Non poteva mancare un nuovo termine per raccontare come l’AI entri nelle aziende, non dalla porta ufficiale ma attraverso i dipendenti. E l’acronimo ByoAI – Bring your own AI, lo ha sdoganato una ricerca presentata a Milano nella tappa italiana dell’evento mondiale Microsoft Envision AI Connection. Per decenni si è discusso di Bring your own device per identificare quel trend che vede i dipendenti utilizzare per lavoro i propri device. Con dibattiti su corretta allocazione di budget, risorse, sicurezza, compliance alle normative.
Ora tocca all’AI, che ha un ruolo strategico per la crescita delle aziende (l’utilizzo dell’AI generativa è quasi raddoppiato negli ultimi sei mesi a livello globale) e che è già entrata dalla porta di servizio in molte realtà dal momento che il 73% degli italiani già utilizza l’AI generativa al di fuori del perimetro aziendale per svolgere i propri task (contro il 78% nel mondo).
Il fenomeno del ByoAI, data la portata dell’AI generativa, è più che osservato dalle aziende, curiose della ventata di idee originali da parte dei dipendenti come spunti dai quali trarre beneficio (perché il 76% dei manager ha già compreso l’importanza dell’adozione dell’AI a livello organizzativo), allarmate da comportamenti non ortodossi che mettano in pasto alle AI pubbliche i dati aziendali (il 50% dei manager teme che la propria azienda non abbia piani di implementazione dell’AI).
E non è una curiosità “barra” timore che nasce dal nulla.
La ricerca di Microsoft e Linkedin
Sono evidenze che mergono dal Report annuale 2024, Work Trend Index (AI at work is here. Now comes the hard part” realizzato da Microsoft e Linkedin nel mese di marzo 2024).
Il 60% dei lavoratori italiani della fascia “knowledge workers” conferma di usare strumenti di AI all’interno delle proprie giornate per ridurre il tempo impiegato nello svolgere determinati compiti e per focalizzarsi su quelli più strategici. mentre a livello globale, negli ultimi sei mesi il fenomeno impatta il 46% degli lavoratori.
Ma mentre le aziende sono indecise se investire in AI e come farlo, si è innescato il fenomeno del Bring your own AI, che vede i dipendenti agire in autonomia. Ottenendo benefici nello svolgimento delle attività lavorative (per il 92% di loro), nella creatività (92%), nella concentrazione (93%), nella motivazione lavorativa (il 93% afferma di sentirsi più motivato nello svolgere il proprio lavoro). “Questi risultati si allineano perfettamente con il modo in cui il nostro cervello gestisce i compromessi tra esecuzione di attività di routine e innovazione: diversi tipi di pensiero supportati da due reti neurali distinte ma interagenti nel cervello – spiega Michael Platt, neuroscienziato e professore alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania -.Quando cambiamo costantemente, non lavoriamo altrettanto bene. L’intelligenza artificiale può aiutare a liberare i lavoratori dal lavoro umile e consentire lo sviluppo dell’innovazione e della creatività”.
Il tema delle competenze
Ma quanti davvero sanno maneggiare correttamente i nuovi tool di AI?
La questione seria delle competenze non è secondaria, perché si sa che tool mal gestiti di AI portano a risultati fuorvianti. Un tema caro alla maggioranza del campione.
Il 76% degli intervistati dichiara il bisogno di acquisire competenze per maneggiare l’AI nel mondo corretto e il 79% e convinto che grazie a queste competenze si amplieranno le loro opportunità di lavoro. Credono in queste potenzialità anche il 62% dei manager italiani che sostiene di non voler assumere risorse senza competenze di AI. “Perché anche per l’AI generativa il ruolo chiave è svolto dalle persone che guidano il cambiamento, grazie al valore che trovano nell’utilizzo della tecnologia per svolgere tutte le attività quotidiane – puntualizza Vincenzo Esposito, amministratore delegato Microsoft Italia -. Un approccio che sottolinea l’urgenza da parte delle organizzazioni di definire strategie di adozione dell’AI per coglierne i vantaggi, evitare rischi di sicurezza, supportare la produttività e la creatività delle persone”.
Un’attenzione che Microsoft indirizza da 8 mesi con il programma AI Lab per imprese, pubblica amministrazione, professionisti e studenti che ha già visto oltre 6000 professionisti formati sull’AI e 300 imprese attive nello sviluppare circa 400 progetti, che nel 50% dei casi sono passati dalla fase di sperimentazione a quella di produzione negli scenari aziendali (grazie anche all’aiuto di partner e system integrator, nell’81% dei casi. “ Negli ultimi decenni, le aziende hanno rinegoziato il contratto psicologico – il perché del lavoro – con i propri dipendenti, influenzate dalle nuove generazioni, dalle tendenze lavorative e dalla pandemia. Ora le aziende devono rinegoziare il contratto operativo – il modo in cui lavorare – con i propri dipendenti poiché l’intelligenza artificiale mette più potere nelle mani dei lavoratori in termini di modo in cui il lavoro viene svolto”, commenta Constance Noonan Hadley, psicologa delle organizzazioni, Institute for Life at Work e Questrom School of Business della Boston University.
Un prima indagine della maturità del mercato italiano sull’utilizzo del l’AI è stato condotto da Microsoft in collaborazione con Sda Bocconi School of Management, che ha messo in luce quelle realtà aziendali, di ogni dimensione, che si sono distinte per l’utilizzo dell’AI per innovazione e crescita. Battezzate AI Heroes, tra i premiati come migliori delle rispettive categorie Chimica HTS (Innovation Vision), Intercos Group (Marketing of the Future), illimity (Customer Centricity), Sace (Innovation and People Engagement), Reale Group (Industry Innovation), Maire (AI-Driven Enterprise).
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