Il caffè questa volta lo prendiamo a Roma, nel quartier generale di Sogei (la società di Information Technology del Ministero dell’Economia e delle Finanze), dove Fabrizio Rauso ha innescato in questi ultimi anni un percorso di trasformazione che ha impatatto su organizzazione e tecnologia.
La carica che ricopre di Direttore People Organization & Digital Transformation di Sogei è la risultante di un percorso che Rauso ha tracciato in una sorta di “diario di bordo” approvato dal Piano Industriale 2019-2021 da parte del CdA e redatto con gli stakeholder.
Già nel gennaio 2018 si erano messe le basi del cambiamento, di un nuovo modello finalizzato a valorizzare non solo i servizi offerti ma soprattutto il valore delle persone (con 114 nuove assunzioni nel 2018 e altrettante previste nel prossimo triennio). Un Piano improntato su tre leve strategiche – innovazione, employee experience e modello operativo – che contiene i progetti, la rimodulazione organizzativa, gli obiettivi di Sogei, ma anche l’impegno dell’azienda nel “rafforzamento e nella crescita del proprio posizionamento nel quadro dei compiti e dei ruoli prefissati dalla propria mission”.
In questo contesto, chi guida il processo di trasformazione digitale e organizzativa si mette quotidianamente in gioco. Come più volte sottolineato dagli ospiti al nostro Cio Cafè, non solo la figura del Cio ha trasformato la propria forma negli ultimi anni evolvendo in Chief Data Officer, Digital Trasformation Manager, Innovation Manager, Chief Ethics Officer, mai ha modificato anche la propria sostanza subendo più cambiamenti rispetto a qualsiasi altra figura aziendale, in termini di competenze, professionalità ed esperienze. Un identikit nuovo, che chiediamo a Rauso di tracciare.
“L’epoca che noi oggi viviamo appartiene ad una particolare fase storica, dove i cambiamenti si susseguono in modo molto veloce investendo ogni aspetto della realtà – argomenta Rauso -. Non fa eccezione il comparto dell’impresa, teso verso nuovi modelli, dove determinante diventa la capacità di correlare una quantità di dati sempre più significativa per ampliare le conoscenze e le opportunità di business. Un modello dalle grandi potenzialità che premierà chi ha idee, competenze ma, soprattutto, coraggio di innovare e tracciare nuove strade. In azienda, oggi, il manager deve prima di ogni altra cosa saper gestire il presente preparando il futuro. Deve intuirlo, comprenderlo, divenirne promotore. Deve porsi in una condizione di propensione al cambiamento continuo“. Scherza Rauso: “Nella digital transformation bisogna essere strabici”.
Change management necessario
Il cambiamento rimane la parola d’ordine anche per l’intero management dell’azienda? Non sempre facile da attuale.
“Le rispondo con una citazione che molti attribuiscono a Charles Darwin, altri a Leon Megginson, eminente professore di management: “Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”. Per un’azienda è la stessa cosa dove, però, non basta adattarsi al cambiamento ma bisogna volere e sapere evolversi. Da qui l’enorme importanza che attribuisco alle politiche aziendali di change management. Quello che dovremmo configurare è un nuovo dominio manageriale, che si basa su modelli organizzativi metadisciplinari, in grado di abbattere le barriere tra le diverse articolazioni aziendali e che si sviluppa lungo due direttrici operative.
Da una parte parliamo di Lean Transformation, parliamo di persone, della loro importanza all’interno dell’azienda, della necessità di formarle, coinvolgerle e guidarle verso un metodo di lavoro diverso, più efficace, produttivo, motivante e coinvolgente.
Dall’altra parliamo di Azienda 4.0, che opera attraverso un mix tecnologico di automazione, informazione, connessione e programmazione, diretta conseguenza dei processi di digital transformation.
Sembra facile da dirsi, ma attuare in un’azienda una politica di change management efficace richiede tempo e investimenti. Come impostarla?
“Prima di tutto, è necessario un commitment del vertice, definito, trasparente e compreso. Ma non basta. Bisogna essere ossessionati dalla capacità di “divergere e convergere” sia nella fase di disegno del cambiamento sia nella fase di execution.
Coerenti saì con gli obiettivi iniziali ma sempre in sperimentazione e verifica rispetto al gap tra quanto prodotto e quanto necessario. E questo vuol dire anche cambiare rotta se ritenuto fondamentale.
Tutto ciò richiede continui riallineamenti con i manager, con le persone che, ripeto, non si devono adattare ma si devono sentire attori protagonisti del cambiamento. Il cambiamento non è mai a costo zero, bisogna mettere in conto significativi investimenti in formazione dei manager, delle persone, in comunicazione, in revisione dei processi e anche in tecnologia che sicuramente costituisce un fattore abilitante del cambiamento“.
Citizen experience nei progetti per la PA
Un cambiamento in corso anche in Sogei, che opera sulla base del modello dell’in house providing e come partner strategico dell’amministrazione economico-finanziaria realizza servizi informatici in grado di governare la complessità del sistema pubblico (come il Sistema informativo della fiscalità e l’automazione dei processi gestionali del Ministero, della Corte dei conti, delle Agenzie fiscali e di qualche altra pubblica amministrazione centrale). “Non senza una piccola punta di orgoglio – precisa Rauso – mi sento di affermare che, a fianco dei nostri clienti, stiamo attivamente partecipando alla trasformazione digitale della pubblica amministrazione, con l’obiettivo di semplificare gli adempimenti quotidiani di cittadini, imprese e istituzioni, per una nuova Citizen experience semplice, veloce e completamente digitale. In breve, questo è il contesto nel quale le nostre persone – circa 2.200 di cui circa 120 manager – operano quotidianamente”.
Per il 2018, il bilancio d’esercizio chiusosi al 31 dicembre 2018 riporta un valore della produzione di circa 528 milioni di euro e un utile netto di 27,8 milioni di euro, grazie anche a importanti risultati nella realizzazione di progetti come il 730 precompilato, il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), la fatturazione elettronica, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR).
Employee experience nel piano industriale
Le basi per i progetti realizzati nel 2018 sono state però gettate anni prima. “Già dal 2014 in azienda sono partiti i piani per l’attuazione della digital transformation e oggi possiamo affermare di essere entrati nella fase matura di execution. Importanti iniziative sono state messe in campo in ambito employee experience, con l’intento di incrementare la soddisfazione, l’engagement e il benessere dei dipendenti. Sempre nel 2014, abbiamo iniziato a lavorare sulla cultura aziendale, ponendo l’attenzione allo sviluppo e alla condivisione dell’importanza in una azienda delle soft skill”.
Per i manager sono stati realizzati percorsi di counseling e di coaching, workshop e seminari, il tutto finalizzato all’acquisizione di un digital mindset improntato sulla collaborazione, versatilità e accountability, nonché su valori quali il rispetto, la fiducia e la responsabilità individuale e collettiva. “Quello che cerchiamo di valorizzare in azienda è il manager che in primis viva su di sé il cambiamento, ne divenga il primo testimonial, condizione questa necessaria per poi trasmettere questo cambiamento al proprio team”.
“La persona è al centro perché l’azienda è fatta di persone. Abbiamo iniziato implementando una strategia di People Value che si è evoluta in un concetto più ampio ancora che è quello dell’Employee Experience: abbiamo articolato e posto in essere una serie di azioni e iniziative con l’intento di favorire nuove esperienze basate su un approccio innovativo, collaborativo e partecipativo. L’Employee Experience è, quindi, diventato uno dei tre pilastri su cui è stato formulato il Piano industriale triennale 2019-2021: ci sono ben 12 progetti a tale scopo e tutte le aree aziendali devono contribuire, per fare degli esempi, da chi si occupa della gestione degli spazi e dei servizi aziendali, a chi sviluppa servizi IT interni, ai manager che con i loro comportamenti danno l’esempio tutti i giorni”.
Questa attenzione porta a tracciare un percorso, faticoso ma necessario, che consenta il passaggio da una ormai vecchia cultura focalizzata su un’organizzazione burocratica con una forte enfasi sulla standardizzazione, sulla gerarchia e sul controllo verso una nuova cultura basata su concetti e soluzioni dell’Humanistic Management. “Vuol dire prendere atto delle diversità delle persone e delle loro esigenze, vuol dire individuare soluzioni personalizzate a seconda delle persone, vuol dire coinvolgerle, potenziarle e incoraggiarle a dare il proprio contributo e a riconoscere e ad imparare dai propri errori, vuol dire fornire loro gli strumenti abilitanti. Vuol dire riconoscere che la comunità di persone è più potente del singolo e quindi la collaborazione è fondamentale”.
E aggiunge: “Devo dire, infine, che concentrandoci sull’esperienza delle nostre persone abbiamo acquisito consapevolezza su metodi e strumenti da riproporre in ambito di Customer Experience e Citizen Experience. Sperimentando in anticipo “in casa” siamo più efficaci e ci sentiamo più sicuri quando proponiamo soluzioni ai nostri clienti o per i cittadini, destinatari ultimi dei servizi che offriamo”.
Partirà l’hashtag #noidisogei come risultante del processo di valorizzazione dei dipendenti, riavvicinati alla logica aziendale dopo la fase di trasformazione, con una nuova social intranet che valorizzerà i tre aspetti fondanti, di collaboration, accountability e rispetto reciproco. “Un modello pulsante – conclude Rauso – con obiettivi personali, di team, di azienda“. Tracciato un nuovo identikit, non solo del Cio.
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