Lo scenario attuale vede le aziende accelerare sui progetti cloud, con maggiore fiducia rispetto al passato, ed il cloud computing è effettivamente in grado, oggi, di offrire gli strumenti necessari per superare quelle criticità che hanno frenato la sua adozione, e permettere una reale trasformazione di processi e workload in senso digitale.
Sicurezza, prestazioni (anche per i carichi di lavoro più critici), automazione, apertura verso gli scenari multicloud, assenza di lock-in e capacità di sfruttare le opportunità migliori offerte dallo sviluppo Open Source, sono però tratti distintivi, particolari e, tutti insieme, anche esclusivi del cloud Oracle di seconda generazione. Ne parliamo con Alessandro Esposito, Senior Manager Cloud Engineering di Oracle, che entra così nei dettagli.
“Applicato al cloud computing, il concetto “open” è effettivamente sfidante – esordisce Esposito – e si presta a più interpretazioni: non solo evidenzia alcuni dei vantaggi in opposizione al codice proprietario, per esempio, ma anche l’assenza di lock-in, o la capacità di far leva sui vantaggi di uno sviluppo effettivamente aperto”. Ecco, “Oracle nella proposizione della propria tecnologia cloud, ed allo stesso tempo in modo coerente con queste tre possibili “interpretazioni”, ha sviluppato il suo cloud di seconda generazione sulla base di quattro criteri fondamentali”: la possibilità di pensare al cloud Oracle all’interno di “una strategia che preveda comunque l’adozione di più cloud provider, e la scelta di sfruttare sia il cloud sia le risorse on-premise (architetture ibride)”. Il secondo criterio di sviluppo è basato sull’idea di “consentire l’utilizzo del software di Oracle, con anche un ampio supporto di tecnologie di terze parti, in uno scenario che naturalmente è sempre più eterogeneo”. Un terzo criterio chiave è l’idea che quanto viene sviluppato sul cloud di Oracle “sia effettivamente “portabile” su altri ambienti cloud, come anche utilizzabile on-premise”. Il quarto e ultimo criterio riguarda invece “la sensibilità di Oracle per il mondo Open Source (investimenti, strategia,etc.)”.
Oracle Cloud, una scelta di apertura
L’apertura del cloud Oracle rispetto alla possibilità di deployment diversi è quindi senza dubbio fondamentale. La proposizione del cloud di seconda generazione all’interno di uno scenario complesso, come quello attuale, “soddisfa le esigenze delle aziende che sono alla ricerca del “best of breed” per ogni tipologia di workload e non necessariamente riescono a trovarlo presso un unico fornitore”.
Con Oracle le aziende possono quindi “utilizzare i servizi innovativi di Oracle Cloud e di diversi fornitori, – anche solo per valorizzare gli investimenti già compiuti – ma anche decidere di non rinunciare per alcuni specifici workload a sfruttare i servizi cloud all’interno dei propri datacenter (per esempio in osservanza a specifiche normative)“. Ecco perché per Oracle tra i pilastri fondamentali alla base dell’ecosistema proposto c’è la connettività.
Il cloud di Oracle è pertanto raggiungibile utilizzando tutti i più importante network provider. Da qui le partnership con le maggiori aziende del settore: Equinix, Colt, British Telecom, Vodafone, Telecom, etc. per cui indipendentemente dal network carrier, il cloud Oracle è sempre accessibile e permette di raggiungere gli altri in modo agile.
Un aspetto fondamentale infatti è che il provider fornisca connettività anche verso gli altri cloud, con performance elevate, a bassa latenza e in sicurezza.
Con Microsoft, in particolare, l’azienda non solo offre la possibilità di utilizzare il cloud di Azure con il proprio come “ambienti multicloud” efficacemente interconnessi e a bassissima latenza, ma “propone un’attenzione ulteriore proprio su questo ultimo punto, la sicurezza, con una gestione sicura del dato anche in transito, processi di autenticazione univoca sui due cloud, e il supporto congiunto”.
Oracle Cloud è integrabile inoltre all’interno di un ecosistema ibrido grazie all’offerta Cloud At Customer, con tutti i servizi del cloud pubblico di Oracle fruibili all’interno del proprio data center, inclusi quelli basati sui propri sistemi appositamente ingegnerizzati, gli Exadata. Un segno distintivo importante, per soddisfare in modo completo le esigenze di interoperabilità.
In particolare si può fare inoltre riferimento a una serie di servizi nati all’interno del cloud Oracle che sono già nativamente integrati con servizi di altri cloud provider. Li esplicita Esposito: “Oracle Integration Cloud, per esempio, prevede già connettori nativi per altri provider; Identity Cloud Service è utilizzabile come piattaforma per gestire identità ed autenticazione di utenti, su più cloud; e lo stesso vale per i servizi di monitoraggio e gestione come Oracle Management Cloud e per il servizio Oracle Data Safe relativo alla discovery e alla compliance di sicurezza del database Oracle”.
Eliminare i lock-in
Per quanto riguarda la possibilità di utilizzo di tecnologie di altri vendor, il cloud Oracle oggi supporta le più svariate piattaforme hardware (Intel, Amd, Arm, Nvidia, solo per citarne alcune), permette l’esecuzione di ambienti di virtualizzazione terzi (“Bring Your Own Hypervisor”) tramite i servizi bare-metal, prevede il supporto di tutti gli hypervisor, ma soprattutto – grazie alla partnership con VMware – è offerta ai clienti la possibilità di muoversi in un ambiente omogeneo entro cui muovere e migrare i workload o sfruttare le tecnologie VMware per il disaster recovery.
Resta aperta inoltre la scelta dei più svariati sistemi operativi, mentre per quanto riguarda gli ambienti di elaborazione basati sui container sono supportati nativamente Docker, quelli messi a disposizione da Nvidia e le community per i workload legati ad AI e ML ed il marketplace Oracle è ricco di centinaia di software di terze parti pronti per l’installazione su Oracle Cloud Infrastructure. L’azienda fornisce congiuntamente script (Quick-start) che permettono l’adozione di software di terze parti creati creati congiuntamente ai vendor terzi per il provisioning architetturale semplificato su Oracle Cloud.
Anche per quanto riguarda invece i servizi di piattaforma (PaaS), la “portabilità” di Oracle è quanto mai estesa. Il DB Oracle è oggi presente su qualsiasi ambiente e cloud, e così anche i DB MySql e NoSql. E la medesima apertura vale anche per tutta la proposta serverless, basata su codice Oracle Fn utilizzabile in tutti gli ambienti cloud come on-premise, per la massima portabilità. Si tratta di una scelta “no lock-in” non possibile presso altri provider, e fondamentale.
Con una nota importante che rappresenta un elemento differenziante: “Alcuni cloud provider (per esempio Aws e Google) – spiega Esposito – non nascono come vendor di tecnologia, Oracle si pone invece sia come cloud provider sia come fornitore di tecnologie in grado di garantire la portabilità delle proprie, con un evidente valore aggiunto”. Tanto più in uno scenario di evidente tensione verso scelte multicloud e ibride con un’evoluzione che Oracle è chiamata a facilitare con un’estensione della collaborazione con tutti i maggiori hyperscaler, a partire dalla connettività, per agevolare la distribuzione dei diversi layer applicativi.
Open Source, il valore dello scambio
Tantissime soluzioni Oracle oggi poi nascono utilizzando le migliori tecnologie Open Source. “Oracle veste la proposta Open Source con le caratteristiche del servizio di classe enterprise e contribuisce alla community in un ciclo virtuoso per tutta la catena del valore” – prosegue Esposito –. Quando serve anche pacchettizzando le tecnologie relative per un utilizzo proficuo on-premise, non solo in cloud. Per esempio, in Oracle Linux, è disponibile un ambiente completo cloud-native supportato e certificato dall’azienda che partecipa allo sviluppo come membro Platinum”.
E ancora, è possibile utilizzare Cloudera come tecnologia per i Big Data (nella sfera dei Big Data Services di Oracle), e la tecnologia Blockchain di Oracle è pure basata sulla proposizione della community Hyperledger cui l’azienda partecipa. Per quanto riguarda utilizzo di risorse “open” nel cloud di Oracle è importante, infine, evidenziare le possibilità di estensione SaaS spesso ricercata dai clienti, con il fine di aggiungere ulteriori funzionalità applicative ai servizi.
“Oracle la rende possibile senza l’utilizzo di framework proprietari, ma sulla base di servizi e tecnologie aperte”.
La sensibilità di Oracle per la tematica Open Source vede la partecipazione, infine, ad un numero esteso di progetti (Apache, Eclipse, Java, MySql, VirtualBox, la virtualizzazione con Kvm, Xen…) è membro platinum delle Cloud Native Computing Foundation, Linux Foundation ed Eclipse Foundation mettendo a disposizione delle communities budget, risorse e ingegneri. “Uno scambio – chiude Esposito – che avvantaggia la disponibilità di soluzioni di qualità e quindi, anzitutto, le aziende impegnate nei progetti di trasformazione digitale”.
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