Per Capgemini, il Lifescience è uno dei settori più interessanti non solo grazie alla sua strategicità, ancor più significativa alla luce dell’emergenza sanitaria che ci ha colpito dal 2020, ma anche relativamente alle sue caratteristiche business, alle tante traiettorie evolutive che lo caratterizzano e al ruolo fondamentale delle tecnologie digitali nella loro concretizzazione.
Con l’obiettivo di meglio comprendere la complessità del Lifescience, all’inizio del 2021, Capgemini ha supportato NetConsulting cube nello svolgimento di un’indagine volta ad identificare e analizzare i principali trend di digital transformation e di innovazione all’interno della filiera, con un focus particolare sui settori farmaceutico, medtech e healthcare.
Lifescience, filiera articolata ed eterogenea
Ad oggi, il Lifescience rappresenta una filiera articolata ed estesa che abbraccia un’ampia gamma di comparti ed un insieme eterogeneo di attività, a partire dalla ricerca & sviluppo per arrivare all’erogazione di prodotti e servizi passando per la produzione. Nella sua massima estensione, la filiera del Lifescience include sia aziende il cui core business è riconducibile all’ambito delle scienze naturali sia imprese provenienti da altri comparti. In dettaglio, le realtà che fanno elettivamente parte del Lifescience sono:
- i centri di ricerca e sviluppo (che includono CRO – Contract Research Organization ed Università);
- le aziende farmaceutiche;
- i fornitori delle cosiddette medtech – ovvero l’insieme delle tecnologie mediche e biomediche utilizzate per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento delle malattie e la riabilitazione;
- i fornitori di servizi sanitari;
- i medici di medicina generale;
- i provider di servizi socio-assistenziali.
Compagnie assicurative e fondi sanitari insieme ai telco provider sono le organizzazioni che abilitano, a diverso titolo, partnership e collaborazioni intersettoriali all’interno della filiera e l’innovazione di prodotti e servizi.
Lifescience, tra innovazione e integrazione
All’interno di questo ecosistema, i colloqui svolti da NetConsulting cube con i responsabili R&S, marketing e vendite, produzione e supply chain, in ambito farmaceutico, medtech e healthcare, hanno consentito di identificare cinque trend di sviluppo principali.
Patient/Customer centricity: la centralità di pazienti e del customer ha diverse declinazioni e ha un’accezione piuttosto ampia perché può riguardare anche medici e comunità più estese. Poggia sullo sviluppo di strategie in ambito dati, con un focus specifico sulla tematica dei Real World Data e della Real World Evidence lungo tutta la filiera, sull’affermazione di nuove modalità di contatto multicanale in logica CRM o PRM (Patient Relationship Management) e dei nuovi paradigmi legati alla medicina personalizzata e ai Digital Therapeutic.
Nuovi prodotti e servizi: l’innovazione di prodotti e servizi è un trend che interessa in modo trasversale tutti i settori analizzati e spazia dalla servitizzazione dei prodotti ai VAS sui farmaci, ai Digital Therapeutic, fino ai servizi innovativi in ambito sanitario, con un ruolo di particolare importanza della telemedicina e delle sue principali declinazioni.
Innovazione tecnologica: l’innovazione in chiave digitale abilita tutti i principali trend distintivi della filiera del Lifescience. Si segnalano, in particolare, la crescente adozione dell’Intelligenza Artificiale e delle piattaforme di Digital Twin, e la sempre maggiore pervasività della cybersecurity. La cybersecurity, infatti, è legata alle componenti IT/OT in ambito sia di prodotto/servizio sia di fabbrica intelligente, presiede al trasferimento dati e rappresenta un elemento strategico nella SCM dell’intera filiera.
Supply chain integrata: la disponibilità di una supply chain ottimizzata e sicura lungo tutta la filiera è un elemento imprescindibile con impatti sui modelli di acquisto in sanità e sulla distribuzione dei farmaci.
Nuovi modelli di business: alla luce dei trend precedenti, all’interno della filiera del Lifescience evolvono l’approccio al mercato e i modelli di business. Si affermano nuovi modelli nel customer engagement e nell’erogazione dei prodotti e dei servizi, iniziano ad essere applicati i principi della value-based healthcare alle cure, gioca un ruolo sempre più importante l’open innovation, sia nella finalizzazione di partnership sia nella ricerca di nuove competenze trasversali e multidisciplinari.
In questo scenario, il ruolo del digitale appare particolarmente significativo in relazione all’evoluzione della ricerca & sviluppo, all’innovazione di prodotti e servizi e alla formulazione di nuovi modelli di business.
Per quanto riguarda la ricerca & sviluppo, l’analisi di NetConsulting cube ha rilevato un crescente interesse verso le tecnologie di natural language processing e di machine learning a supporto della fase di Drug Discovery, per accelerare le attività di sequenziamento delle molecole ed il processo di individuazione delle nuove molecole per ridurre i tempi di discovery e bloccare velocemente attività di ricerca con scarse probabilità di successo.
I tool di AI e gli analytic trovano applicazione anche nelle fasi precliniche e cliniche a supporto della riduzione del time to market e della diminuzione del rischio di incorrere in studi destinati a bloccarsi molto avanti nella sperimentazione. Nell’ambito dei trial clinici, si segnala, inoltre, l’adozione di piattaforme di Digital Twin a supporto dell’ingaggio di coorti di pazienti per capire meglio i possibili effetti collaterali del farmaco in sperimentazione. Più in generale, i trial clinici presso CRO, centri R&S interni alle aziende farmaceutiche o presso IRCCS poggiano in misura crescente su piattaforme di clinical trial per monitorare i pazienti e l’aderenza ai protocolli, per raccogliere i dati e le informazioni e realizzare i follow up anche in digitale.
Infine, va segnalato il ruolo delle tecnologie digitali nel trasferimento dei dati e delle informazioni dalla ricerca & sviluppo alla fase di produzione, in linea con i criteri di compliance, serializzazione e di gestione della catena logistica.
Nell’ambito dell’innovazione di prodotti e servizi, spicca il tema dei Digital Therapeutics (DTx), ovvero l’utilizzo di tecnologie alla base dell’erogazione di interventi terapeutici. I DTx puri si basano sul software come principio attivo, in sostituzione delle molecole farmaceutiche oppure di terapie specialistiche (ad esempio psichiatriche). Altri modelli di DTx affiancano al farmaco abituale servizi digitali (ad esempio il monitoraggio tramite app). I DTx devono, come qualsiasi altro farmaco, superare l’iter di approvazione da parte degli Enti preposti, e quindi devono essere sottoposti ad attività di ricerca e trial clinici. È un ambito innovativo di forte interesse per le case farmaceutiche ma sono pochissime le CRO attualmente in grado di effettuare sperimentazioni di questo genere. Sono, infatti, richiesti nuovi approcci, competenze e risorse per la certificazione di dispositivi medici e app che coinvolgono anche tematiche di privacy e cybersecurity.
In Italia, come nel resto del mondo, si rileva un buon fermento in materia di DTx. I principali ambiti di applicazione sono la rivitalizzazione di prodotti maturi o l’assistenza continuativa dei pazienti cronici /in Pdta (percorsi diagnostico terapeutici assistenziali). Alcune case farmaceutiche stanno iniziando a collaborare a livello europeo con le aziende specializzate e con startup per non farsi trovare impreparate quando i DTx verranno riconosciuti dall’Aifa.
Altre aree di possibile adozione dei DTx sono orientate a creare servizi a valore aggiunto attorno al farmaco, tutti accomunati da un interesse sempre più intenso verso i farmaci personalizzati e verso l’abilitazione di percorsi diagnostici e terapeutici specifici. È il caso, ad esempio, dell’utilizzo di dispositivi wearable e app per sostenere l’aderenza terapeutica o dell’erogazione di servizi di infermiere virtuale e di home delivery.
Le dinamiche descritte appaiono coerenti con lo sforzo che all’interno della filiera del Lifescience si sta compiendo per evolvere verso modelli sanitari in cui il paziente è al centro dei trial clinici, dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, dei sistemi di presa in carico, dei servizi erogati da una rete estesa di professionisti del settore. Ciò presuppone che i modelli di sanità progrediscano anche verso una dimensione territoriale spinta. Il Pnrr potrà senza dubbio promuovere e sostenere questa trasformazione con la conseguente affermazione di nuovi modelli remunerativi (value-based healthcare) e nuovi servizi domiciliari. In un contesto di questo tipo sarà fondamentale, da un lato, la condivisione di dati e informazioni, che potrà essere abilitata da una nuova generazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, che diventerà un vero e proprio data hub e non sarà più un semplice repository, e dall’altro, lo sviluppo di un approccio di contatto multicanale con il paziente.
L’innovazione in ambito Health Insurance
Alcune delle tematiche descritte poggiano sull’integrazione e collaborazione tra più settori della filiera. La presa in carico di pazienti cronici nell’ambito di percorsi diagnostico terapeutici assistenziali e, più in generale, i servizi di gestione del paziente coinvolgono aziende farmaceutiche e medtech, fornitori di servizi sanitari e socio-assistenziali così come medici di medicina generale e vedono un ruolo sempre più importante delle compagnie assicurative e dei fondi sanitari.
In tal senso, va segnalato l’impegno di BNP Paribas Cardif che, con il supporto di Capgemini, ha investito nella digitalizzazione delle polizze per offrire un servizio più efficace ai propri clienti, con un’attenzione particolare agli individui affetti da patologie croniche che generalmente faticano a concludere contratti assicurativi in ambito sanitario. L’azienda ha, quindi, iniziato a valutare come integrare la propria offerta con servizi che potessero aiutare questa tipologia di persone. I principali filoni di innovazione su cui BNP Paribas Cardif si è focalizzata sono tre: personalizzazione (uso di dati clinici quotidiani e real world evidence per creare nuove polizze allineate ai percorsi digitali di cura del paziente), collaborazione (creazione di una relazione intensa con i clienti, basata su fiducia, scambio di dati ed obiettivi condivisi) e orchestrazione (gestione del deployment dei servizi attraverso il coordinamento di diversi attori dell’ecosistema sanitario digitale).
In maggior dettaglio, l’azienda ha avviato un test, all’inizio del lockdown, durato circa 4 mesi, che ha coinvolto qualche decina di persone, affette da due tipologie di cronicità (una tipica del genere femminile, l’altra più trasversale ma più diffusa tra gli individui di sesso maschile). Con questi utenti, è stata sviluppata un’interazione quotidiana con l’obiettivo di capire le loro preferenze in termini di servizi e modalità di erogazione relativamente alle loro cronicità. Ciò ha consentito di definire tre principali esigenze: l’interesse verso un nuovo approccio, più attivo, al proprio stato di salute; la forte propensione a condividere dati sul proprio stile di vita e di interagire su canali digitali per migliorarne la conoscenza; la possibilità di usufruire di una user experience più avvincente.
A fronte di investimenti necessari per lo sviluppo di una app iOS e di un piccolo back-office, e per lo svolgimento delle attività di gestione del progetto, i risultati del test di BNP Paribas Cardif sono stati molto buoni: l’interazione media degli utenti sulla app ha superato i 2 minuti, sono pervenute 65 domande nella sezione di Q&A, il 61% degli utenti ha partecipato alle survey, i meccanismi di gamification hanno coinvolto in media il 55% degli individui registrati sulla app.
Per BNP Paribas Cardif, questo test ha dimostrato l’esistenza delle condizioni di mercato per diversificare la propria offerta e erogare un supporto personalizzato e specifico per determinate patologie, per aiutare gli individui a ridurre il proprio rischio sanitario grazie al focus su iniziative di prevenzione, per incrementare la finalizzazione di polizze sanitarie e per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ed inclusione.
L’importanza dell’ecosistema dei dati
Quanto delineato precedentemente dimostra come la filiera del Lifescience sia, senza dubbio, una realtà. Tuttavia, le tante opportunità che la caratterizzano, per poter essere pienamente colte, richiedono che gli attori che vi operano siano in grado di sfruttare efficacemente l’ecosistema dei dati che circolano al suo interno.
In tal senso, i risultati dello studio svolto tra aprile e maggio 2021 dal Capgemini Research Institute dal titolo “Data Sharing Masters” assumono un’importanza significativa. Lo studio ha coinvolto 750 responsabili business e oltre 30 esperti, anche in ambito universitario, focalizzati su tematiche di data sharing e attivi in 12 Paesi, tra Stati Uniti, Europa e Apac. Le aziende del campione su cui si è basato lo studio appartengono a tutti i principali settori economici e sono caratterizzate, nella maggioranza dei casi, da ricavi inferiori ai 5 miliardi di dollari.
Lo studio si è posto l’obiettivo di comprendere come le aziende condividano dati e insight per raggiungere il proprio vantaggio competitivo e, allo stesso tempo, contribuire alla creazione di valore per tutti i partecipanti ai diversi ecosistemi in cui sono attive. Gli ecosistemi di dati hanno una natura eterogenea: possono essere basati sull’intermediazione di dati funzionale alla fornitura di dati aggregati a diversi attori aziendali, possono riguardare la condivisione reciproca di dati tra i partner di una supply chain o tra realtà appartenenti a settori diversi, etc.
I risultati dello studio mostrano con chiarezza che le aziende impegnate nella capitalizzazione di ecosistemi di dati ottengono il miglioramento di una serie di elementi, come ad esempio la customer satisfaction, la produttività, la capacità innovativa e, in generale, i indicatori economico-finanziari. Più in dettaglio, negli ultimi 2-3 anni, le aziende che partecipano ad ecosistemi di dati hanno, in media, migliorato la soddisfazione dei clienti del 15%, la produttività/efficienza del 14% e hanno ridotto i costi dell’11%. La figura sottostante mostra le percentuali di miglioramento – su base annuale – registrate rispetto al triennio precedente o previste per il futuro relativamente ad un’ampia gamma di parametri.
La partecipazione a ecosistemi fondati sulla condivisione di dati consente alle aziende di tradurre i vantaggi descritti precedentemente in benefici finanziari concreti. In dettaglio, lo studio ha stimato che tali benefici possono raggiungere il 9,4% del fatturato annuo, corrispondente a 940 milioni di dollari, per organizzazioni con un giro d’affari di almeno 10 miliardi di dollari. Se si considera uno scenario più conservativo tale percentuale scende al 2,4%, corrispondente a 235 milioni di dollari.
Alla luce di questi risultati, è fondamentale per le aziende impegnarsi nel:
- formulare strategie dirette alla valorizzazione e capitalizzazione di ecosistemi di dati (definire le motivazioni alla base della partecipazione in ecosistemi si dati, identificare casi d’uso per la creazione di valore, etc.);
- assumere decisioni operative relativamente a data management, dati e insight;
- definire un piano di implementazione, inclusivo di piattaforme tecnologiche;
- gestire i casi d’uso e la condivisione dei dati per valutarne il ritorno sugli investimenti.
Le aziende che si dimostreranno capaci di agire tempestivamente in queste aree di azione avranno un vantaggio competitivo rilevante sulle realtà più ritardatarie. In maggior dettaglio, da questo punto di vista, lo studio del Capgemini Research Institute ha rilevato una maggiore maturità in relazione ai settori che si rivolgono ai consumatori finali, quali telecomunicazioni, banche, i consumer good e retail.
Allo stesso tempo, la ricerca ha evidenziato anche una buona incidenza di iniziative legate alla partecipazione ad ecosistemi di dati all’interno dei settori riconducibili all’healthcare.
Ciò pone le basi per un più deciso sviluppo futuro della filiera del Lifescience.
L’impegno di Capgemini per il Lifescience
Per poter indirizzare un contesto così diversificato e multiforme come quello del Lifescience ed aiutarlo a cogliere le opportunità di sviluppo, Capgemini ha negli anni investito nella costruzione di competenze verticali e nella formulazione di un’offerta che fosse allineata il più possibile alle molteplici dinamiche evolutive dei diversi settori e attori che operano a vario titolo nella filiera delle scienze naturali.
Ad oggi, nel settore farmaceutico Capgemini vanta oltre 30 anni di esperienza e 15.000 risorse specializzate, e conta oltre 2.000 progetti per più di 200 clienti. Nell’ambito dei dispositivi medici, Capgemini opera con più di 1.200 team e lavora da oltre 17 anni durante i quali ha supportato pressoché tutti i top player del settore grazie a certificazioni ISO e competenze in ambito normativo. Nel settore dei servizi sanitari, infine, l’azienda opera in oltre 40 paesi grazie al supporto di 32.000 professionisti che le consentono di servire tutti i principali player del settore ei più grandi reseller.
L’offerta di Capgemini per la filiera del Lifescience poggia su competenze riconosciute relativamente sia alle tematiche generali della digital transformation nei settori coinvolti sia alle tendenze che sono emerse in parallelo allo scoppio della pandemia da Covid-19. L’azienda è in grado di indirizzare le fasi di drug discovery, clinical trial, manufacturing & supply e servizi innovativi di connected health grazie a skill sia verticali e in ambito dati, intelligent industry, e digital medicine (Software as a Medical Device, DTx, etc.), che trasversali relativi a normative, qualità e compliance.
Il supporto di Capgemini consente alle aziende clienti di raggiungere traguardi rilevanti in ognuna delle fasi elencate precedentemente: accelerazione di 5-10 volte dei tempi per l’identificazione di nuove molecole attive, riduzione del 50% dei costi associati ai clinical trial, calo del 20-30% dei tempi del ciclo produttivo, etc.
In maggior dettaglio, per ottenere questi obiettivi, l’azienda sta lavorando e lanciando progetti e iniziative con l’obiettivo di supportare concretamente le aziende del Lifescience nella loro evoluzione verso un modello di Therapeutech, nell’evolvere e trasformare la propria catena del valore all’insegna di intelligenza e integrazione, grazie a competenze riconducibili ai principali paradigmi digitali – come indicato nella figura sottostante.
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