Negli ultimi mesi il retail ed in generale tutte le attività legate alla produzione, alla distribuzione ed alla commercializzazione dei prodotti di largo consumo hanno dovuto riorganizzare sistemi e processi per fare fronte ai cambiamenti nella domanda e nelle modalità di acquisto dettati dall’emergenza di questo ultimo anno.
Nella ricerca The Wake-up CallCapgemini Research Institute fotografa l’impatto di questi cambiamenti in particolare per quanto riguarda le catene di approvvigionamento e raccoglie una serie di evidenze su come le aziende del settore moduleranno le strategie di supply chain per i prossimi tre anni. Lo studio si basa su una survey condotta tra 400 executive di aziende che operano nell’ambito Cpr (Consumer Products & Retail) in Cina, Francia, Germania, India, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, UK e Usa. 

Partiamo dai numeri, in particolare quelli che evidenziano come l’emergenza abbia “messo in allarme” le aziende riguardo un’accelerazione nei progetti di trasformazione. Rispettivamente l’85% e l’88% delle organizzazioni operanti nel settore dei beni di consumo e dei retailer riconoscono di aver dovuto far fronte a situazioni critiche, e rispettivamente il 63% e il 71% sostiene di essere riusciti a superare le problematiche nelle catene di approvvigionamento solo in un orizzonte temporale di circa tre mesi. Tanti, troppi, considerato come invece le criticità si siano manifestate dall’oggi al domani ed abbiano richiesto, di fatto, di adeguare una serie di abitudini in tempi decisamente più rapidi.

Impatto sulla supply chain dovuto a Covid-19 (fonte: Capgemini Research Institute)
Impatto sulla supply chain dovuto a Covid-19 (fonte: Capgemini Research Institute)

Come esempio di supply chain inadeguata potremmo per esempio indicare anche quella dei prodotti più comuni di elettronica di consumo (laptop, webcam, mouse e tastiere) che in alcuni specifici casi hanno visto i tempi di consegna dilatarsi anche oltre il mese e mezzo di attesa. Secondo lo studio oggi le aziende stanno ridefinendo le proprie strategie proprio per ovviare a questi problemi concentrandosi su tre aree specifiche: demand sensing, visibilità e localizzazione. Partiamo da questo ultimo punto.

Le organizzazioni riconoscono l’importanza della localizzazione e stanno attraversando una fase di transizione dalla globalizzazione alla localizzazione per quanto riguarda fornitori e produzione: il 72% delle aziende operanti nel settore dei beni di consumo e il 58% dei retailer affermano quindi di aver iniziato a investire per spostare la produzione su base regionale o locale o almeno avvicinarla al consumatore finale.

Da qui alcune altre evidenze: investe nella regionalizzazione e localizzazione del bacino di fornitori il 65% delle aziende del segmento (con UK e India a guidare il trend e percentuali rispettivamente dell’83% e del 73%). Il dato porta a stimare una riduzione dei fornitori a livello globale che saranno solo il 25% della capacità dei retailer (oggi questa percentuale è al 36%) e quindi una riduzione dei produttori globali dal 26% attuale al 17% nei prossimi tre anni.

Capgemini fotografa inoltre l’evoluzione dei dark store.
Sono i magazzini adibiti alla preparazione degli ordini della spesa online. Si presentano come supermercati, sono anch’essi organizzato in corsie, con gli scaffali e i prodotti; in alcuni casi i clienti non possono accedervi e lo spazio è riservato agli operatori che prelevano i prodotti da consegnare agli utenti che hanno concluso l’ordine online, in altri casi è il cliente stesso ad accedervi dopo un acquisto nella modalità clic and collect.

Secondo gli analisti i dark store si stanno convertendo in un’alternativa sempre più utile per evadere gli ordini online, con in scia al calo del numero di persone che visitano gli store fisici. In una precedente ricerca Capgemini aveva già evidenziato come, con un incremento del 50% dei punti di raccolta di questo tipo, potrebbero crescere del 7% i margini di profitto grazie all’incremento nelle capacità di consegna rispetto a quella dei negozi fisici, senza impattare sui risultati di vendita di questi ultimi.

Accelerazione Adozione
Accelerazione nell’adozione di digital enabler in ambito Cpr (fonte: Capgemini Research Institute)

Secondo i dati è inoltre necessario offrire ai produttori l’agilità necessaria per rispondere ai cambiamenti improvvisi nella domanda e quindi metterli in grado di prendere decisioni operative in tempi brevi, un problema questo – durante l’emergenza – incontrato da circa il 75% delle aziende.

Decisioni rapide e cambiamenti di strategia repentini sono però possibili solo investendo nei progetti di trasformazione digitale volti a migliorare la visibilità. Pensa di muoversi in questa direzione il 58% dei retailer ed il 61% delle realtà che opera nella produzione dei beni di consumo, con investimenti in soluzioni di automazione (il 47% del campione), in robotica e in AI (42%), con progetti volti a utilizzare AI e ML anche per ottimizzare trasporti e prezzi in una percentuale tra il (63% ed il 64%).

Alessandro Kowaschutz, Cprd & Eucs director di Capgemini, Italia
Alessandro Kowaschutz, Cprd & Eucs director di Capgemini Italia

Spiega Alessandro Kowaschutz, Cprd & Eucs director di Capgemini, Italia: La pandemia ha accelerato il cambiamento e fornito molti insegnamenti: le organizzazioni hanno capito che le nuove tecnologie possono garantire una maggiore agilità, dalle previsioni della domanda al rifornimento dei magazzini, fino a consegne più veloci nell’ultimo miglio, con una notevole riduzione dei costi. Investendo ora, le aziende si mettono in condizione di supportare i consumatori in ogni momento, in sicurezza anche nelle situazioni più impreviste”.

L’utilizzo dei dati quindi si rivela centrale per poter gestire una supply chain evoluta. Un tema in stretta relazione con il demand sensingE’ la capacità rilevare e prevedere le fluttuazioni della domanda di prodotti sfruttando tecniche matematiche e informazioni quasi in tempo reale quindi basate sulla fotografia attuale delle disponibilità.

Nei mesi dell’emergenza il 68% delle organizzazioni sostiene di aver incontrato difficoltà nella pianificazione a causa della scarsità di informazioni accurate e aggiornate sulla fluttuazione della domanda dei clienti Oggi il 66% delle aziende intende quindi segmentare le catene di fornitura in base ai pattern di domanda, al valore del prodotto e alle dimensioni regionali per migliorare in questo ambito, ed il 54% afferma intende farlo ancora una volta sfruttando analytics, AI e machine learning.

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