Torniamo a parlare di AI e degli impatti da misurare. Perché se è assodato che l’AI stia innescando il cambiamento di molti processi, a poco più di un anno dall’introduzione in Italia delle prime soluzioni di AI generativa, in molti si stanno ancora chiedendo l’impatto reale sul proprio business.

Sono due le ricerche che questa settimana ci danno indicazioni in merito. Da due fonti autorevoli. EY e The European House – Ambrosetti.

EY Italy AI Barometer

La prima, presentata a inizio settembre, è EY Italy AI Barometer, un’analisi di EY che indaga l’adozione dell’AI e le aspettative nei prossimi 12 mesi su un campione di 4.700 manager di 9 paesi europei, tra cui 528 profili di imprese italiane in diversi settori. Il report posiziona l’Italia tra i primi tre Paesi europei in termini di adozione dell’intelligenza artificiale. Quasi tre quarti dei rispondenti italiani (77%) afferma di avere un’esperienza diretta con la nuova tecnologia (dopo l’84% degli spagnoli e l’82% degli svizzeri), utilizzandola soprattutto nella vita privata (43%), meno al lavoro (12%), ma nel 20% dei casi la contaminazione è tale che viene impegnata in entrambi gli ambiti.

EY AI Barometer 2024
L’impatto dell’AI percepito nel tempo (fonte: AI Barometer, EY, 2024)

Rispetto alla media europea (19%), l’Italia è avanti nell’implementazione dell’AI nel mondo del lavoro dal momento che il 24% dei rispondenti afferma che l’AI sta già influenzando le proprie attività. Ma il boom è atteso per i prossimi tre anni stando al 46% dei pareri, con impatti diversi a seconda dei settori di mercato. 
In che modo: il 24% ritiene che l’intelligenza artificiale possa sostituire parti delle mansioni su larga scala e il 76% si aspetta che porti a una riduzione del numero di dipendenti man mano che il suo utilizzo si consoliderà. 

Detto questo, rimane una priorità di investimento del prossimo anno per un’azienda su tre. I settori che investiranno maggiormente saranno quelli dei servizi finanziari, il settore immobiliare e il retail/consumer products. Alcuni già avanti grazie a investimenti fatti quest’anno (settori energetico, finanziario e media/telecomunicazioni) con il 52% degli intervistati che si dice “preparato” per un’implementazione corretta dell’AI.
Se nel settore privato il 52% dei rispondenti ritiene che la propria azienda abbia sufficienti conoscenze per implementare l’AI nel modo corretto, lo stesso non succede nel settore pubblico dove viene sottolineata incertezza nell’adozione soprattutto per un tema di mancanza di competenze (per il 67%).

Giuseppe Santonato, AI Transformation Leader di EY Italia
Giuseppe Santonato, AI Transformation leader di EY Italia

Chi la adotta stima un aumento del fatturato e un risparmio di costi (58% dei manager contro il 16% che non ha riscontrato risparmi), e un impatto sul lavoro soprattutto di coloro che hanno ruoli manageriali (69%) rispetto a chi non li ha (49%), soprattutto per funzioni di marketing, cybersecurity, protezione dati, assistenza ai dipendenti.

“L’intelligenza artificiale si sta affermando come una delle principali priorità e l’Italia è tra i primi tre Paesi che l’hanno adottata (77%) – commenta Giuseppe Santonato, AI Transformation leader di EY Italia -. Investire oggi nell’intelligenza artificiale permette alle aziende di posizionarsi come leader in un contesto di mercato in costante evoluzione e sempre più competitivo”.
Cruciale per la competitività rimane il tema della formazione, che le aziende non possono rimandare: secondo il 37% dei rispondenti le aziende fanno ancora poco e dovrebbero fornire maggiore formazione, mentre il 32% ritiene di non avere abbastanza strumenti e supporto. Solo il 16% dei rispondenti si ritiene soddisfatto della formazione che riceve sul posto di lavoro, un atteggiamento che spinge il 55% dei rispondenti a formarsi in modo autodidattico sia per scopi privati (22%) sia professionali (20%), preferendo in entrambi i casi la formazione dal vivo e workshop, piuttosto che corsi online.

Lo studio di The European House – Ambrosetti e Microsoft 

La seconda ricerca è lo studio AI 4 Italy: from Theory to Practice – Verso una Politica Industriale dell’IA Generativa per l’Italia realizzato da The European House – Ambrosetti per Microsoft (su un campione di 100 aziende in Italia) e presentato oggi al 50esimo Forum di Cernobbio, per indagarne lo status dei processi di adozione, gli scenari di innovazione presso le aziende italiane, l’impatto futuro sull’economia italiana e sul Made in Italy. La ricerca sottolinea l’urgenza di adottare un approccio strategico e un’azione lungimirante, per ridefinire la traiettoria economica dell’Italia. “Le grandi aziende continueranno ad adottare l’AI anche nei prossimi anni ma ci aspettiamo che sul treno dell’innovazione AI salgano anche le pmi che sono la vera spina dorsale dell’economia italiana” precisa Vincenzo Esposito, amministratore delegato di Microsoft Italia. Uno spunto centrale nella ricerca. Ecco le evidenze: 

1 – L’AI è chiave per il Made in Italy: secondo lo studio, l’adozione diffusa dell’AI generativa potrebbe aggiungere fino a 312 miliardi di euro al Pil annuale italiano nei prossimi 15 anni (18,2%) e a beneficiarne sarebbero in particolare le pmi con un incremento di 122 miliardi di euro in valore aggiunto, grazie anche a una spinta delle esportazioni (+19,5% dei ricavi del manifatturiero).

2 – L’AI generativa fa bene alla produttività. Il 100% delle aziende intervistate ha già adottato o prevede di adottare soluzioni di AI generativa nel prossimo futuro (era il 78% lo scorso anno) forti anche del fatto che il 47% delle imprese conferma aumenti di produttività superiori al 5% grazie all’AI, mentre il 74% ha registrato incrementi superiori all’1%. Un dato significativo se comparato con la crescita complessiva della produttività in Italia negli ultimi due decenni (+1,6%). In prospettiva, l’aspettativa delle aziende è quella di un aumento di produttività di oltre il 10% nei prossimi due anni.

Andamento della performance di sistemi di IA rispetto alle capacità umane (numero indice, 100 = performance umana), 1998 – 2023. Fonte: Elaborazione TEHA Group su dati Our World in Data e Stanford University, 2024.
Andamento della performance di sistemi di AI rispetto alle capacità umane (numero indice, 100 = performance umana),
1998 – 2023.  Fonte: Elaborazione Teha Group su dati Our World in Data e Stanford University, 2024

3 – L’AI richiede competenze, che si confermano asset strategico. Il 63% degli imprenditori riconosce che le competenze sull’AI non sono ancora diffuse. C’è una carenza di programmi di studio dedicati all’AI e si segnala il ritardo dell’Europa rispetto a Stati Uniti e Regno Unito.
“Il nostro Paese si posiziona solo al 16° posto tra i Paesi Ocse per la diffusione di competenze legate all’IA e la fuga di cervelli indebolisce la capacità di innovazione dell’Italia e mette a rischio la competitività futura –  interviene Donatella Sciuto, rettrice del Politecnico di Milano -. Le competenze sono diversificate e necessarie. L’Italia è settima in Europa, non è messa malissimo, ma è necessario investire, arginare la fuga di cervelli. Siamo uno dei paesi con maggiori flussi migratori verso l’estero per competenze tecnologiche ma dobbiamo essere in grado di attrarre più persone e ne abbiamo la possibilità”.

Donatella Sciuto, advisor, rettrice del Politecnico di Milano
Donatella Sciuto, advisor, rettrice del Politecnico di Milano

E aggiunge guardando alle aziende: Siamo in una fase ancora di comprensione della tecnologia per mancanza di formazione. Ci sono aspettative e stime importanti ma l’adozione dell’AI implica che nelle aziende ci sia almeno una figura che si concentri su come utilizzare l’AI generativa. Serve un AI Trasformation Officer, chiamiamolo così, che faccia in modo che l’AI abbia un impatto in azienda”. Le persone sono il punto di atterraggio delle nuove tecnologie.

TEHA - Fonte: elaborazione TEHA Group su modelli proprietari, 2024
Teha- Fonte: elaborazione Teha Group su modelli proprietari, 2024

4 – L’AI richiede che si accelerino gli investimenti sia in Italia sia nell’Unione europea, che nel 2023 ha contribuito solo al 4% dello sviluppo globale dei modelli di AI generativa, in netto contrasto con gli Stati Uniti (69%). L’analisi conferma che l’ecosistema AI italiano si classifica al 20esimo posto a livello mondiale in termini di investimenti in startup e scale-up, e solo due università italiane sono classificate tra le prime 70 a livello mondiale per i programmi di studio sull’AI. Insufficiente per garantire una posizione competitiva.

Ne consegue che le tre aree dove concentrare gli sforzi rimangono competenze, innovazione e governance. A partire dalla stesura di un Piano Nazionale di Alfabetizzazione sull’AI per diffondere la conoscenza di base a tutti i livelli scolastici, fino all’offerta formativa universitaria e a programmi di formazione aziendale, in collaborazione con sindacati e associazioni datoriali. 
Serve definire una Strategia AI pensata per l’Industria 5.0, che favorisca l’integrazione dell’AI generativa nel settore manifatturiero, grazie anche alla creazione di AI factory nei territori e nei distretti industriali, sfruttando anche i competence center esistenti.
Il tutto attraverso una governance chiara, dando alle istituzioni un ruolo di coordinamento e di sviluppo dell’AI, integrata nella programmazione economica e industriale di medio-lungo periodo. 

Incalza Esposito: “Il binomio tra innovazione tecnologica e formazione è imprescindibile, perché se abbiamo grandi innovazioni ma non esiste il modo per portarle in aziende, l’innovazione rimane sterile. Il nostro obiettivo non è creare una tecnologa elitaria ma rendere la tecnologia il più democratica possibile, e lo abbiamo fatto coinvolgendo anche 14mila partner in Italia in diversi ambiti”. E in modo pragmatico conclude: Non premia uno switch on-off sulla tecnologia AI perché le aziende devono imparare ad utilizzare l’intelligenza artificiale e non è semplice: serve prima comprendere la tecnologia e poi imparare ad usarla ma con le giuste persone e competenze. Dobbiamo essere molto pragmatici per capire gli impatti positivi dell’AI ma per capirli dobbiamo iniziare ad applicare la tecnologia stessa”. Si impara sul campo.

Corrado Panzeri, Partner di TEHA e Vincenzo Esposito, AD di Microsoft Italia
Corrado Panzeri, partner di Teha e Vincenzo Esposito, amministratore delegato di Microsoft Italia

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