Rieccoci, lunedì, ognuno collegato da casa per la seconda, per molti la terza settimana di Lavoro agile, per l’emergenza sanitaria in corso. Accanto a figli e ragazzi che stanno vivendo la loro esperienza di Scuola agile. Cercando di fare la spesa online (e-commerce fragile) e guardando al mondo della Ricerca che con agilità si riscopre coeso, meno fragile tra tutti. Cosa sta succedendo? Andiamo per punti.

1 – Smart working. Il weekend è servito a decantare da giornate intere davanti a notebook collegati in call. “Perché alla fine non si stacca mai” è il commento più diffuso di amici, colleghi, famigliari in smart working che ancora devono prendere le misure con un concetto di lavoro ben diverso dal telelavoro, che prevede cambiamento di modelli organizzativi, passaggio da controllo a delega, responsabilità, metriche di valutazioni basate sui risultati e non sul tempo.
C’è chi è abituato da anni e lo vive con naturalezza (nel nostro mondo IT e Digital è prassi consolidata), c’è chi sta prendendo mano ora con le tecnologie più diffuse da Webex, a Zoom, a Teams costretto dall’emergenza, facendo i conti con l’arretratezza tecnologica di tante aziende e con problemi di connettività: la banda larga ultraveloce copre solo il 24% della popolazione, rispetto la media del 60% della Unione Europea, lasciando scoperti 11 milioni di utenti in Italia e 2.400 comuni nelle sole tre regioni maggiormente colpite dal Covid-19, Lombardia, Veneto e Emilia.
Chi ha la possibilità di portare avanti la propria professionalità con questi strumenti smart (il traffico medio sulle linee fisse dati è aumentato del 20% con picchi fino al 50%) ha visto crescere esponenzialmente in questi giorni il numero di call tra colleghi e clienti. “Si entra in call la mattina si esce la sera” il commento di molti: call grandi facilitatori del lavoro di squadra e della quotidianità (ben vengano) ma a volte fin troppe, che credo serva recuperare un po’ di quel sano tempo, tra una call e l’altra, per “svolgere” il lavoro. Le call inutili sono inutili quanto le riunioni troppo lunghe e affollate.
Una chicca manterrei però, tra le call “futili” di fine giornata: quell’aperitivo virtuale che molte aziende organizzano (arrivando a collegare anche 20-30 colleghi insieme) riscoprendo un momento di socialità spesso frequentato nella vita reale solo dai colleghi “giovani“. Relazioni personali.

2 – Scuola a distanza. Siamo arrivati impreparati, quando la tecnologia nella scuola era soltanto per molti avere la lavagna interattiva (Lim) in classe. In due settimane però la scuola si è mossa, con tutte le criticità di allineare sistemi, piattaforme, dare accesso agli studenti e se le università in questo secondo lunedì di corsi sono ormai a regime (il Politecnico di Milano affolla aule virtuali di 200 studenti con Teams), le scuole primarie e secondarie si affidano spesso all’iniziativa dei singoli docenti e professori, utilizzano piattaforme diverse, chat di gruppo, siti per la didattica, senza uniformità e capillarità. E si scontrano con problemi reali, non solo legati al digital divide e alla mancanza di copertura e connettività di cui sopra, ma anche con la dotazione famigliare di notebook, tablet, o pc per coprire le esigenze di uno o più figli che contemporaneamente dovrebbero collegarsi per le lezioni. Molte aziende dell’IT si sono mobilitate per offrire gratuitamente tecnologia alla scuola e nuovi servizi, ma di fondo si avverte la mancanza di un coordinamento efficace di docenti e piattaforme utilizzabili. Oggi nel decreto Cura Italia sono stati deliberati 85 milioni di euro per agevolare il lavoro delle istituzioni scolastiche che si stanno dotando di piattaforme e di strumenti digitali per l’apprendimento a distanza o che stanno potenziando gli strumenti che avevano già a loro disposizione. “Queste risorse serviranno anche per mettere a disposizione degli studenti meno abbienti dispositivi digitali per l’utilizzo delle piattaforme per la didattica a distanza e per la connessione alla Rete – ha affermato la Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina -. Una parte degli stanziamenti sarà destinata, poi, alla formazione del personale scolastico sul fronte della didattica a distanza”.

3 – E-commerce. Non ha retto, o meglio la delivery online dei grandi retailer, da Esselunga a Carrefour, da Bennet Drive ad Amazon Prime Now, da Coop a Supermercato24 non ha sopportato i ritmi richiesti dagli utenti chiusi in casa e sui siti i tempi di attesa per la consegna della spesa a domicilio si allungano a 10 giorni, con disponibilità del servizio limitata fino all’annullamento in alcuni casi di consegne programmate. A fronte di una domanda in crescita, nonostante si sottolinei sempre il ritardo dell’e-commerce italiano, i retail online stanno faticando a rispondere, non sono pronti. Se fino a poche settimane fa i retail tradizionali temevano che i servizi efficienti di delivery delle Amazon di turno li avrebbero messi in disparte, oggi in questa emergenza sono propri i negozi di prossimità, i piccoli supermercati di quartiere o dei centri urbani a uscirne meglio, accessibili, attenti a fare rispettare i divieti imposti dal decreto, con poche code e prossimità relazionale da valorizzare. Se l’e-commerce mostra i propri limiti in questa emergenza, nelle città vuote i negozi chiusi rimarcano la mancanza di quell’ecosistema di relazione, servizi, fisicità che il punto vendita tradizionale garantisce, centrale nella nostra italianità. Ci servirà a valorizzarlo quando tutto sarà finito, smettendo di temere l’inevitabile e auspicabile crescita dell’e-commerce in molti settori. Ma riapreremo il dibattito eterno tra multicanalità e omnicanalità.

4 – Ricerca e supercalcolatori. Ha funzionato. Con soddisfazione il consorzio pubblico-privato Exscalate4CoV si è aggiudicato i 3 milioni di euro stanziati dalla commissione europea per i progetti di ricerca sul Coronavirus (nell’ambito di Horizon 2020). Un consorzio che poggia i propri calcoli matematici sui supercalcolatori italiani del Cineca, in particolare sul sistema di supercalcolo Exscalate che, grazie alla sua “biblioteca chimica di 500 miliardi di molecole”, è in grado di valutare più di tre milioni di molecole al secondo. Si ricercheranno i farmaci più promettenti per il trattamento immediato della popolazione già infetta, e le molecole capaci di inibire la patogenesi del Coronavirus, per contrastare i contagi futuri. Un team al lavoro guidato da Dompè Farmaceutici che, oltre al Consorzio Interuniversitario Cineca, raggruppa realtà come il Politecnico di Milano (Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria), Università degli Studi di Milano (Dipartimento di Scienze Farmaceutiche), Università Federico II di Napoli, Università degli Studi di Cagliari, Sincrotone di Trieste, Associazione BigData, Istituto Nazionale Di Fisica Nucleare (Infn), Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani e Chelonia Applied Science e altri. Risorse unite.

5 – Imprenditorialtà agile. Ha funzionato. Valvole salvavita per i respiratori della terapia intensiva dell’ospedale Mellini di Chiari (Brescia), introvabili sul mercato, sono state ricreate grazie alla stampa 3D, in un progetto lampo che ha visto Massimo Temporelli (fisico, imprenditore e divulgatore scientifico) trovare la disponibilità tra i fablab bresciani di due giovani ingegneri – Cristian Fracassi e Alessandro Ramaioli – che in poche ore hanno stampato cinquanta prototipi in 3D, e ora sono già al lavoro per stamparne altre 100. Il plauso anche della ministra all’innovazione Paola Pisano.

Riporto una frase dello studio di Monitor Deloitte Italia, uno fra i molti che in questi giorni sono stati condivisi su Linkedin su come continuare a supportare la produttività, che vanno a rispondere agli intoppi in cui siamo inciampati. Pianificazione strategica di lungo periodo e approccio flessibile sono i due fattori chiave per le imprese  italiane che vogliono continuare a creare in un contesto di elevata volatilità come quello indotto dalla diffusione del Covid 19”.  
Il digitale è alleato e noi continuiamo a sostenerlo in tutte le sue forme ma i ritardi di anni li paghiamo oggi.
Se penso che l’autocertificazione per uscire (solo per ragioni urgenti) in questi giorni di #iorestoacasa sia un modulo di carta, da stampare (avercela la stampante a casa), da compilare e consegnare a mano alle forze dell’ordine (cercando di stare a più di un metro di distanza) si intuisce che la strada è ancora lunga per digitalizzare la PA e le procedure.
In  Cina e in Corea del Sud, in uso per lo stessa autocertificazione app e strumenti di rilevamento facciale grazie all’intelligenza artificiale. Andrà tutto bene.

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