Operativo dal 1971 e dall’anno successivo riconosciuto istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, l’ospedale San Raffaele è anche polo didattico-assistenziale dell’università Vita-Salute San Raffaele (UniSR), ed in sinergia tra le due realtà è condotta l’attività di ricerca biomedica.
E’ l’interazione continua tra ricerca scientifica/didattica e attività clinica a consentire all’ospedale di divenire un punto di riferimento a livello europeo sia per la cura di diverse patologie sia per lo studio e lo sviluppo di terapie innovative. Ed è in questo contesto che si colloca la sperimentazione, poi “approdata in corsia” relativa all’utilizzo dell’intelligenza artificiale in sanità del San Raffaele con il polo universitario Vita-Salute. Non un aspetto secondario, proprio quello dell’effettivo approdo del progetto nella pratica reale, perché se tanti sono Poc e soluzioni basati sull’AI a supporto dei medici nella diagnosi delle malattie – con relativi vantaggi su tempi e accuratezza delle diagnosi e nella predizione prognostica – pochi sono invece i progetti che “restano” e favoriscono il percorso di cura del paziente. Frammentazione e qualità dei dati necessari per addestrare i sistemi di AI tra le principali cause degli insuccessi.
Il contesto e la sfida
Per raccontare l’esperienza di UniSR con Ospedale San Raffaele è necessario però fare un passo indietro, perché l’idea del progetto di cui parliamo nasce, all’inizio della pandemia, da un’intuizione dei professori Antonio Esposito, ordinario di Radiologia, dell’Università Vita-Salute San Raffaele e Carlo Tacchetti, ordinario di Anatomia Umana, che pensano di stratificare in pochi minuti il livello di rischio clinico e, di conseguenza, definire il più adeguato percorso di cura dei pazienti giunti in pronto soccorso – tra ricovero in reparto o in terapia intensiva, oppure monitoraggio presso il domicilio – e per questo lavorano allo sviluppo di una piattaforma sperimentale. Non da soli.
Ed il motivo è evidente: comprendere il potenziale ed il reale impatto del digitale, e in particolare dell’intelligenza artificiale, in sanità, richiede partner tecnologici ed il lavoro di squadra attorno al tavolo di lavoro clinici e scienziati per sviluppare soluzioni affidabili e realmente utili nella pratica clinica quotidiana. Da qui la scelta di UniSR e ospedale San Raffaele di lavorare con Microsoft Italia e i suoi partner Porini ed Orobix.
Il metodo e la soluzione
Il progetto parte dall’analisi sui requisiti indispensabili per garantire qualità, interoperabilità, sicurezza e governance dei dati ed avvia un percorso che porta alla consapevolezza degli attori sull’importanza della trasformazione digitale in risposta alle sfide reali e a generare valore per i pazienti e il sistema sanitario.
Viene sviluppata una piattaforma digitale per la gestione dei dati in grado di raccogliere, catalogare, classificare, standardizzare ed analizzare i dati del San Raffaele, con l’obiettivo di valorizzare le informazioni che essi contengono ed il valore scientifico ed informativo dei cosiddetti real world clinical data, per approdare ad un’effettiva visione unitaria del paziente a supporto di diagnosi più precise e rapide, anche in fase di evoluzione dei percorsi, e di una migliore comunicazione finale tra medico e paziente.
Dal punto di vista tecnologico, la partnership consente a UniSR l’adozione di tecnologie e servizi innovativi, con il cloud computing come abilitatore principale. Tra questi: machine teaching, digital twin, Hpc e quantum computing ed infine l’OpenAI. Di pari passo vengono internalizzate le competenze necessarie anche per lo sviluppo agile/MLops, alla base delle soluzioni basate su AI. Un ruolo importante come acceleratore di innovazione all’interno della partnership ce l’ha anche l’ecosistema di partner verticali Microsoft in ambito healthcare, anche per la componente di experience design e digital enablement, amplificata ora nel programma di lavoro in proiezione per i prossimi anni (2022-2025), per una migliore esperienza sui canali di accesso ai nuovi servizi basati su algoritmi di ML che saranno resi disponibili agli utenti finali che in questo caso sono, in primis, i medici.
Risultati e obiettivi
La “concretezza” del progetto è misurabile oggi nel fatto che soluzioni di AI e relative sperimentazioni sono già applicate alla cura della patologia del tumore del polmone non a piccole cellule a supporto della selezione dei pazienti potenzialmente idonei all’immunoterapia. Più nello specifico gli staff medici potranno far leva sui risultati e sulle analisi delle soluzioni per incrementare la percentuale di successo della terapia (ora al 45%), ma anche per studiare terapie alternative ai pazienti che non risultano idonei, possibilità fino ad oggi esclusa.
Il progetto avvicina inoltre all’ideale value based healthcare, per una maggiore sostenibilità del sistema sanitario e garantire un accesso equo a cure mirate da parte di un numero sempre più ampio di pazienti. Ora sono in essere anche altre sperimentazioni basate sulla piattaforma di AI nel supporto alle cure per altre patologie, tra cui il tumore del rene, il diabete e le patologie cardiovascolari. “Parola chiave del successo di questo progetto è sinergia – spiegano Tacchetti ed Esposito – la creazione di team multidisciplinari, ove far confluire competenze cliniche, tecnologiche e di data science, non solo permetterà di proseguire a passi veloci e decisi verso la medicina personalizzata, ma consentirà al nostro polo universitario e di ricerca di attrarre competenze specifiche anche nel campo informatico, in stretto collegamento con l’eccellenza sanitaria che da anni è nostro punto di orgoglio ]…[“.
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