Chiude l’anno fiscale 2019 con un fatturato mondiale di 2,82 miliardi di dollari e una crescita del 31,7% anno su anno, con giro d’affari legato alle subscription di 2,39 miliardi di dollari (+33,4%).
Un business (quasi) totalmente in cloud quello di Workday che ha aperto la filiale italiana un anno fa e che ha fatto incetta di manager locali negli ultimi mesi per formare una squadra focalizzata sui clienti italiani.
E’ Zoran Radumilo il managing director che deve portare avanti in Italia l’approccio dei due fondatori di Workday (ex menti di PeopleSoft, azienda poi acquisita da Oracle nel 2014, ndr) con una cultura che vede il cliente al centro di una strategia cloud nativa, impostata già nel 2005. “Se un’azienda vendor non è cloud nativa, il processo del porting del software in cloud può essere lungo e doloroso, a differenza di quelle realtà nate con una logica a servizio, che permette di sviluppare in modo efficiente la tecnologia fin da subito con un approccio as a service” esordisce Radumilo. Un riferimento velato ma chiaro ai competitor che da un go-to-market tradizionale, con modelli a licenza o on premise, hanno deciso di proporre il software in cloud in tempi recenti, non come scelta nativa.
Radumilo dovrà gestire non solo i 450 clienti internazionali presenti in Italia (dei 2.400 a livello mondiale, grandi aziende private americane, università e PA) ma creare una base clienti locale, seguita da un team italiano dedicato. “Il target è interessare Cfo e i capi del personale di aziende medio grandi, con proposte in ambito finance, planning e human capital management” esordisce. Parla di business management e people management, gestione finanziaria e risorse umane, “due aree che riguardano la gestione a 360 gradi della pianificazione delle attività di una azienda, dal business, all’analisi, fino all’execution”.
Clienti e partner
Il parametro per misurare la validità del software e dell’approccio cloud nativo è la customer satisfaction dei clienti. “Per noi si attesta al 98%. Siamo stati lo scorso anno anche la prima azienda al Nasdaq con una crescita in borsa significativa”.
Numeri che Radumilo afferma essere legati ai due punti di forza: la cultura aziendale (“la stessa, dai fondatori ai più recenti dipendenti”) e il processo di ingresso in azienda, “molto lungo e complicato” che richiede un mese di certificazioni per tutti i dipendenti in qualsiasi mansione e livello. “Se le certificazioni non vengono ottenute, il rapporto di lavoro si interrompe dopo un mese” spiega il manager.
Lo stesso livello di coinvolgimento vale anche per i partner che devono acquisire le capacità di implementazione in tempi ristretti, su processi pianificati. “La qualità dei processi implementativi è centrale e se il cliente non è pronto a passare in cloud, noi ci ritiriamo dalla commessa, perché deve essere il cliente stesso a supportare il progetto” continua, spiegando che solo se la trasformazione in cloud rientra a pieno titolo nei piani dell’azienda cliente si può avviare, con un approccio trasparente.
R&D, AI e blockchain
”Il 40% dell’innovazione sui nostri prodotti deriva da feedback degli utenti, software che vengono progettati propri dalla R&D negli laboratori americani prendendo in considerazione ogni segnalazione”. Tra i trend 2019 sui quali lo sviluppo si metterà in gioco spicca l’intelligenza artificiale a supporto delle nuove release, come sostiene Joe Korngiebel, Cto di Workday (“Nel 2019 l’AI e il machine learning continueranno a svilupparsi fornendo ai dipendenti strumenti per lavorare in maniera più efficiente, con un’esperienza personalizzata e intuitiva, contribuendo a far crescere il business dell’azienda”). Ma inizieranno a vedersi anche le prime applicazioni aziendali di blockchain, consentendo agli utenti di controllare i propri dati e garantirne l’affidabiltà nella relazione con terzi. “Le implicazioni sull’identità digitale saranno enormi, inoltre si elimineranno incomprensioni per esempio quando ci si candida per una posizione o nell’utilizzo di prodotti finanziari – sostiene Jon Ruggiero, SVP di Workday -. In un panorama lavorativo in pieno mutamento, le identità digitali verificate tramite blockchain consentiranno alle persone di costruirsi un percorso con credenziali digitali che rappresentano le loro capacità, qualifiche ed esperienze lavorative”.
Il peso della community
A fronte delle novità della ricerca e sviluppo, la community dei clienti e dei partner beneficia degli aggiornamenti software due volte l’anno, ma la piattaforma di feedback è sempre attiva e user friendly. “Il nostro obiettivo è entrare nelle aziende lavorando sulle competenze e sulle opportunità. Le referenze per industry sono un grande abilitatore e al nostro interno siamo organizzati per scalare nelle aziende dei settori finance, energy e manifatturiero”.
Le alleanze a livello globale sono strette con partner dal calibro di Accenture, Pwc, Deloitte, Capgemini, Mercer e Ibm, invece a livello territoriale ci sono anche dei “boutique partner” di nicchia che preservano la qualità del deployment. “I partner devono ricercare la qualità del progetto non perseguire la firma del contratto” sostiene Radumilio.
A questi si affiancano poi advisory partner che si occupano di gestire il processo in azienda, e influencer partner che valutano la possibilità di coinvolgimento di Workday in alcuni progetti. “Il rispetto del Gdpr è una priorità per le aziende e per noi è una opportunità: le società verificano quali fornitori hanno tutti gli strumenti per gestire e proteggere i loro dati prima di scegliere il vendor a cui affidarsi. Oltre a valutare le questioni legate alla privacy e al trattamento dei dati”.
Spunti che verranno dibatutti con i clienti e i prospect durante il Workday Rising di novembre, summit europeo che si svolgerà a Milano, occasione non solo per portare l’italianità di case history locali a livello internazionale, ma anche per apprezzare la trasparenza nel contatto con i clienti mondiali. “Non ci saranno keynote da parte di Workday – precisa Radumilo – ma saranno i clienti a raccontare come la nostra business application sia la più utilizzata anche da mobile e come l’adozione della nostra tecnologia cloud non richieda nessun training specifico”.
Nel trimestre appena concluso l’azienda ha raccolto un fatturato mondiale di 788,6 milioni di dollari, in crescita del 35,4% anno anno, annoverando tra i clienti il 40% delle aziende Fortune 500 e metà delle aziende Fortune 50, fa sapere Robynne Sisco, copresidente e chief financial officer di Workday. “Obiettivo 2020, un fatturato annuale superiore ai 3 miliardi di dollari, con una crescita su base annua del 27% circa”. Radumilo non si sbilancia sull’Italia.
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