Mi pareva di scherzare quando due giorni fa avevo definito la vicenda Sam Altman licenziato da OpenAI – assunto da Microsoft (con tutti i balletti nel mezzo) una telenovela. Ma non ci andavo lontano.
Oggi Sam Altman è di nuovo il capo di OpenAI, è tornato ad essere il Ceo della startup che ha fondato nel 2015, che ha creato ChatGpt e che oggi vale 80 milioni di dollari. Ma cosa è successo? Ripercorriamo la cronaca delle ultime ore (insegna), che lascia alla fine una OpenAI molto diversa da quella di una settimana fa. Anche nell’immagine collettiva.
La cronaca. Oggi OpenAI ha reso noto che “ha raggiunto un accordo di massima” per far rientrare Altman nella posizione di Ceo, insieme a Greg Brockman, presidente e cofondatore di OpenAI che si era dimesso insieme all’amico. Pressioni dai dipendenti (pronti a lasciare in blocco l’azienda) ma soprattutto dai maggiori investitori – Thrive Capital, Khosla Ventures e Sequoia Capital – che si sono mossi per riportare Altman al comando.
A una condizione: cambiare il consiglio di amministrazione “ostile”. Allontanati tre membri sui 4 attuali, rimarrà Adam D’angelo a gestire la creazione di un consiglio provvisorio che dovrà decidere i nove membri di un nuovo consiglio più grande, cambiando radicalmente la gestione di OpenAI.
Oggi il board, parte del ramo no profit dell’azienda, ha l’ultima voce in capitolo sulle decisioni prese dal ramo commerciale, quelle che hanno determinato l’accordo tra Altman e Satya Nadella per l’ingresso di Microsoft nel capitale di OpenAI, quasi un anno fa (con un finanziamento iniziale di 10 milioni di dollari per il 49% della società). Del nuovo board il presidente sarà Bret Taylor (ex Google, ex Meta, ex Salesforce) e ci sarà anche Larry Summers (economista, ex segretario del tesoro americano). Un cambio di passo.
Il legame molto forte con Microsoft era stato ribadito anche domenica notte, nella decisione di Satya Nadella di assumere Altman alla guida di un nuovo team dedicato all’intelligenza artificiale. Sembrava cosa fatta in Microsoft, in allerta per ospitare negli ex uffici Linkedin di San Francisco anche i 700 dipendenti di OpenAI (pari al 90% della forza lavoro) che in settimana avevano inviato una lettera aperta al consiglio di amministrazione dicendosi pronti a seguire i fondatori di OpenAI nel caso il consiglio non si fosse dimesso (svuotando OpenAI e rimarcando quanto la vera forza delle aziende siano i cervelli, i dipendenti).
Invece rewind. Giusto un cenno, per completezza, alla breve vita di Emmett Shear come Ceo di OpenAI, oltre alla naufragata proposta di OpenAI di fusione con la rivale Anthropic per creare una nuova azienda forte nell’AI, rifiutata da Dario Amodei, Ceo della società).
I due commenti di Altman e Nadella
Sam Altman: “Amo OpenAI, e tutto ciò che ho fatto negli ultimi giorni è stato al servizio di questo team e della sua missione. Quando ho deciso di unirmi a Microsoft, la sera di domenica, era chiaro che quella era la strada migliore per me e per il team. Con il nuovo consiglio di amministrazione di OpenAI e il sostegno di Satya Nadella, non vedo l’ora di tornare in OpenAI e di costruire la nostra forte partnership con Microsoft”.
Satya Nadella: “Siamo incoraggiati dalle modifiche apportate al consiglio di amministrazione di OpenAI. Crediamo che questo sia un primo passo fondamentale verso una governance più stabile, informata ed efficace. Sam Altman, Greg Brockman e io abbiamo parlato e concordato che loro abbiano un ruolo chiave da svolgere, insieme al team di leadership di OpenAI, nel garantire che OpenAI continui a prosperare e a sviluppare la sua missione. Non vediamo l’ora di consolidare la nostra solida collaborazione e di offrire il valore di questa nuova generazione di IA ai nostri clienti e partner”.
Ma cosa rimane da questa storia?
Sicuramente la telenovela (passatemi il termine) ha portato alla luce in modo evidente i contrasti interni ad OpenAI, i dissapori tra due anime, una legata allo sviluppo no profit di una AI che porti beneficio all’umanità come da statuto del 2015 (rappresentata dal board), l’altra legata allo sviluppo commerciale dell’azienda (rappresentata da Altman) che ha dato vita nell’ultimo anno anche a rilasci frettolosi di ChatGpt con bachi evidenti e ripercussioni sociali.
E da qui una valanga di questioni aperte e di dubbi.
Se Altman rientrerà in OpenAI il peso dell’anima commerciale avrà la meglio?
Quanto rimarrà rilevante lo sviluppo di una AI sicura e etica per il bene dell’umanità?
Quali saranno le decisioni che guideranno lo sviluppo di OpenAI, che ha dato vita alla più grande innovazione dall’avvento di Internet, con un impatto su produzione, occupazione, formazione, contenuti, lavori….?
Quali saranno le scelte del nuovo board, tra politica e normativa?
Saranno tutelati gli interessi degli investitori, tra i quali anche quelli di Microsoft (che ha già integrato i modelli di deep learning di OpenAI in Copilot, Bing Chat, Bing Image Creator), se nel board siederanno manager di altre aziende?
Altman – tacciato dal vecchio board come poco trasparente – riconquisterà in toto la stima dei dipendenti, la fiducia del mercato e degli investitori?
Insomma, in pochi giorni, OpenAI ha subìto uno scossone tale che credo la marchierà per il futuro. Anche se Altman è tornato sulla sua seggiola da Ceo, pronto per festeggiare il primo compleanno di ChatGpt, nato il 30 novembre 2022.
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