Vodafone Business, grazie alla sua piattaforma Vodafone Analytics, trasforma i dati generati dalla sua rete 4G, dopo averli anonimizzati, aggregati secondo il processo di privacy-by-design e proiettati sul 100% della popolazione, in informazioni di valore che aziende ed enti possono capitalizzare trasformandole in azioni e decisioni, in linea con strategie di crescita che sono sempre più data driven. Il retail è senza alcun dubbio uno dei settori in cui il bisogno di dati su cui basare e formulare iniziative business è maggiore: lo è sempre stato e lo è ancor di più oggi, alla luce degli impatti che l’emergenza sanitaria ha prodotto sulle abitudini di acquisto dei consumatori, sia cambiandole temporaneamente che trasformandole in modo definitivo. E questo vale sia a livello mondiale, sia a livello locale.
Impatti della pandemia nel retail
A livello internazionale, la letteratura relativa alle conseguenze del Covid-19 sui comportamenti degli utenti finali e sui trend del settore retail è gia’ molto vasta. Tra i tanti report prodotti da istituti di ricerca, realtà consulenziali ed esperti del comparto, sono le considerazioni riportate da RIS News | Technology Insights for Retail & Grocery Executives a risultare particolarmente interessanti. Secondo Ris News, sono otto i trend principali che, prendendo le mosse dal mercato Usa, si stanno affermando in tutto il settore retail mondiale:
- Si impongono modelli self-service: il distanziamento sociale ha accelerato lo sviluppo di modelli self-service. È il caso dei modelli BOPIS (buy-online-pickup-in-store: acquisto-online-ritiro-in-negozio) e BOSS (buy-online-ship-to-store) che hanno effettivamente guadagnato una popolarità crescente tra i consumatori. La forte spinta verso un approccio self-service è provata anche dai dati di Comscore che da un’indagine svolta recentemente ha rilevato che il 40% degli utenti Europei ed il 42% dei consumatori statunitensi ha incrementato in modo significativo gli acquisti online durante il lockdown;
- Cresce l’utilizzo della realtà virtuale: per effetto della pandemia, i clienti preferiscono migrare online pressoché l’intero ciclo di acquisto online. Praticamente ogni settore del commercio e comparto industriale dovrà essere pronto a soddisfare la domanda con un approccio digitale;
- I pagamenti online sono sempre più frequenti: il Covid-19 ha accelerato lo sviluppo dei pagamenti online che ad oggi non sono più un’opzione ma una scelta assolutamente mainstream;
- Cambia la composizione della spesa: gli articoli acquistati dai consumatori sono cambiati. A causa della disponibilità limitata di merci derivante dalla chiusura dei negozi e dalle interruzioni nelle catene di approvvigionamento, e della conseguente incertezza finanziaria, durante il lockdown i consumatori hanno speso principalmente in beni di prima necessità. Tuttavia, con l’allentamento delle misure restrittive, proprio come risposta alla fine del periodo di lockdown più duro, si sta assistendo alla ripresa degli acquisti in ambito luxury e fashion da parte di una fetta di utenti (secondo le stime di EY pari al 25% della domanda negli Usa) che i retailer devono essere in grado di indirizzare in modo efficace;
- Cresce la spesa in prodotti sanitari: non sorprende che con lo scoppio della pandemia da Covid-19 gran parte dei consumatori abbia dato la priorita’ alla propria salute e a quella dei propri cari. I consumatori stanno quindi spendendo in prodotti sanitari di base, come disinfettanti e stimolatori dell’immunità, facendo del consumo di prodotti sanitari un vero e proprio stile di vita. Visto che la paura di germi e virus non è destinata a scomparire presto, è improbabile che la domanda di tali prodotti diminuisca;
- I negozi locali sono sempre più preferiti: le restrizioni sulla mobilità e l’esigenza di effettuare una spesa destinata alle sole necessità hanno portato i consumatori ad affidarsi ai negozi locali per soddisfare le loro necessità quotidiane. Molti consumatori stanno ora scegliendo di continuare a fare acquisti presso questa tipologia di punti vendita per contribuire alla ripresa economica della loro comunità. Grazie alla personalizzazione, agli alti livelli di servizio, alla convenienza e ai prezzi convenienti che i negozi locali garantiscono, è prevedibile che i clienti continueranno ad essere fedeli ai piccoli punti vendita di prossimità;
- Cambia l’atteggiamento verso la privacy: i consumatori sono più disposti a condividere i propri dati personali per facilitare il monitoraggio e il tracciamento di possibili cluster e focolai di infezione. In un breve lasso di tempo, l’emergenza sanitaria ha ridotto le preoccupazioni che gli utenti finali manifestavano in passato relativamente alla possibilità di fornire i propri dati ai retailer. Pertanto, se i dati saranno utilizzati in modo responsabile, è prevedibile che questo facilitera’ i retailer ad analizzare attraverso dati aggregati e anonimi la propria base commerciale e a personalizzare offerte e promozioni;
- La tolleranza verso gli errori è bassa: le tante opzioni presenti sul mercato, la crescente importanza dei negozi locali, la disponibilità di standard di servizio mediamente molto buoni hanno portato ad aspettative più elevate. Errori come consegne in ritardo, frequenti avvisi di esaurimento scorte o servizio clienti inefficace non sono più consentiti. I retailer che saranno in gradi di ottimizzare i prezzi, le promozioni e l’inventario in tempo reale, attraverso i loro canali fisici e digitali, continueranno a detenere la maggioranza del mercato, mentre gli altri player continueranno ad operare in una porzione di mercato molto piccola.
Alla luce di questi trend, in particolare la propensione verso il canale online e i piccoli negozi di prossimità, alcune aziende multinazionali hanno già annunciato piani di razionalizzazione dei punti di vendita fisica a livello mondiale e hanno innescato una rapida rivoluzione dei propri modelli di business. A maggio, H&M, che serve 74 mercati globali, ha comunicato di aver chiuso, nel primo trimestre 2020, 3.441 negozi su 5.062 mantenendo aperti circa 50 mercati digitali online. Zara ha riferito che il 51% dei suoi 7.489 negozi è stato temporaneamente chiuso con 156 mercati online operativi. Uniqlo, la catena giapponese di fast retailing, ha previsto un calo del 44% del profitto operativo per l’anno corrente fino ad agosto. Con l’unica esclusione del punto vendita di Stoccolma, tutti i 98 negozi Uniqlo in Europa sono stati chiusi da marzo. In Cina, sino ad aprile, malgrado le misure restrittive fossero state allentate in alcune città, circa la metà dei 750 negozi Uniqlo sono rimasti chiusi a causa dell’interruzione della catena di fornitura.
I fenomeni descritti a livello complessivo rendono urgente l’identificazione delle dinamiche che caratterizzano il settore italiano del retail per valutare quali siano gli elementi in comune e quali, invece, gli aspetti peculiari.
I trend del settore retail in Italia
Le dinamiche relative al cambiamento delle abitudini di consumo, alla frequentazione delle aree commerciali e al tasso di conversione delle visite in acquisti, durante, prima e dopo il lockdown, rivestono un’importanza significativa anche in Italia. Al fine di identificare e approfondire i principali trend in quest’ambito, Vodafone Business -grazie alla sua piattaforma Vodafone Analytics – e l’Osservatorio Confimprese – EY hanno unito le loro forze e messo a disposizione il loro patrimonio di dati e conoscenze:
- la piattaforma Vodafone Analytics, a partire dagli oltre 25 miliardi di informazioni irreversibilmente anonimizzate raccolte quotidianamente sulla rete Vodafone e successivamente aggregate, consente di offrire informazioni preziose, quali la pedonalità di zone geografiche e singoli esercizi commerciali, la provenienza dei visitatori (distinguendo anche tra Italiani residenti per singolo Cap e stranieri), i tempi di permanenza, oltre a interessanti indicazioni sociodemografiche;
- l’Osservatorio Confimprese – EY (Confimprese è l’associazione di categoria di riferimento per il commercio moderno) è un panel continuativo di rilevazione dei consumi basato su dati proprietari: fornisce informazioni puntuali e tempestive raccogliendo, nella massima riservatezza, dati relativi al fatturato di realtà operanti nei settori ristorazione, abbigliamento e non food e comparando le variazioni di fatturato su una base capillare con vista per settori, regioni e province. In particolare, l’Osservatorio aggrega i dati di 45 insegne e 4.400 punti vendita distribuiti in tutte le regioni italiane e nel 99% delle province.
Dall’incrocio dei dati della piattaforma Vodafone Analytics con le informazioni derivanti dall’Osservatorio Retail di Confimprese – EY, relativi ai primi 5 mesi del 2020, sono emersi risultati interessanti che sono stati presentati lo scorso giugno 2020 durante un Webinar organizzato da Vodafone Business nell’ambito delle iniziative #ReadyTogether.
Cosa succede nel settore italiano del Retail
I dati elaborati dall’Osservatorio Retail di Confimprese – EY riflettono le criticità derivanti dal lockdown, ben sintetizzate dal forte calo delle vendite su canale fisico che, a livello italiano, a maggio 2020 si sono ridotte del 59% rispetto a maggio 2019 e del 46% nei primi 5 mesi del 2020 rispetto al periodo omologo del 2019. Ben diverso è l’andamento delle vendite di commercio elettronico che hanno, infatti, registrato un incremento del 136% a maggio 2020 e del 110% nei primi 5 mesi dell’anno (+171% nel solo bimestre aprile-maggio). Abbigliamento, accessori e ristorazione sono le categorie merceologiche che hanno sofferto di più durante il periodo di lockdown. Le vendite di altri prodotti non food – comunque in calo – hanno, invece, beneficiato di aperture parziali o anticipate e sono state supportate dal buon andamento del canale online. Le vendite hanno frenato in particolare nel canale travel (ovvero stazioni, aeroporti, etc.), seguiti da centri commerciali e outlet. I negozi localizzati nelle vie del centro delle grandi città e soprattutto quelli ubicati in zone più periferiche o di piccole località hanno riportato una contrazione delle vendite lievemente inferiore alla media complessiva. L’impossibilità, per gli utenti finali, di spostarsi lontano dalle proprie abitazioni ha di fatto avvantaggiato i punti vendita più lontani dai centri cittadini.
Il crollo delle vendite seguito allo scoppio della pandemia da Covid-19 e al lockdown delle attività commerciali appare ancor più drammatico se letto alla luce del trend delle vendite registrato nel periodo precedente, tra luglio 2019 e febbraio 2020, che appariva infatti già orientato ad una stagnazione dei consumi.
A partire da questo scenario, l’adozione della piattaforma Vodafone Analytics consente di incrociare le informazioni dell’Osservatorio Retail con i dati della rete 4G e di contare quanti individui, tracciati in maniera anonima e aggregata nella loro provenienza e nei loro spostamenti, svolgono determinate azioni, come sintetizzato dall’hashtag #wecount. In questo modo, è possibile identificare e misurare insight e fenomeni che non sono immediatamente visibili a partire dalle rilevazioni e che è fondamentale capire in un periodo così incerto come l’attuale.
Le analisi svolte con Vodafone Analytics hanno preso in considerazione visite e vendite effettuate in un subset di centri commerciali, vie del centro ed outlet, questi ultimi con un forte peso dei punti vendita luxury e fashion, nel periodo febbraio–giugno 2020, per poter valutare trend e profili di acquisto pre, durante e post lockdown.
Gli insight derivanti dalla lettura dei dati riguardano in prima battuta le presenze di utenti finali presso le diverse strutture di vendita. I dati riflettono la progressiva introduzione delle misure restrittive e pertanto ad aprile mostrano un picco negativo delle presenze – particolarmente intenso per gli outlet che non prevedono la vendita di beni di prima necessità – e, a partire da giugno, una graduale ripresa delle visite degli utenti finali. Nel mese di giugno, va sottolineata una buona ripresa delle presenze negli outlet, a dimostrazione di come luxury e fashion guidino gli interessi di acquisto degli utenti finali. Questo insight appare particolarmente interessante alla luce dell’ancora scarsa presenza di utenti stranieri sul territorio nazionale nel mese di Giugno 2020.
Se si analizzano le abitudini di acquisto, i dati dimostrano come all’aumento della frequentazione dei punti vendita non corrisponda un analogo aumento delle vendite. Ciò suggerisce una maggior cautela da parte dei consumatori finali le cui decisioni di spesa sono evidentemente più ponderate del solito.
La lettura delle abitudini di acquisto non ha riguardato solo la propensione a comprare ma anche aspetti temporali, geografici, di genere e demografici. Dal primo punto di vista, se nel periodo pre-lockdown i consumatori tendevano a concentrare la loro presenza nei giorni del week-end, nel post-lockdown i picchi di presenza non sono più rilevati in corrispondenza dei fine settimana ma nei giorni infrasettimanali: sono molti gli utenti finali che, forse intimoriti dai possibili assembramenti del sabato e della domenica, hanno cambiato abitudini e logiche di visita e, alla luce di ciò, i centri commerciali devono necessariamente cambiare strategie e messaggi commerciali.
I dati rilevati negli outlet non rilevano, al contrario, cambiamenti rilevanti rispetto al pre-lockdown: le visite all’outlet sono sempre svolte tendenzialmente nel weekend, ed in particolare durante la domenica quando si può dedicare più tempo agli spostamenti (gli outlet sono generalmente lontani dai centri abitati), e sono tornate ai livelli pre-lockdown.
I tempi medi di acquisto dopo l’impennata di aprile, dovuta a code e ingressi contingentati, sono tornati ai livelli pre-lockdown. Da un punto di vista geografico, invece, la necessità di fare acquisti nei negozi di prossimità, che si è imposta durante il lockdown, è diventata una consuetudine nei mesi immediatamente successivi al periodo di restrizioni alla mobilità.
Infine, durante il lockdown, contrariamente a quanto capitava prima della pandemia, sono stati gli uomini ad occuparsi in prevalenza degli acquisti. Nei primi mesi che sono seguiti al lockdown, questo trend si è confermato a riprova di come il lockdown possa aver modificato stabilmente la ripartizione delle attività tra i componenti della famiglia.
Inoltre, nei punti vendita è calata la presenza degli individui più giovani, tra i 15 e i 25 anni di età. Sono gli individui che hanno subito di più il lockdown in quanto considerati uno dei maggiori veicoli di contagio per i soggetti più deboli: ciò li ha portati a muoversi poco e questa tendenza sembra permanere anche nel periodo post lockdown.
Il valore della piattaforma Vodafone Analytics
Ad oggi, visto il breve arco temporale analizzato e il subset di punti vendita considerati, non è possibile prevedere quanto e se gli insight precedentemente descritti relativamente alle nuove abitudini di acquisto si consolideranno e diventeranno strutturali.
Quel che è certo è che la disponibilità del nuovo patrimonio informativo offerto da Vodafone Analytics, che può essere facilmente personalizzabile rispetto alle esigenze delle aziende, offre ai retailer uno strumento efficace per indirizzare in modo puntuale una serie di aree di intervento, quali per esempio:
- recepire le diverse abitudini del proprio target commerciale;
- rivedere e le proprie strategie di vendita;
- attivare nuove forme di ascolto e quindi creare nuove offerte pensate per specifiche fasce di individui;
- allocare in modo adeguato la spesa pubblicitaria;
Ciò contribuisce ad aumentare l’abilità di risposta dei retailer ai rapidi cambiamenti di mercato, che in un periodo come l’attuale sono davvero all’ordine del giorno.
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