In un mercato connesso e competitivo, dove la personalizzazione è diventata una prerogativa e non più un’opzione, il retail non rappresenta più un ‘luogo di acquisto’ ma sta diventando un media.
La nascita del Retail Media, inteso come l’insieme delle attività pubblicitarie basate sui dati proprietari dei retailer, ridefinisce le regole del gioco della comunicazione di marca. Un’evoluzione che spinge sempre più imprese a considerare il punto vendita non solo come canale distributivo, ma come piattaforma pubblicitaria a tutti gli effetti. L’impennata degli investimenti parla chiaro: stando ai dati riportati da Bcg, negli Stati Uniti, il Retail Media ha raggiunto i 100 miliardi di dollari e anche in Europa; secondo il Report 2023 di Statista (figura sotto), si prevede una crescita significativa, con una spesa che supererà i 31 miliardi entro il 2028.

Retailer come editori: la potenza dei dati di prima parte
Il cambio di paradigma è stato accelerato dalla cosiddetta “cookieless era”, che ha ridotto l’efficacia dei cookie di terze parti e obbligato le aziende a reinventare le strategie di targeting. In questo scenario, i dati di prima parte raccolti dai retailer – sulle preferenze, i comportamenti e i percorsi di acquisto dei consumatori – diventano una miniera d’oro.
Attraverso questi dati, i retailer costruiscono Retail Media Networks (Rmn), offrendo alle aziende la possibilità di veicolare messaggi pubblicitari estremamente profilati, attraverso banner digitali, newsletter, video promozionali e persino strumenti tradizionali come radio in-store o totem interattivi. Il caso Amazon è emblematico: nel 2022, il colosso ha generato oltre 37 miliardi di dollari solo con la sua divisione advertising.
Per cogliere appieno l’attrattività che questi nuovi “editori” esercitano sui brand, è sufficiente osservare la figura seguente. Il grafico, tratto dal report The State of Retail Media 2023 di Iab Europe, evidenzia in modo chiaro quale quota del budget di marketing complessivo le aziende abbiano destinato nel 2023 agli investimenti in Retail Media.

Un nuovo touchpoint del customer journey
Ciò che rende il Retail Media particolarmente interessante non è solo la sua capacità di targettizzare con precisione, ma il fatto di inserirsi in momenti strategici del customer journey, in prossimità immediata della decisione d’acquisto. I messaggi trasmessi in-store o all’interno delle piattaforme e-commerce dei retailer godono di una contestualizzazione senza precedenti, capace di influenzare direttamente la scelta del consumatore.
Tuttavia, emerge una domanda fondamentale: quanto sono efficaci questi strumenti rispetto alla pubblicità tradizionale o ai classici canali digitali? E soprattutto, cosa guida davvero le decisioni d’acquisto in presenza di retail media online e in-store?
Uno studio in corso promosso da Criet – Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio – mira a rispondere a questi interrogativi attraverso un approccio metodologico misto. L’obiettivo è confrontare le reazioni dei consumatori davanti a touchpoint digitali e fisici e misurare il loro impatto sulle decisioni d’acquisto, tenendo conto di variabili quali la fiducia, la personalizzazione percepita e la familiarità con il brand.
Da una prima analisi desk condotta, lo studio di Criet ha già messo in luce alcuni elementi chiave. In primo luogo, emerge come il Retail Media rappresenti una trasformazione strutturale del punto vendita, che da semplice canale distributivo si configura sempre più come piattaforma comunicativa integrata nel tessuto territoriale. Questo nuovo ruolo apre alla creazione di ecosistemi pubblicitari locali, in cui i dati di prossimità possono diventare un vantaggio competitivo, soprattutto per le piccole e medie imprese. Tuttavia, il fenomeno solleva anche interrogativi strategici: il crescente potere dei retailer-editori ridisegna gli equilibri tra brand e distributori, richiedendo nuovi modelli di governance e maggiore trasparenza nella gestione dei dati. In questa prospettiva, la sostenibilità del Retail Media non è solo tecnologica o ambientale, ma anche sociale ed etica, con particolare attenzione alla tutela della privacy e alla responsabilizzazione nell’uso dei dati. Infine, la fase qualitativa ha evidenziato alcune direttrici di approfondimento per la componente quantitativa dello studio, tra cui il ruolo della fiducia nei confronti del retailer, la percezione di personalizzazione dei messaggi e l’impatto di questi nuovi touchpoint sulla relazione con il brand.
Una sfida per le Pmi: democratizzare il retail media
Se i grandi retailer stanno cavalcando con successo l’onda del Retail Media, per le piccole e medie imprese la sfida si fa più complessa. Meno risorse, meno dati, meno capacità tecnologiche. Ma questo non significa che la partita sia persa.
L’opportunità per le Pmi consiste nel valorizzare i dati raccolti localmente – anche offline – e creare micro-ecosistemi pubblicitari in grado di offrire contenuti pertinenti e personalizzati alla propria clientela. Ciò richiede però competenze nuove, sia tecniche sia organizzative, e un ripensamento dei modelli di business.
Un nuovo equilibrio tra brand, retailer e consumatori
L’ascesa del Retail Media pone anche interrogativi di tipo strategico e sistemico. I brand si trovano oggi a dover riconsiderare come allocare i propri budget di comunicazione tra i canali tradizionali, digitali e quelli offerti dai retailer. In parallelo, si apre un tema delicato legato al potere crescente delle piattaforme retail, che da semplici distributori diventano anche competitor dei brand sul piano dell’attenzione e del controllo dei dati. In questo scenario, la coesistenza tra brand e retailer richiede nuovi modelli di governance, maggiore trasparenza e una più equa distribuzione del valore generato dalla collaborazione. Non da ultimo, occorre porre attenzione alla gestione etica dei dati, alla privacy e alla tutela dei consumatori, sempre più esposti – e potenzialmente manipolabili – in un ecosistema pubblicitario capillare e pervasivo.
Il Retail Media come spazio di innovazione responsabile
Il Retail Media non è solo un trend passeggero: è una trasformazione strutturale del modo in cui il valore viene creato, distribuito e percepito nella filiera del consumo. Per questo è fondamentale affrontarlo non solo come una leva di marketing, ma come un ambito di riflessione strategica e sociale, capace di ridefinire i rapporti tra imprese, consumatori e tecnologia.
La chiave non sarà semplicemente adottare queste soluzioni, ma farlo in modo consapevole, sostenibile e coerente con i nuovi valori della customer-centricity.
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* Francesco Costanzo, dottorando in Business for Society presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca
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