Lo aveva già fatto Assinform anni fa di cambiare le metriche per la stima del mercato Digitale in Italia, rivedendo voci e parametri per misurare il livello di spesa, non più semplicemente legato gli investimenti IT e ICT ma a tutte le tecnologie coinvolte nella trasformazione digitale in atto. Era un passo necessario per comprendere un mondo in divenire, che già parlava di Rivoluzione 4.0, che annoverava nuovi modelli di vendita (cloud in primis) ma anche nuove tecnologie (banalmente gli smartphone che prima erano marginali). Il mondo cambia a una velocità sostenuta e le classifiche di mercato ne tengono conto, laddove sono ben fatte, introducendo via via parametri nuovi e cercando un raffronto a volte non semplice con il passato.
E’ di questa settimana la nuova classifica rivisitata del World Economic Forum sulla competitività globale dei paesi, redatta analizzando ben 98 parametri in ottica Industria 4.0 che, sparigliando la classifica precedente, fotografa 140 economie attribuendo loro un punteggio massimo di 100 punti.
Il nuovo indice, dopo 40 anni di storia del Rapporto Wef, misura oltre ai parametri tradizionali innovazione, resilienza, capitale umano e apertura al cambiamento, ribattezzando il report 2018 Global Competitiveness Index 4.0, proprio con quel 4.0 a ricordarne il nuovo focus.
Prima evidenza. Per la prima volta, dalla crisi economica del 2008, gli Stati Uniti vanno in testa alla classifica con 86,5 punti. Seguono sul podio Singapore (83,5) e Germania (82,8), di poco avanti a Svizzera (82,6) e Giappone (82,5). Haiti, Yemen e Ciad sono le economie meno competitive.
Seconda evidenza. Nonostante i nuovi parametri, l’Italia rimane inchiodata al suo 31esimo posto, con 70,8 punti. Ma… e su questo ritorniamo fra un attimo.
Terza evidenza: C’è un divario fortissimo tra le aree del mondo. Sette delle dieci economie più competitive sono in Europa e America del Nord, le tre restanti sono Singapore, Giappone e Hong Kong. Particolarmente arretrate Africa subsahariana, Asia del Sud, America Latina e Eurasia. Se si considera che 33 economie hanno un punteggio pari o sotto i 50 punti, e che nelle stesse regioni ci sono divari evidenti tra i vari paesi, si intuisce un gap forte fra zone del mondo, come commenta Kalus Schwab, presidente esecutivo del Wef, allarmato da “un nuovo divario globale tra i paesi che comprendono le trasformazioni innovative e quelli che non le capiscono”. “La produttività è il principale motore di crescita nel 2018, ma con la quarta rivoluzione industriale è necessario ripensare i driver della competitività e, quindi, la crescita nel lungo periodo” precisa.
Fermiamoci qui. La classifica andrebbe letta tenendo conto di tutti i parametri (se avete voglia di approfondire, qui le 671 pagine), perché ad esempio, anche se gli Stati Uniti sono i primi in classifica esistono limiti in molte voci, il più evidente quello legato alle aspettative di vita (46esimo posto, con 67,7 anni di età).
Torniamo all’Italia. Se si guarda ai 12 diversi parametri che concorrono a lasciare in stallo l’Italia al 31esimo posto, si vede che alcuni hanno avuto un’accelerata positiva. Tra tutti il parametro che misura l’Innovazione, che vede l’Italia al 22esimo posto (66 punti) anche se ben distaccata dalla capofila tedesca, mentre il dinamismo aziendale ci classifica ancora in posizioni di retroguardia, al 42esimo (in testa USA). Il punteggio migliore (99) lo raggiungiamo nella Salute (sesta), non male le Infrastrutture (21esima).
Ma rimangono preoccupanti i dati sulle competenze e sul mercato del lavoro: siamo al 40esimo posto per gli skill, al 58esimo per stabilità economica, al 79esimo per il mercato del lavoro, al 49esimo per i servizi finanziari. Se guardiamo all’adozione della tecnologia ICT siamo al 52esimo posto sotto la media europea e americana, e per debito pubblico rimaniamo al 60esimo gradino su 140.
L’innovazione entrata tra le 12 leve della competitività (istituzione, infrastrutture, Ict, stabilità macroeconomica, salute, skill, mercato, lavoro, sistema finanziario, dimensioni del mercato, dinamismo del business e capacità di innovazione) è sicuramente un parametro importante per capire la direzione futura, sottolinea il Wef, ribadendo che le leve non sono tra loro compensabili: un sistema finanziario solido non può sostituire la carenze di infrastrutture fisiche, così come investimenti in ICT non possono compensare la mancanza di innovazione o di una classe imprenditoriale adeguata. Dodici leve che devono essere azionate e previste nella strategia dei singoli paesi, rimarcando quanto “i principali motori della produttività siano salute, istruzione e competenze di una popolazione”, ma anche mercati aperti senza vincoli e dazi, garanzia di protezione sociale all’interno dei singoli paesi, correttamente bilanciata con le strategie di apertura verso l’estero. Le nuove sfide tecnologiche possono essere una leva per tutti i paesi, sostiene Saadia Zahihi, membro del consiglio di amministrazione del Wef, e ogni paese può essere una best practice per l’altro. “La competitività non è né una gara né un gioco a somma zero – dichiara -. Tutte le economie possono diventare più prospere”.
Questa settimana a Roma verrà presentato il nuovo Rapporto Anitec-Assinform sul Digitale in Italia, focalizzato su innovazione, crescita e trasformazione. Anche in questo caso sarà importante, al di là della fotografia che ne emergerà, riconoscere le cause delle inerzie e concretizzare gli interventi per lo sviluppo. Le best practice tra Nord e Sud, piccole e grandi aziende, PA centrale e PA locale valgono anche da noi.
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