La mancanza di talenti è raddoppiata nel corso dell’ultimo decennio e i datori di lavoro italiani non riescono a trovare dipendenti con le giuste competenze. Addirittura, secondo stime Ocse, la crisi Covid-19 potrebbe causare una perdita di posti di lavoro compresa tra 1 milione e 200mila e 1 milione e 400mila unità. Sono queste alcune delle prime evidenze di partenza sulla carenza di talenti messe in luce dallo studio Professioni 2030: il Futuro delle Competenze in Italia condotto da ManpowerGroup con EY e Pearson. Le tre aziende hanno deciso di dare vita ad un osservatorio permanente sul mercato del lavoro a supporto di stakeholder pubblici e privati per la definizione più accurata delle politiche occupazionali e formative in base alle effettive esigenze dei mercati e delle imprese per i prossimi dieci anni.
Lo studio sviluppa un modello predittivo per offrire risposte chiave al problema in relazione ai macrotrend e a come effettivamente cambierà il lavoro nei prossimi anni e si basa su un metodo di ricerca sviluppato dall’Università di Oxford, integrato ed adeguato con strumenti che già hanno consentito di migliorare l’efficacia dell’analisi a partire dall’acquisizione e dalla gestione dei dati basata su tecnologie di machine learning.
Proprio per questo vale la pena di approfondire la metodologia utilizzata, predittiva, che combina gli approcci top down e bottom up basandosi su tre determinanti chiave: l’analisi dei principali megatrend socioeconomici che guideranno le dinamiche occupazionali nei prossimi anni (1); l’acquisizione continuativa di dati (opinioni) – dagli attori del mercato del lavoro attraverso diversi canali, quali workshop, webinar e digital game (chatbot) – che costituisce la base informativa fondante per alimentare i modelli predittivi (2); e infine la definizione, l’implementazione e l’applicazione del modello predittivo, sulla base dello sviluppo di un algoritmo che – attraverso l’utilizzo di dati quantitativi provenienti dai principali istituti di ricerca pubblici e privati incrociati con le opinioni degli attori del mercato e l’applicazione del ML – consente di formulare proiezioni sul futuro del mercato del lavoro (3).
Entriamo quindi nei dettagli. In particolare lo studio evidenzia come la trasformazione e l’utilizzo di tecnologie digitali avranno un ruolo chiave sul futuro dell’occupazione e rappresentano acceleratori dei processi di obsolescenza delle competenze e delle mansioni attuali.
Si va quindi verso una crescita marcata di profili di competenze compositi, innescata proprio dalla digitalizzazione e dall’iperconnessione. A questi profili sarà richiesta la capacità di gestire la complessità tecnologica, organizzativa e gestionale crescente.
Da una parte quindi serve formare con skill adeguate i giovani che si affacciano al mercato del lavoro, dall’altra avere la capacità di up e re-skilling dei lavoratori attuali.
Lavoro, come mutano le professioni
L’analisi a livello nazionale sui trend occupazionali da qui al 2030, secondo quanto evidenziato dai modelli predittivi, prevede che l’80% delle professioni presenti in Italia muterà quantitativamente nel prossimo decennio.
Oltre un terzo della forza lavoro attuale, il 36%, svolge già professioni che continueranno a crescere nei prossimi dieci anni, il 20% professioni che resteranno stabili, ma ben il 44% professioni che decresceranno. E tuttavia solo la metà di quelle in crescita è legata alla tecnologia, mentre con sorpresa lo studio evidenzia anche come aumenteranno le professioni legate alla cultura, alla comunicazione, ai servizi di cura (di carattere sanitario e non), all’insegnamento e alla formazione.
“Da questo studio emerge in maniera chiara come la crisi Covid avrà un ruolo chiave nel definire il futuro del lavoro e delle competenze ]…[ – spiega Donato Ferri, Mediterranean Consulting and People Advisory Services leader di EY -. Abbiamo assistito ad un grande fenomeno sociale di sopravvivenza e adattamento che genererà sul mercato del lavoro modifiche permanenti: avremo profili più ibridi, con competenze tecniche (57% delle professioni in crescita sono legate alla tecnologia) ma anche una crescita di competenze sociali e relazioni, di ascolto, di comprensione; avremo soprattutto più del 50% di nuove professioni che nasceranno con set di competenze che seguiranno dinamiche che si possono anticipare per arrivare preparati ]…[ e su questo bisogna lavorare”.
L’occupazione crescerà quindi, secondo i dati, nel settore terziario dei servizi alle imprese ed alle persone, mentre i trend più negativi riguarderanno i settori di industria e agricoltura. In particolare nei prossimi dieci anni, l’evoluzione delle professioni in Italia si evolverà secondo tre modelli: per scissione, fusione di più professioni e ibridazione.
Nel primo caso (scissione) con la nascita di figure specialistiche esperte di interfacce umane, di applicazioni IoT dedicate all’agricoltura, di tecnici delle auto a guida autonoma e di human-machine teaming manager. Per fusione di due o più professioni nasceranno le figure di addetto all‘integrazione con i robot assemblatori e di progettista di visite ed eventuali virtuali, mentre evolveranno per ibridazione la figura del manovale, i giornalisti, il personale non qualificato addetto ai servizi di custodia degli impianti, gli addetti all’assistenza personale e gli esperti legali al servizio delle imprese.
Il modello individua inoltre tre cluster di competenze per le professioni del futuro: basate su un set di capacità fondamentali di apprendimento e ascolto attivo, adattabilità, comprensione degli altri e problem solving – strettamente associate alle occupazioni in crescita (1) -; competenze aggiuntive come la capacità di analisi, le abilità tecniche, le attitudini cognitive (come l’originalità) e sociali (come la persuasione), trasversali alle diverse professioni (2) e infine competenze che lo studio definisce “ibridanti” (psicologia, informatica, gestione di impresa, valutazione sistemica) che derivano da processi evolutivi di scomposizione e ricomposizione dei set di competenze delle professioni (3).
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