L’emergenza da Covid-19, che costringe milioni di persone nel mondo a rimanere segregate nelle proprie abitazioni, sta favorendo lo smart working, divenuto ormai la norma per aziende di ogni dimensione. Anche le imprese un tempo riluttanti a questa forma lavorativa la stanno adottando, cambiando strategia e attrezzandosi per consentire ai dipendenti di lavorare da casa.
Tra gli strumenti cruciali per la continuità lavorativa e la collaborazione, la videoconferenza è in prima linea quale punto di connessione tra colleghi, clienti e interlocutori, oltre che elemento chiave per la didattica, dove diventa il tramite indispensabile agli insegnati per proseguire i programmi scolastici.
Zoom e Slack, crescita boom
A confermare quanto, in questa fase, il software di collaborazione sia essenziale per tutto il sistema è GlobalData, che analizza la crescita delle imprese operative in questo ambito.
La crisi contingente, rileva l’azienda, spinge il business di Zoom e Slack, che registrano incrementi boom. Entrambe le società guadagnano posizioni di rilievo nell’ultima classifica tematica di GlobalData per software applicativo, dove Zoom occupa il secondo posto, Slack il terzo. In particolare, il numero senza precedenti di dipendenti che lavora da casa fa registrare un aumento di 20 volte delle riunioni di Zoom dal gennaio 2020.
“Strumenti come Slack e Zoom sono diventati fondamentali per la continuità aziendale a livello globale – commenta Stuart Ravens, chief analyst of Thematic Research di GlobalData -.
A metà marzo, il numero di utenti connessi simultaneamente di Slack ha raggiunto un record di 12,5 milioni. Su Zoom, a fronte di un massimo di dieci milioni di riunioni giornaliere a dicembre 2019, se ne registrano 200 milioni a marzo 2020“.
Vulnerabilità e privacy
Ma proprio in questo momento di massiccia diffusione delle piattaforme di condivisione video emerge evidente anche la loro vulnerabilità e non mancano le criticità, legate sia all’aspetto della sicurezza che della riservatezza dei dati.
Zoom si rileva in particolare troppo facile da attaccare, a causa, da un lato, dell’eccessiva fiducia da parte degli utenti, dall’altra di alcune debolezze del sistema stesso.
La principale criticità è legata al fenomeno che viene definito Zoombombing o Zoomraiding, che ha visto gli attaccanti entrare nei meeting di altri utenti per azioni di disturbo. Un fenomeno favorito dal fatto che i dati identificativi dei partecipanti apparivano in chiaro, visibili a chiunque, e che ha visto nel mirino anche grandi società di consulenza, aziende governative e società del settore finanziario a livello globale.
Gli sviluppatori di Zoom hanno oggi ovviato a questa problematica, così come ad altre criticità; l’azienda dichiara di aver risolto una falla che consentiva di rubare le credenziali degli utenti Windows, un’altra che permetteva di prendere il controllo di webcam e microfono dei Mac e di aver sospeso il trasferimento dei dati a Facebook nella versione iOS dell’applicazione. Ma permangono alcuni dubbi, soprattutto sul fronte della privacy. Le videoconferenze non sono infatti completamente cifrate, per cui potenzialmente l’azienda ha accesso alle comunicazioni dei propri utenti.
Altre analisi sulle minacce rilevano peraltro circa 1.300 file con nomi simili ad applicazioni note, come Zoom, Webex e Slack. Si tratta di installer che mostrano annunci o scaricano moduli adware che invece di scaricare l’applicazione per le videoconferenze scaricano dei virus. Una pratica che in questi giorni in cui le applicazioni di social meeting rappresentano uno dei pochi modi per comunicare via video, audio o messaggi di testo, amplifica enormemente le possibilità di riuscita.
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