Il cloud computing è tra i più importanti modelli di delivery di servizi IT, sia per le aziende, che per le pubbliche amministrazioni locali e centrali. Il mercato del cloud vive di conseguenza un periodo di rapida crescita, spinto dai progetti di digitalizzazione in tutti i settori e dall’adozione dei più recenti digital enabler. I driver che spingono verso il cloud sono la capacità di supportare produttivitàflessibilità e competitività, oltre che i vantaggi per garantire la continuità del business in risposta ad un mercato veloce ed esigente, “sollecitato” anche dall’utilizzo di tecnologie dirompenti come l’intelligenza artificiale generativa (GenAI).

In un mondo in cui tutti i processi sono digitali e digitalizzati, essere capaci di preservare la continuità del business è uno dei principali elementi differenzianti. Per questo motivo le aziende con il cloud si aspettano di migliorare in modo sistematico le performance delle soluzioni di Business Continuity & Disaster Recovery (BC&DR) e di semplificare l‘integrazione con le principali applicazioni business critical.

La riduzione dei costi ricopre un ruolo importante nelle scelte di migrazione, ma già da qualche anno non è più il principale vantaggio a cui aspirare con gli investimenti in cloud computing. Recenti indagini campionarie condotte dal NetConsulting cube evidenziano come tre aziende su quattro che aspiravano ad una riduzione dei costi, grazie al cloud vedano tale obiettivo disatteso. La maggior parte delle realtà ha compreso, infatti, che è ormai necessario un cambio di paradigma per valutare il ritorno degli investimenti (Roi) del cloud, abbandonando il classico approccio che si basa sul calcolo del Tco per valutare altri parametri quali appunto la flessibilità, la scalabilità, la sicurezza, un time-to-market molto più veloce e moderno.
Che il cloud non sia sempre più economico di un’infrastruttura tradizionale è ormai una consapevolezza diffusa tra i decision maker aziendalima nonostante abbia spesso disatteso le promesse di riduzione dei costi, sono poche le realtà che considerano processi di repatriation verso ambienti on-premise.

I numeri del cloud in Italia

Secondo le ultime stime pubblicate all’interno del rapporto Il Digitale in Italia, redatto da NetConsulting cube per Anitec-Assinformil mercato del cloud computing in Italia genererà, per la fine del 2024, un volume di affari complessivo superiore a 8,1 miliardi di euro, che corrisponde ad una crescita del 17% rispetto al 2023. Il volume degli investimenti supererà i 12 miliardi di euro entro la fine del 2027, facendo quindi registrare un tasso di crescita medio annuo per l’intervallo 2023-2027 pari al 15%.

Mercato italiano dei servizi di cloud computing, 2023-2027.Dati in milioni di euro.
Mercato italiano dei servizi di cloud computing, 2023-2027 (dati in milioni di euro. Fonte: NetConsulting cube per Anitec-Assinform, Il Digitale in Italia)

Soltanto il 9% degli investimenti del 2024 in soluzioni e servizi di cloud computing verrà destinato allo sviluppo di ambienti di private cloud, mentre soluzioni di virtual private cloudhybrid cloud e pure public cloud  attraggono il restante 91% degli investimenti. Nello specifico l’hybrid ed il public cloud sono i modelli che crescono più degli altri,  tanto che nel 2024 aziende ed istituzioni investiranno complessivamente 2,6 miliardi di euro nell’hybrid cloud, in crescita del 13% rispetto al 2023, mentre 3,8 miliardi di euro sono previsti per il public cloud, che segna un +25% sul 2023.

Anche per il futuro, il modello preferito dalle realtà italiane sarà il cloud pubblico che al 2027 catalizzerà oltre la metà degli investimenti (53%) complessivi in cloud, arrivando ad un volume complessivo pari a 6,4 milioni di euro. Se in questi anni, infatti, le aziende stanno ancora lavorando per preservare gli investimenti effettuati in passato e costruiscono ambienti ibridi, in un prossimo futuro l’obsolescenza tecnologica arriverà ad un punto tale da rendere antieconomico mantenere in vita queste infrastrutture tradizionali, portando le aziende a preferire ambienti in cui la componente public sia predominante.

La crescente diffusione del multicloud è poi un ulteriore driver che spinge aziende e istituzioni verso l’adozione di soluzioni di cloud pubblico. In uno scenario multicloud, infatti, gli end-user ambiscono a ridurre la paura per il vendor lock-in.

Escludendo ora dall’analisi la componente di cloud privato, le aziende italiane mostrano una tendenza a investire di più in soluzioni IaaS (Infrastructure as a Service) e SaaS (Software as a Service) rispetto a quelle PaaS (Platform as a Service).

Il fatto che solo il 7% del totale, pari a 540 milioni di euro, venga investito in PaaS, è indice di uno scarso livello di maturità. L’adozione del PaaS richiede un livello più avanzato di competenze IT e una maggiore maturità tecnologica, che potrebbe risultare complessa per molte realtà italiane, soprattutto per quelle che si affacciano adesso in modo strategico e non tattico al cloud e che di conseguenza preferiscono stabilizzare i propri investimenti in infrastrutture prima di passare a soluzioni più sofisticate come il PaaS. Tale segmento, tuttavia, risulta essere quello che farà registrare un tasso di crescita medio annuo (Cagr) più sostenuto e pari al 17% nel periodo 2024-2027. In futuro dotarsi di piattaforme di sviluppo in modalità As-a-Service diventerà essenziale soprattutto per quelle realtà che necessitano di innovare costantemente per rimanere competitive.

Il mercato SaaS invece, con un volume di investimenti pari a quasi 3,3 miliardi di euro, accentra il 44% del totale della spesa cloud per il 2024, facendo registrare una crescita del 23% rispetto al 2023. Questo mercato è poi previsto raggiungere quasi i 5 miliardi di euro nel 2027, cui corrisponde un Cagr pari al 15%.

A trascinare gli investimenti SaaS sono in particolare due fenomeni. Da un lato molti software vendor dismettono i servizi di assistenza e manutenzione per le istanze on-premise, costringendo quindi i propri clienti ad una migrazione “forzata” verso modelli di fruizione cloud based. Dall’altro le organizzazioni diventano sempre più mature nell’utilizzo di applicativi in cloud e di conseguenza iniziano ad essere più esigenti, estendendo  i workload in cloud. Nel SaaS poi molte realtà trovano le risposte ad esigenze di business specifiche senza dover investire in skill di sviluppo avanzati e costosi o in gestione di piattaforme applicative troppo complicate per le competenze IT presenti in azienda.

L’Infrastructure as a Service – IaaS – è il primo passo che le aziende compiono nel journey to the cloud e quello che al momento assorbe 3,6 miliardi di euro, pari a quasi la metà di tutti gli investimenti cloud in Italia nel 2024. Rispetto al 2023 tale mercato è cresciuto del 19% ed è previsto raggiungere quasi i 5,4 miliardi di euro nel 2027, facendo quindi registrare un tasso di crescita medio annuo composto del 14% circa.

Gli investimenti in IaaS posso essere visti come un tentativo delle aziende di portare avanti progetti di consolidamento di risorse IT e applicative esistenti mantenendo un controllo più stretto sulle infrastrutture. La maggior parte delle organizzazioni italiane, infatti, tende ad adottare il cloud come un mezzo di efficientamento dei costi e di gestione piuttosto che come una leva di innovazione e limita gli investimenti in PaaS, che al contrario offre strumenti più avanzati per lo sviluppo di nuovi ed integrati servizi digitali.

Cloud e sicurezza, motori per la crescita dei DC italiani

La maggiore richiesta di servizi cloud genera una forte spinta non solo al potenziamento e all’ammodernamento dei data center esistenti ma anche alla creazione di nuovi a livello internazionale e in Italia.

In Europa, i data center si concentrano soprattutto all’interno della cosiddetta area Flap-D (acronimo per Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino) da cui i principali hyperscaler internazionali erogano i propri servizi cloud. Tuttavia, la domanda di tali servizi è in così forte espansione che per ovviare ai limiti di prezzo, sostenibilità, disponibilità di terreno e capacità energetica per supportare i data center attuali, si sta affermando un mercato secondario di località che attira attenzione ed investimenti. Tra queste l’Italia è una di quelle più dinamiche e fa registrare una crescita superiore alla media in termini di numerosità e di potenza (MW) erogata.

Tra le ragioni per cui l’Italia è al centro dell’attenzione, giocano un ruolo importante elementi quali la maggiore quantità di energia elettrica prodotta in Italia rispetto ad alcune delle città del mercato Flapd; il maggior contenimento dei rincari nel costo dell’energia elettrica – se paragonato ad altre realtà europee – e infine una normativa abbastanza stringente per quanto riguarda la sovranità digitale e di conseguenza l’autonomia strategica su determinate infrastrutture critiche per il sistema paese.
L’Italia gioca quindi un ruolo strategico nel Mediterraneo grazie alla sua posizione che la vede testa di ponte per l’Europa verso i mercati emergenti del nord Africa e soprattutto del medio e dell’estremo oriente.
Esattamente come per le merci tradizionali che seguono le rotte di navigazione marittima, le merci dell’era digitale (dati, servizi e applicazioni) seguiranno le rotte dei cavi sottomarini che collegano capitali vecchie e nuove del commercio internazionale. Grazie al loro sviluppo, che vede come porto principale quello di Genova, e da lì tutta la penisola, l’Italia sta mettendo le basi per diventare un hub digitale ed informatico strategico a livello mondiale perché centrale nelle nuove infrastrutture sottomarine che connettono giganteschi flussi di dati a livello intercontinentale.

Questo scenario impone la costruzione di nuovi data center che siano in grado di supportare le nuove sfide dello sviluppo e della pervasività dell’intelligenza artificiale all’interno di tutti i processi IT e di business Le implementazioni legate all’IA impongono un riesame delle architetture dei data center in quanto i modelli di facility fino ad ora utilizzati non saranno più in grado di rispondere alle esigenze di calcolo, di archiviazione e di velocità di connessione tra DC e con la rete internet.

I data center inoltre svolgono un ruolo cruciale per gli operatori di telecomunicazioni e i content delivery network (Cdn). Per i primi, sono l’elemento chiave per la gestione e la distribuzione dei dati, mentre i Cdn utilizzano i data center per ottimizzare la distribuzione dei contenuti, riducendo la latenza e migliorando l’esperienza utente.

La spinta verso nuovi e più efficienti data center sul territorio nazionale arriva anche da riflessioni sulla sicurezza. Parliamo di quella relativa alla protezione da attacchi esterni che se affidata a data center provider può raggiungere livelli a cui la singola azienda non può sperare di arrivare per budget e per competenze tecnologiche, ma non solo. La sicurezza deve essere intesa in senso esteso come capacità di garantire la disponibilità del servizio anche in presenza di incidenti garantendo Rto e Rpo molto bassi. Grazie alla possibilità di fruire di servizi di business continuity e disaster secovery erogati dall’Italia le organizzazioni italiane hanno la garanzia del rispetto della normativa italiana ed europea in tema di protezione dei dati sensibili e strategici e possono fruire di tempi di latenza molto più bassi e con livelli di servizio più elevati.

Per quanto riguarda infine l’impatto energetico, i data center sono costruzioni energivore. Questo fenomeno ha visto una prima accelerazione con lo sviluppo della digitalizzazione dei processi e la crescita esponenziale dei dati e negli ultimi anni con l’avvento dell’intelligenza artificiale, rendendo necessario rivedere le pratiche operative relative a energia e raffreddamento.

Tali revisioni sono rese ancora più urgenti se si considerano gli obiettivi del Green Deal europeo – secondo il quale l’Europa deve diventare climaticamente neutra entro il 2050 – e quelli del Climate Neutral Data Centre Pact, associazione che con oltre 100 tra operatori e associazioni di categoria è assolutamente consapevole del ruolo che le infrastrutture Ict possono giocare per la sostenibilità e per questo motivo punta a rendere i data center climate neutral entro 2030.

Leggi tutti gli approfondimenti della room L’infrastruttura IT per operatori, aziende e PA by Aruba

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