Cambia la figura dei Cfo ma in verità ad essere rivoluzionato in azienda – dalle tecnologie emergenti e dalle sfide dei competitor – è il comparto finance nel suo complesso. Ne parlano Andrea Dossi, professore associato del Dipartimento di Accounting presso l’Università Bocconi e Associate Dean for Faculty e la ricerca Agile Finance Unleashed: The Key Traits of Digital Finance Leaders (Aicpa e Cima con Oracle) condotta su più di 700 ruoli apicali, nell’area finanza e controllo a livello globale.
La ricerca indaga infatti i trend per individuare le caratteristiche dei financial digital leader dei prossimi anni, cioè delle figure che saranno effettivamente in grado di guidare la trasformazione aziendale, ed Edilio Rossi, Digital Finance & Supply Chain Sales Development Director di Oracle Italia così introduce il tema e presenta a seguire i numeri: “Negli ultimi dieci anni il profitto dalle aziende guida – quelle che McKenzie classifica come ‘superstar’ – è cresciuto in media di 1,6 volte rispetto a dieci anni prima, mentre le aziende “ritardatarie” registrano perdite 1,5 volte maggiori. Nel tempo la forbice si è allargata e la causa è l’avvento delle nuove tecnologie. Avvento che insiste sull’innovazione dei processi, sul cambiamento dei modelli e sull’ambiente competitivo (si pensi anche solo al fintech)”.
Agile Finance
Le tecnologie emergenti già disponibili permettono di passare al nuovo modello individuato nell’Agile Finance, tema della ricerca. E’ basato sul binomio efficacia/efficienza, ma integrato dalla necessità di essere agili e flessibili. Rossi: “Si tratta di riconoscere i collegamenti tra finance digitale e successo organizzativo di impresa. I tassi di crescita in azienda sono correlati ai team finance che hanno competenze digitali e le sanno mettere a terra. Ma non basta, è l’intera azienda a doversi saper dotare di modelli organizzativi digital e data driven“.
Un’impresa digital ready quindi oggi lavora sulla value proposition, utilizza alcune tecnologie come Rpa (Robot Process Automation) per abbattere i costi, allinea la supply chain (in modalità automatizzata e connessa con i fornitori), integra dati finanziari e non finanziari, elabora i temi del rischio e li valuta nei suoi modelli di controllo, si dota di ecosistemi complessivi digitali che incorporano relazioni a monte e valle della catena del valore.
I numeri della ricerca, commentati da Rossi: “Solo il 32% dei finance si considera leader digitale (una percentuale in diminuzione) significa che il tasso di evoluzione digitale in qualche modo è talmente rapido da non consentire agli essere umani di stare al passo”.
Il modello operativo cui il digital finance è chiamato ad adeguarsi nel prossimo futuro è basato su tre pilastri: eccellenza operativa, intelligenza digitale (AI e ML, per cambiare il modo in cui i dati sono raccolti e letti per essere trasformati in informazioni consumabili) e l’influenza di business. Significa che il finance esce dal proprio silo organizzativo e interloquisce non solo con Ceo e proprietà ma con gli uomini di business per offrire servizi a valore.
Rossi presenta la ricetta per allineare strategia e tattica. Per l’eccellenza operativa “serve reingegnerizzare i processi finance legacy tradizionali a partire dal report to report (closing, riconciliazione etc.)”. Per esempio tramite Robotic Process Automation (per operazioni a basso valore e alto volume), in modo da spostare l’attenzione umana sulle eccezioni (attraverso il ML).
Per quanto riguarda la digital intelligence “significa sfruttare big data e data lake che permettono di cambiare i processi, le modalità stessa con cui si fanno previsioni di business, anche con metodi di lavoro innovativi. Per esempio creando centri di eccellenza costituiti da risorse umane che collaborano in team virtuali da remoto”. Infine, per quanto riguarda la Business Influence, “il finance deve imparare a lavorare con le aree funzionali, e deve essere riconosciuto per le sue competenze che permettono di consigliare modelli di valutazione delle performance effettivamente mirati”.
O si cambia o si cambia
La situazione degli uffici finance è oggi però ben diversa: solo il 10% pensa di disporre di skill avanzate, e solo il 15% è riconosciuto competente al punto da riuscire a far leva sulle tecnologie emergenti per abbracciare i nuovi modelli. Mentre, ed è positivo, già il 35% del campione dichiara che la propria azienda intravede i benefici di un approccio disruptive nel proprio ambito.
Concretamente l’86% dei digital finance leader riconosce di avere un approccio digital e cloud-first mentre questa percentuale è appena del 41% tra le aziende che “arrancano”. Tre i messaggi da portare a casa: il senso di urgenza ad adottare un nuovo modello finanziario, la necessità di un modello operativo digitale, la possibilità di abilitarlo solo facendo ricorso a quanto offrono le tecnologie.
La ricerca evidenzia inoltre come tutta l’azienda deve orientarsi verso l’idea di un’interazione permanente con i propri clienti, lavorare sfruttando sistemi integrati (e suite) abbandonando le logiche di prodotto a “mattoncino”, favorire una cultura del cambiamento con il finance a detenere un mandato esecutivo, significa avere in azienda Ceo e stake holder in rapporto diretto e orientato ad un obiettivo comune.
Si aggancia Andrea Dossi, professore associato del Dipartimento di Accounting presso l’Università Bocconi e Associate Dean for Faculty: “Il finance (sistema formale nato dall’idea dell’azienda come di un sistema di contratti) da qui a dieci anni o evolve o potrebbe scomparire. Allo stesso tempo è vero che le possibilità tecnologiche accelerano con una rapidità molto maggiore rispetto alla capacità di cambiare e tendono a sostituire la forza mentale; per questo è indispensabile concentrarsi su quei lavori rispetto a cui si gode di un vantaggio competitivo rispetto alle macchine”.
Si tratta di individuare quindi quali essi siano. Offre la risposta Dossi: “Le relazioni. Sono le relazioni e la capacità di leggere le interazioni. Non a caso sono sempre più elemento di valutazione aziendale (anche se nei Crm è difficilissimo valorizzarle). Quindi serve ripensare al finance come a un insieme strutturato di sistemi, di processi e cicli. E questo è importante proprio perché la tecnologia “da sola” non opera. Si pensi anche solo alla sanità, al bisogno di assessment tecnologico”.
L’idea quindi è quella di approdare ad un’idea di finance come Chief Value Officer, non per preservare i beni aziendali o fornire informazioni ai processi decisionali in modo generico ma a presidio del valore (efficienza corrente e futura, gestione dei rischi). “In questo contesto quindi – specifica Dossi – il ruolo di data elaboration nel finance è destinato a scomparire perché inefficiente”.
Ampliare la funzionalità del finance – che oggi di fronte alle tecnologie mostra ampiamente il fianco nei processi transazionali e in futuro anche nei processi destrutturati – pone di fronte a tre sfide, Dossi: “Pensare di ridisegnare l’organizzazione e la struttura dell’Information nella value chain eliminando i livelli intermedi che non aggiungono valore e convertendo le risorse umane alla generazione di valore quindi avere una “people strategy” (1); ripensare i cicli di controlling per disporre di informazioni più veloci e soprattutto capire cosa farsene (2). In ultimo, ma molto importante, bisogna avere una visione end to end con il finance come information broker in grado di avere davvero una vista complessiva (3).
Per il finance, il Cfo resterà davvero fondamentale come “connettore dell’esterno non con l’interno”. E’ grazie agli impulsi dall’esterno che il Cfo attinge importanza, esterno da identificare anche nei value driver come la customer satisfaction, la customer relationship, la brand reputation, “linguaggi che altrimenti non saranno comprensibili in azienda” ma su cui sempre di più si genererà il valore.
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