Tra le tecnologie in grado di modificare con maggiore impatto gli scenari IT, quelle legate all’utilizzo della realtà “aumentata” – nei suoi diversi gradi esperienziali (estesa, aumentata, mista e virtuale) – insieme ad IoT, intelligenza artificiale, blockchain, Dlt (Distributed Ledger Technology) e spatial Web – con la connettività IPv6 (e versioni successive) – aprono a scenari applicativi interattivi in cui, proprio dall’integrazione di esse, dovrebbe nascere l’Internet delle esperienze (IoX), di cui il metaverso è la declinazione più prossima, insieme ad altri mondi come per esempio Decentraland (una sorta di piattaforma virtuale basata browser 3D, su cui è possibile l’acquisto di ‘appezzamenti di terreno’, ovviamente tramite Nft).
Evidente che il successo dei nuovi ambienti dipenda non tanto dall’iniziativa di una singola azienda, quanto dalla partecipazione in massa di utenti, ecosistemi produttivi, servizi. Si parla di realizzazioni di scenario nell’arco almeno di cinque/dieci anni. Secondo gli analisti, quando le diverse tecnologie avranno raggiunto la maturità hardware, software, di infrastruttura di rete necessarie, sarà il momento della naturale convergenza delle tante applicazioni “simili” al metaverso. Il metaverso stesso diventerebbe quindi cyberspazio condiviso, con la possibilità di passare da un’applicazione all’altra, ed un’ampia varietà di opzioni hardware per accedervi.
Nella vision di Numaan Huq, Roel Reyes, Philippe Lin e Morton Nuotatore, ricercatori di Trend Micro, a nostro avviso coerente con quanto le sfere digitali hanno “offerto” fino ad oggi, è inevitabile che prenderà forma – così come è accaduto per il Web – una sorta di “darkverse“, con un livello di pericolosità più elevato, considerata la presenza seppur “virtuale” degli avatar, e più simile ai rischi che i viaggiatori incauti incontrano quando si avventurano nei sobborghi delle città meno sicure.
Se proviamo a modellizzare i rischi nel darkverse sarà facile individuare in cima alla lista quelli finanziari legati all’economia di valute “eterogenee” che caratterizza l’ambiente (valute digitali tradizionali e criptovalute), al riciclaggio, alla difficoltà per gli utenti di chiedere aiuto all’autorità competente (ancora oggi anche per le semplici transazioni con le criptovalute non si contano le dispute aperte), ed alle dinamiche di pump-and-dump che alimentano bolle di speculazione architettate su misura.
Sovranità dei dati, su cloud altamente distribuiti e privacy (informazioni personali, ma anche dati biometrici di accesso, etc.) sono vittime in prima fila nei nuovi ambienti; per la regolamentazione saranno necessari ben più dei dieci anni del loro sviluppo, per non parlare della complessità nella gestione di una molteplicità di Api, destinate a consentire la “relazione” tra infinite “sfere” (difficile illudersi che si approdi in tempi brevi all’idea di “un” metaverso come “uno” è stato il World Wide Web).
Un ulteriore livello di sfide per la cybersecurity, così come è già anche nel mondo reale è quello degli attacchi alle infrastrutture “fisiche” del nuovo mondo, effettiva possibile finestra di accesso a quello reale (si pensi per esempio all’utilizzo dei digital twin virtuali), ed allo stesso modo alle “identità” delle persone, attraverso tecniche ancora più sofisticate di social engineering, rese possibili da “profilazioni” necessariamente potenziate.
Anche in questo caso, lo scenario potrebbe essere più cupo di quanto si immagina, proprio per il livello di complessità intrinseco del mondo “aumentato”. In una dimensione che di fatto vive su “ambienti” ed oggetti accessibili solo se in possesso di token di autenticazione anche chi è chiamato a vigilare troverà un ulteriore livello di complessità a tutto vantaggio del cybercrime attivo in comunità per natura “chiuse”.
Sarebbe quindi il caso che, già oggi, le autorità e gli organi di vigilanza si attivassero per studiare come controllare il rispetto delle regole di base della “vita nel metaverso” a partire dalla possibilità di distinguere le identità reali che operano nella sfera aumentata dai bot, alla tutela dei dati e della privacy.
Chiudiamo con una piccola suggestione legata all’immaginario cinematografico. La serie televisiva Spazio 1999 è stata prodotta nel 1973 e solo oggi e a distanza di circa 50 anni prende forma l’idea di una base “fisica” reale su un pianeta che non sia la terra. Il film Matrix è invece del 1999 e a distanza di “appena” 23 anni si può dire avviata la realizzazione anche se solo in nuce, di quegli scenari, un segnale di quanto i “tempi” si accorcino. La domanda che dovremmo però porci davvero è legata all’effettiva “sostenibilità ambientale” del metaverso. Se le sfide per la cybersecurity sono senza dubbio di alto livello, pensiamo che quella della sostenibilità del metaverso sia invece già persa, tanto più se si guarda non solo all’aspetto “ecologico” della sostenibilità. Speriamo di essere smentiti.
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