Helliwell, J. F., Layard, R., Sachs, J. D., De Neve, J.-E., Aknin, L. B., & Wang, S. Eds., 2025) si ribadisce l’importanza di uno dei quattro pilastri della scienza della felicità ovvero il modello “+Noi e -Io”.  Il capitale sociale, la fiducia, la gentilezza, la benevolenza, le relazioni, la condivisione sono alla base della felicità dei singoli, delle organizzazioni, delle nazioni. La creazione di reti sociali dense e diversificate fin dai primi anni di vita aumenta la probabilità di prosperare e essere soddisfatti, riduce le probabilità di entrare in depressione. Questo capitale sociale reale crea maggiore senso di sicurezza, di appartenenza e crescita. Ogni atto gentile crea effetti di felicità e contaminazione positiva tra chi lo fa e chi lo riceve e chi vi assiste. Al primo posto, seguita dagli altri Nordics, si conferma la Finlandia che presenta il massimo livello di fiducia dei cittadini verso le istituzioni e delle persone che la abitano. Al sesto posto e nella top ten entra il Costa Rica che nella costituzione del 1949 ha vietato la creazione di un esercito permanente devolvendo questi costi a spese sociali con priorità per scuola e sanità.

Indice dei Paesi più felici
La classifica dei Paesi per “life evaluation” (fonte: World Happiness Report, 2025)

L’Italia è al 40esimo posto, progredisce di una sola posizione e restano parametri critici a spiegare la soddisfazione generale la percezione di limitazione nella libertà e nella sicurezza, di bassa generosità negli altri, di elevata corruzione. Purtroppo si rileva un elevato tasso medio di pessimismo sulla benevolenza altrui, siamo più diffidenti e i nostri schemi percettivi sottostimano gli atti gentili degli altri.
Relativamente alla dimensione tecnologica l’uso di app e strumenti di messaggistica, o addirittura chatbot con intelligenza artificiale per promuovere la connessione sociale sono presentati come aree che richiedono ulteriori ricerche e approfondimenti, necessitano di una valutazione completa sull’efficacia a lungo termine.

Il contesto analizzato rileva però un aumento di iperconnessione tecnologica che produce allo stesso tempo l’ambivalenza tra solitudine e moltitudine, la perdita della dualità, nei fatti, sta alimentando tristezza, isolamento e disconnessione, sfiducia sociale, in particolare nei giovani adulti. Il 19% di questa categoria dichiara, infatti, di non avere nessuno su sui poter contare nei momenti di difficoltà. Al lavoro le nuove generazioni hanno diversi bisogni e aspettative valoriali per essere ingaggiati e realizzare le proprie scelte di vita, mettono in discussione modelli culturali e gerarchici che hanno compromesso in modo diffuso motivazione e benessere.

Happiness Index Ipsos 2025

Happiness Index Ipsos è un’indagine condotta dal 2011 in 30 paesi – tra cui l’Italia -;  rivela interessanti connessioni con i fattori che determinano la percezione di felicità o infelicità  globale. Un’utile bussola che va ben oltre la relazione con la tecnologia e ci conferma la potenza delle vere reti sociali.  Cosa ci rende infelici in Italia? Nell’ordine il report indica la situazione finanziaria (52%), non sentirsi amati (27%), i problemi di salute mentale (26%), la situazione sociale e politica del Paese (24%), la mancanza di senso nella propria vita (21%). Al contrario, secondo la ricerca la felicità sarebbe legata a famiglia e figli (42%), al sentirsi amati (32%), al benessere mentale (26%), alle amicizie (25%) ed infine alla situazione abitativa (25%).

I driver della felicità secondo Ipsos
I driver della felicità secondo Happiness Index (fonte: Ipsos)

Gallupp, the post pandemic workplace

Gallup da cinque anni elabora uno specifico report dedicato al lavoro e alle organizzazioni, include più di 400mila interviste a lavoratori americani, in parallelo aggiorna un report specifico sul tema dell’ingaggio a livello globale. Il lavoro felice è al centro di questa analisi e le persone emergono decisamente infelici al lavoro… Trend oltreoceano che sono già realtà nel resto del mondo. La resistenza delle organizzazioni tradizionali a sviluppare nuovi modelli culturali positivi sta compromettendo in modo sistemico l’ingaggio e il benessere.
Siamo andati oltre il fenomeno delle great resignation che si è riformulato in great detachment: resto ma mi disconnetto! Un fenomeno lento, silenzioso, inesorabile che fa colare a picco la motivazione e aumenta il rischio di burnout specialmente nei giovani

Alcuni dati: solo il 30% del campione è connesso allo scopo aziendale; appena il 21% vede una azienda che si prende cura del benessere dei dipendenti e ben il 44% non sa cosa voglia l’azienda dal ruolo assegnato….Il grande assente ‘reale o percepito’ è il manager che può fare una grande differenza nel far rifiorire i collaboratori.
E i dati dell’ultima rilevazione in Italia dicono che appena il 10% del campione risulta engaged, a fronte del 65% not engaged, 25% actively disengaged!

Correlazione tra business e felicità

Diversi studi condotti da ricercatori autorevoli come Teresa M. Amabile (Harvard), Sonja Lyubomirsky (UC Riverside), Andrew J. Oswald (Warwick) dimostrano costantemente che la felicità dei dipendenti ha un impatto diretto sui risultati aziendali: sono più creativi, ingaggiati, motivati ​​e ottengono risultati migliori! Il centro di ricerca sul benessere organizzativo dell’Università di Oxford e Harward ci riporta che “le aziende più felici sono migliori in termini di moltiplicatore della performance aziendale”, valore aziendale, ritorno sugli asset e profitti sono tutti più elevati per le aziende con punteggi maggiori in termini di benessere sul posto di lavoro. Le 100 aziende “più felici” superano l’S&P 500 e il Dow Jones del 20% dal 2021.

Il Roi della felicità nelle nostre organizzazioni è ormai scientificamente provato mentre una tecnologia arida e strumentalizzata fine a se stessa ha portato al fallimento ricorrente delle iniziative di change management! Serve quindi includere questa nuova prospettiva nelle strategie di digital business e innovazione tecnologica per una felice trasformazione positiva e collaborazione generativa tra tech e human.

Laura Torretta è consulente di TrasFormAzione Organizzativa Positiva, e Chief Happiness Officer in Happy Systemic Human Empowerment

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