La divisione Aruba Enterprise non è nuova. Da anni offre servizi ai clienti aziendali, li segue, ma nel percorso di crescita sul mercato italiano e internazionale necessitava di un’anima propria, ben definita con un brand dedicato e un team indipendente, focalizzato sul proprio target.
E così Aruba Enterprise (ri)debutta nella nuova veste a Ponte San Pietro, nell’area del Data Center che Aruba aveva inaugurato a fine 2017, con il management al completo per presentare la strategia Enterprise rivolta ad aziende che vogliono affidarsi all’outsourcing di Aruba, lavorando a quattro mani e facendosi affiancare nelle loro trasformazioni aziendali. “Una ufficializzazione, il naturale completamento di un percorso di crescita” più che un debutto, come afferma Stefano Sordi, nuovo direttore commerciale di Aruba, “l’inizio di una più forte azione di posizionamento dell’azienda su una fascia di mercato importante come quella degli enti pubblici e delle medie e grandi imprese sia a livello nazionale che internazionale”.
“Noi non siamo più l’azienda dell’inizio – incalza Stefano Cecconi, ceo di Aruba – anche se le persone sono le stesse e Aruba rimane un’azienda di famiglia. Abbiamo cercato di rispondere negli anni alle esigenze dei clienti, perseguendo più strade: rafforzare l’azienda senza dipendere da una singola tipologia di business e di clientela, fornendo servizi e soluzioni fatte in casa, ospitando contenuti e dati, fino a costruire i data center”. E continua: “Non siamo andati in borsa negli anni delle dotcom ed è stata la nostra fortuna. La decisione fu abbastanza semplice da prendere: sapevamo che avremmo dovuto modificare approccio e avremmo perso la nostra capacità di rischiare, la nostra elasticità, la nostra velocità di decisione”.
Focus sulla divisione Aruba Enterprise
Oggi la divisione Enterprise conta 250 persone, ingegneri e tecnici altamente qualificati in grado di prendere in gestione i progetti dalla definizione della soluzione, alla fase di implementazione e migrazione fino all’erogazione e alla gestione in esercizio. “Il cliente avrà sempre personale dedicato a garanzia del massimo rispetto dello Sla concordato – precisa Giorgio Girelli, general manager di Aruba Enterprise – e il target interessato è quello di aziende che hanno esigenze complesse di trasformazione del business, sia in termini di personalizzazione, sia di dimensione dell’infrastruttura e dei volumi dei servizi da gestire, in tutti i vertical di mercato, dal mondo bancario e assicurativo, al retail manifatturiero, ai service provider fino alla pubblica amministrazione”.
Due gli ambiti in cui è suddivisa l’offerta. Le soluzioni di Cloud e Data Center e quelle di Trust Services. Le prime aiutano le grandi aziende e le PA ad aumentare l’affidabilità e la compliance dei propri sistemi IT, riducendone al tempo stesso i costi (progettazione di intere infrastrutture fisiche o in cloud, gestione, iservizi di Disaster Recovery, Backup e Business Continuity). Le seconde, di Trust Services, sono dedicate alla dematerializzazione e certificazione dei processi, allo scopo di digitalizzare l’azienda (identità digitale, certificati SSL, sistemi di strong authentication, firma elettronica o grafometrica, marcatura temporale, conservazione digitale a norma, PEC e fatturazione elettronica). “Le infrastrutture di data center proprietari con un livello tecnologico avanzato hanno enorme capacità d’espansione e garantiscono standard certificati nelle strutture e nei processi, oltre che investimenti nelle certificazioni – continua Girelli –. In questo modo riusciamo ad offrire servizi personalizzati e progetti mirati sulla base delle esigenze specifiche di aziende, enti e istituzioni”.
Sguardo al futuro, in Italia e all’estero
La presenza in paese europei (“Abbiamo un forte presenze in Slovacchia, Polonia e Ungheria” precisa Sordi) è stato un primo passo verso l’internazionalizzazione di Aruba che ha visto quest’anno compiere una mossa strategica sul mercato cinese, (“Una delle nostre scommesse” precisa Cecconi) dove Aruba ha preso la gestione del dominio .cloud autorizzato dal governo cinese vincendo la gara contro le grandi del Web, Amazon Web Services e Google. “Un’azienda italiana che ha vinto una gara contro questi giganti è una conferma che possiamo proporci a livello internazionale” commenta il ceo.
Intanto i progetti di sviluppo in Italia vedono Aruba al lavoro per la costruzione del Global Cloud Data Center di Ponte San Pietro dove è già funzionate il Data Center A di 45mila mq, su una superficie di 20 ettari con 90mila mq di copertura. “E’ un progetto quasi urbanistico – precisa Fabio Biancucci, architetto data center di Aruba – che prevede un lavoro di ricerca continuo con il team di progettisti per realizzare data center, belli, di design, sostenibili, green. La nuova avventura che stiamo cercando di affrontare anche a Roma”.
Il progetto nel bergamasco prevede la costruzione di altri due data center (B e C) (“già cantierizzati”), un centro logistico, spazi direzionali e un auditorium per ospitare eventi e clienti, il tutto nell’arco dei prossimi due anni. “La costruzione dell’Auditorium comincerà nei prossimi mesi” precisa. Per l’Hyper Cloud Data Center di Roma, annunciato 8 mesi fa, il progetto sarà diverso in quando il contesto è geograficamente differente, mentre a Ponte san Pietro si sfrutta l’energia idroelettrica grazie al corso d’acqua adiacente al complesso, a Roma si farà affidamento sull’energia fotovoltaica, sfruttando il sole e fondazioni che dissipano il calore. “Sismicamente performante, in classe 4, è progettato come tutti gli edifici sensibili come gli ospedali in grado di sopravvivere a qualsiasi crisi. Il progetto romano, depositato in questi giorni, prevede 5 data center ed è un progetto evoluto” conclude Biancucci.
Due casi aziendali, Decathlon e Nexive
Tra i clienti enteprise che si appoggiano a data center di Aruba, Decathon e Nexive, con la messa in cantiere di due progetti di trasformazione digitale che impattano sul business aziendale. “Il nostro progetto di digital transformation inizia nel 2014 con l’obiettivo di ridurre l’uso della carta e semplificare i processi – racconta Marco Labianca, procurement category manager di Decathlon Italia -. Dovevamo standardizzare le nostre procedure burocratiche e abbiamo costruito insieme ad Aruba soluzioni su misura, non precostituite, che riguardassero i nuovi contratti, la sicurezza e l’azionariato interno. Dal 2016 i nuovi assunti hanno un contratto digitale, e dal gennaio 2019 tutti i dipendenti con più di 6 mesi di anzianità possono acquistare azioni attraverso il portale. Prossimi step: possibilità di firmare un contratto digitale senza doversi per forza incontrare. Un contatto digitale costa 35% in meno rispetto a un contratto normale, con un risparmio soprattutto di processo (redazione, 2 copie, tempo di firma). Oggi gestiamo tutto tramite template, firma grafometrica, ma la firma del dipendente diventerà digitale. È il momento in cui investire: generalmente apriamo da 5 ai 7 punti vendita all’anno, nel 2018 abbiamo rallentato aprendone solo 4, ma nel 2019 potremmo inaugurarne anche più di 7. La logica è di portare un negozio Decathon a 20 minuti da casa di tutti, oggi riusciamo a farlo nei centri meno serviti anche grazie alla piattaforma di ecommerce”.
L’ecommerce, motore del trasformazione anche di Nexive, sul mercato da oltre 20 anni come operatore postale privato. “Abbiamo visto in questi anni un’impennata esponenziale del mercato della consegna dei pacchi grazie all’ecommerce, e assistito al calo pesante del mercato della consegna della posta. I clienti ci chiedono innovazione e semplicità – racconta Davide Albanese, IT manager di Nexive -. All’inizio del 2017 avevamo l’esigenza di dover trasformare il nostro data center, decidendo di fare il passo dal data center in IBM verso Aruba. I clienti ci chiedevano soluzioni flessibili, e avevamo bisogno di una soluzione tecnologica smart che ci permettesse di gestire le consegne nei picchi di stagione, soprattutto da metà novembre e a metà gennaio, un momento più complicato di altri contesti”. L’intero progetto è durato circa 18 mesi: nella prima parte si è trasferita l’infrastruttura tecnologia a Ponte San Pietro, poi si è lavorato per trasformarla facendo un upgrade di tutte le componenti hardware, software e infrastrutturali replicandole su due data center, a Ponte San Pietro e ad Arezzo, per garantire il disaster recovery. “L’impatto della trasformazione è stato positivo: raggiungeremo il 30% di saving spalmato su 5 anni. Flessibilità dei costi e flessibilità tecnologica è stato il plus di questi servizi” conclude Albanese.
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