In diversi contributi abbiamo sottolineato l’importanza del cloud per implementare i progetti di trasformazione digitale. Nel caso particolare di Oracle però abbiamo anche evidenziato come solo la proposta di un cloud di seconda generazione sia effettivamente in grado di aprire la via più sicura alle aziende con requisiti di livello enterprise, in modo da consentire loro di “diventare digitali”.
Il cloud oggi rappresenta l’architettura d’elezione per l’esecuzione delle applicazioni aziendali; la sua qualità infrastrutturale si misura in termini di prestazioni, sicurezza e automazione. Gartner prevede che il mercato mondiale del cloud pubblico raggiungerà nel 2022 il valore di 331 miliardi di dollari, con infrastrutture e servizi in crescita del 27,5%, mentre una ricerca Idg sottolinea come il 38% dei decision maker IT che ancora non ha abbracciato completamente il cloud stia valutando ora la migrazione di tutte le applicazioni in cloud.
Proprio l’utilizzo crescente del cloud ha contribuito ad evidenziare i punti deboli di quello di “prima generazione”, non in grado di supportare i carichi mission-critical, poco ottimizzato, con una scarsa visibilità sui workload, con una serie di lock-in, carenze di connettività e poco in grado di dialogare con gli altri cloud, mentre i Cio oggi hanno bisogno della massima flessibilità mantenendo il controllo e mostrano di avere fiducia nel cloud, a patto di potere governarlo, a seconda delle effettive esigenze.
L’idea di un cloud aperto, come è quello Oracle di seconda generazione, costruito e ottimizzato appositamente per eseguire carichi di lavoro impegnativi, può facilitare i Cio nel raggiungere gli obiettivi aziendali, mentre è sempre più espresso il bisogno di poter scegliere le piattaforme più adeguate per eseguire i carichi di lavoro – quindi, con la richiesta alla propria “infrastruttura” di riuscire a dialogare con le altre piattaforme e con il cloud pubblico dei maggiori hyperscaler.
Un approccio che consentirà in futuro di continuare a valorizzare gli investimenti già compiuti anche on-premise e di farsi trovare pronti per sfruttare i carichi applicativi che utilizzano le tecnologie legate ad AI, ML, realtà aumentata, IoT e 5G.
Oracle in particolare individua cinque parole chiave fondamentali che permeano la sua offerta: sicurezza, prestazioni e affidabilità, la competenza dell’ecosistema di partner in gioco affinché sia davvero possibile ottimizzare costi e tempi e ancora – fondamentale – l’apertura.
L’importanza di un cloud “aperto”
Non si tratta solo di utilizzare software open source, ma di aderire de facto a tutti quegli standard che possono facilitare lo spostamento di dati e applicazioni dei clienti, gestire i carichi di lavoro nei diversi ambienti, orchestrarli in tutti gli scenari “ibridi” e sfruttando il multicloud, potendo però sempre contare sull’automazione in modo trasversale e coerente. Oracle è oggi attiva nelle più importanti comunità open source, a cui dà il suo contributo, e alla base dei servizi cloud dell’Oracle Cloud Infrastructure vi sono i più importanti software/piattaforme open (Hadoop, Docker, Kubernetes, Spark, solo per citare alcuni dei più rilevanti).
Non solo. In uno scenario in cui la centralità dell’IT nella strategia aziendale è crescente, come evidenzia per esempio la ricerca Idg, State of the Cio Survey, non è un caso che tra le priorità dei Cio, emerga il bisogno di abbandonare i tradizionali compiti di “custode/manutentore” dei data center e del software di patching, quando può contare su sistemi automatizzati e potendo quindi poi utilizzare le competenze per consentire all’azienda di compiere passi avanti con nuovi progetti di business (priorità sentita come necessaria nella ricerca da circa 6 Cio su 10).
Il cloud è dunque “abilitante” quindi solo se privo di lock-in e pronto a dialogare con tutti i cloud, da qui la scelta di Oracle di un cloud di seconda generazione in grado effettivamente di dialogare con la piattaforma Vmware, con Azure e con gli altri cloud nei diversi data center grazie, per esempio, alla connettività di classe enterprise di Equinix.
Un cloud agile quindi, in grado di permettere ai clienti di prototipare e testare rapidamente le nuove idee senza preoccupazioni relative ai costi e alle difficoltà di provisioning hardware e software, per offrire subito scalabilità illimitata, portabilità integrata, automazione. Si vuole sottolineare in particolare come lo sviluppo del cloud di seconda generazione di Oracle parta dall’idea che in uno scenario sfidante dato dalla scelta nel tempo di infrastrutture “multi-hybrid”, oggi il multicloud non rappresenti necessariamente “la” strategia ma comunque debba essere parte della strategia.
E sia quindi importante l’adozione di una Hybrid-MultiCloud Architecture in grado di superare i limiti di un multicloud a silos, a vantaggio di un approccio “ecumenico” come quello proposto da Oracle con Microsoft e Vmware.
Con Microsoft Azure si dispone quindi di interconnessioni efficaci per poter migrare ed indirizzare workload mission-critical sul cloud più adeguato, si possono utilizzare i medesimi sistemi di gestione delle identità per gli accessi, i medesimi tool, e si può contare sulla disponibilità globale dei servizi e la piena integrazione dei network.
Ne parliamo in un contributo dedicato. Vale però sottolineare qui anche l’importanza delle partnership di Oracle con Vmware per portare Vmware Cloud Foundation all’interno di Oracle Cloud Infrastructure in modo da offrire uno stack completo software-defined che include Vmware vSphere, Nsx e vSan tale da consentire ai clienti di migrare applicazioni e muovere i workload tra gli ambienti on-premise, il cloud e Oracle Cloud senza problemi.
Più dei limiti tecnologici, allora, forse sono più da affrontare le sfide legate al fattore umano. Gli analisti – tra cui Ovum in particolare – evidenziano come persistano le preoccupazioni legate alla scelta del fornitore cloud, per esempio, e la consapevolezza relativa al bisogno di affidarsi, ancora, come in passato alle competenze del team IT interno e del partner. Difficoltà comprensibili, ma indirizzabili e non tali da giustificare la rinuncia ad intraprendere il viaggio.
Le potenzialità della scelta del cloud di Oracle saranno da individuare soprattutto nella disponibilità di uno stack integrato che funziona in modo affidabile ma allo stesso tempo consente i richiesti livelli di personalizzazione, per le caratteristiche di automazione e sicurezza e che si rivela del tutto trasparente per quanto riguarda le problematiche spesso accusate dai clienti rispetto al proprio cloud provider (lock-in). Non sono pochi i fornitori che impongono sovrattasse ai propri clienti quando decidono di spostare i dati, una modalità che non favorisce l’agilità e la possibilità di scegliere quale possa essere la migliore piattaforma su cui eseguire i carichi di lavoro.
Un cloud senza lock-in
E’ un tema importante, anche secondo Gartner. Spesso i clienti temono di diventare troppo dipendenti da un particolare servizio o infrastruttura cloud, e di non essere poi più in grado di spostare i carichi di lavoro altrove. Proprio la preoccupazione del lock-in è uno dei motivi principali per cui i clienti preferiscono distribuire i carichi di lavoro su più cloud. Flexera sottolinea come proprio la gestione della spesa in cloud sia tra le preoccupazioni maggiori delle imprese (per il 84% del campione).
Mentre sono proprio la trasparenza, l’apertura e la possibilità per i clienti di mantenere il pieno controllo delle scelte alla base dei maggiori vantaggi nell’utilizzo di piattaforme cloud diverse, potendo comunque contare sempre sul supporto del proprio partner tecnologico e con la garanzia di disporre di un cloud sicuro anche quando, anzi, soprattutto quando è in grado di dialogare con le altre piattaforme cloud. Un’idea di cloud, dunque, del tutto lontana da quella di una “scatola nera” di cui non è possibile avere il controllo, anzi facilmente configurabile ed allo stesso tempo in grado di facilitare la tenuta in sicurezza di accessi, esecuzione dei workload, trasferimento dei dati.
E’ questo il modello di cloud che secondo Oracle facilita la valorizzazione delle idee e la loro messa a terra, la trasformazione delle operations, un modello basato sulla standardizzazione delle infrastrutture, delle piattaforme e delle applicazioni, e sull’integrazione nativa della sicurezza a partire dall’offerta infrastrutturale.
Oggi il valore economico generato dai servizi cloud è tale che le organizzazioni che non si mostrano pronte a muoversi in questa direzione si troveranno presto a pagarne lo svantaggio competitivo, ma le piattaforme di prima generazione impediscono di sfruttare il pieno potenziale del cloud. E’ dunque necessario poter contare su automazione, prestazioni, tuning, sicurezza con la certezza di non trovarsi limitati da pratiche di lock-in, limiti nella possibilità di sfruttare il multicloud a proprio vantaggio e quindi nella possibilità di scegliere l’esecuzione di determinati carichi su piattaforme come Azure e Vmware. E’ quanto è in grado di offrire Oracle con il suo cloud di seconda generazione.
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