In uno mondo in cui il confine tra fisico e digitale si dissolve sempre più, cresce il ruolo delle startup che proprio sul nuovo concetto di “phygital” fanno leva. Soprattutto nella fase attuale, in cui si intensificano gli sforzi e si moltiplicano le azioni delle startup per contrastare l’emergenza e contribuire concretamente a superare le criticità economiche e sociali.
Un driver a sostegno della collettività e della ripresa economica che impatta positivamente sul sistema-Paese, come conferma lo studio Startup vs Covid-19 di Cariplo Factory. Delle attività messe in campo da 150 startup italiane durante il periodo di lockdown, il 20% riguarda infatti il contrasto diretto all’emergenza sanitaria e l’80% il supporto al cittadino.
Realtà strategiche di cui si è parlato anche alla Milano Digital Week 2021, nell’ambito dell’evento La Vita Ibrida: il Quotidiano tra Fisico e Digitale. Un momento di confronto – moderato da Emanuela Teruzzi, direttore responsabile di Inno3 -, per comprendere come dal know-how di queste realtà innovative si possa amplificare l’adozione di nuovi e virtuosi modelli di business.
Protagoniste nello specifico quattro startup, operative in contesti diversi ma che come elemento in comune hanno la capacità di reinventarsi in questi mesi trovando nel digitale un alleato fedele per mettere a terra le loro idee.
Esperienze virtuali nel food & beverage
A partire da Kampaay, una startup che semplifica l’organizzazione degli eventi aziendali. Attraverso la propria piattaforma digitale, Kampaay incrocia domanda e offerta di mercato aggregando i diversi servizi necessari per la realizzazione degli eventi, coordinando tutti i fornitori: bartender, camerieri, food, drink, audio-video, pulizie, allestimento, location e spazi. Un modello di business che oggi evolve dallo spazio fisico a quello virtuale, creando esperienze ibride per l’utilizzatore finale. Lo racconta Marco Alba, Cfo e co-founder di Kampaay:“Oggi l’utente può configurare un catering tradizionale ma con un’experience virtuale, con finalità di team building o a scopo di marketing. I virtual catering box che vengono spediti a casa dei partecipanti colmano il gap nato in questa fase di distanziamento sociale, creando un clima empatico. Una nuova interazione che aiuta anche a fidelizzare i clienti, trasformandoli da occasionali in ricorrenti”. Alla domanda su come vede il futuro degli eventi, il giovane manager dichiara: “Credo non si tornerà più al pieno utilizzo dell’evento fisico come in passato. Gli experience virtual catering vanno oggi in sostituzione del fisico ma diventeranno uno nuovo modello anche per il futuro, che sarà marcato da una tipologia di interazione diversa, dove virtuale e fisico si fondono in un evento ibrido come esperienza nuova“.
Un cambio di paradigma fatto proprio anche da Divinea, una startup attiva nel marketing enoturistico che innova il proprio modello di business creando delle esperienze ibride per l’utente finale andando oltre il rapporto tradizionalmente fisico tra la cantina e i suoi acquirenti. Divinea aiuta infatti le aziende del settore a promuovere le proprie attività sviluppando una piattaforma software che abilita la componente digitale. “Il mondo vitivinicolo è storicamente poco digitalizzato, con molti canali indiretti e intermediari – dichiara Matteo Ranghetti, co-founder di Divinea –; ma la pandemia ha dato una scossa alle cantine, azzerando le filiere. Nell’attesa che il turismo finalmente si riprenda, abbiamo costruito un marketplace come punto di incontro tra consumatore e produttore. Attraverso il nostro servizio offriamo un’esperienza digitale che cambia il paradigma e abbatte le distanze: laddove l’utente non può andare nella cantina, la cantina si sposta e va a casa delle persone. Recapitiamo infatti degli smart tasting, kit con piccole bottiglie, al cliente che successivamente ha la possibilità di interloquire con esperti e vivere le degustazioni in real time attraverso esperienze videoguidate”.
Startup, modelli di sostenibilità
Creare un circuito di fidelizzazione territoriale, inducendo il consumatore a comprare nei negozi di quartiere per favorire un’economia di prossimità, con una forte attenzione verso lo spreco alimentare e la sostenibilità. Questa invece l’idea di Liberacta, sturtup innovativa nata nel 2017 per promuovere il marketing digitale, che durante l’emergenza ha favorito la rivitalizzazione dei negozi di quartiere, in momenti in cui gli e-commerce e i grandi retailer faticavano a far fronte alle richieste. Illustra l’idea Antonio Bacci, partner di Liberacta: “La nostra è una piattaforma che consente di creare programmi di fidelizzazione basati su operazioni a premi, loyalty card, acquisti presso i negozi aderenti. Uno strumento di semplice fruizione che richiede esclusivamente l’uso di uno smartphone sia per il consumatore che per l’esercente. Già in tempi pre-pandemia avevamo individuato le problematiche dei negozi di prossimità; un impegno che abbiamo intensificato in questi mesi, per aiutare a gestire meglio il periodo di lockdown e sostenere la ripresa. Oggi stiamo lavorando proprio nell’adattare la piattaforma al commercio di prossimità. A gennaio abbiamo vinto un bando del Comune di Milano, e vogliamo estendere il progetto, partito nell’area Wagner di Milano, ad altri quartieri con l’aiuto di Confcommercio, per andare a proporlo anche ad altre associazioni ed enti locali”.
Sintetizzando gli obiettivi di Liberacta, Bacci dichiara: “Oggi il nostro target sono i negozi, ai quali forniamo uno strumento (gratuito in pandemia) con cui farsi conoscere attraverso le promozioni; i cittadini, che possono beneficiare del servizio in termini economici e di conoscenza delle offerte; le associazioni di categoria e no profit e le istituzioni politiche se lo vorranno. Il nostro obiettivo è quello di dare un contributo in questo momento di emergenza ma auspichiamo per il futuro che i negozianti comprendano la valenza e le potenzialità del nostro servizio e lo adottino come strumento abituale”.
La quarta protagonista del panel è Too Good To Go, una startup nata con la missione di combattere lo spreco alimentare in una vocazione di sostenibilità. Una realtà del food nata in Danimarca nel 2015 e attiva in Italia dal 2019, ideatrice di un’app che permette ai commercianti e ai ristoratori di mettere in vendita a prezzi ridotti il cibo invenduto a fine giornata e ai consumatori di acquistare i prodotti a costi ridotti. Tramite l’app Too Good To Go, i commercianti che aderiscono al circuito hanno infatti la possibilità di indicare quotidianamente la quantità di “magic box” disponibili, in base alle previsioni di cibo invenduto a fine giornata. Contestualmente, i consumatori possono geolocalizzarsi, cercare i locali aderenti ed acquistare pasti a prezzi minimi, ridotti in partenza. Lo racconta Roberto Bove, business developer Milano di Too Good to Go. “Il nostro è un patto contro lo spreco alimentare, per abbatterlo a tutti i livelli e con un messaggio di trasparenza. In questa fase di difficoltà economica ci siamo resi conto che potevamo dare il nostro contributo con un segnale forte”. Un input che è stato raccolto, da quanto racconta il manager. Sviluppata inizialmente nelle principali città italiane, Too Good To Go si diffonde oggi in tutta Italia permettendo ad oggi di evitare l’emissione di oltre 100 milioni di kg di Co2. In Italia sono 2 milioni le confezioni di cibo vendute e 2 milioni e mezzo gli utenti registrati alla piattaforma. “Come incontro tra fisico e digitale, Too Good To Go attiva un circolo virtuoso che riavvicina agli esercizi commerciali di prossimità, sostiene i commercianti che si impegnano a limitare sprechi di cibo e risorse attraverso lo smaltimento delle rimanenze a sorpresa con il ritiro in negozio, e sensibilizza allo stesso tempo gli utenti sull’importanza di un consumo consapevole e sostenibile”, conclude Bove.
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